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Stati Uniti. Questa volta “Occupy” punta alle abitazioni

Le banche hanno pignorato migliaia di case, che per colpa della crisi sono sfitte da mesi. Così in tanti che stanno manifestando contro lo strapotere dei grandi banchieri, ora hanno pensato di riprendersele. Da «Occupy Wall Street», ora gli «indignati» d’America puntano a «Occupy our Home». In attesa di occupare la borsa americana, in molti hanno deciso per ora di occupare, o meglio ‘”rioccupare” le proprie case, che per colpa di mutui sempre più cari non sono riusciti a finire di pagare e che ora sono finite nella mani delle banche. Questa iniziativa segna una sorta di svolta nella protesta scoppiata a Zuccotti Park lo scorso 17 settembre. L’occupazione delle case sta coinvolgendo ormai 25 città d’America. A cercare di occupare le case in modo abusivo non sono più giovani in cerca di spazi ma famiglie intere che non sanno più dove ripararsi per l’inverno. Così sembra crescere la percentuale di americani che cominciano a vedere con simpatia questo tipo di azioni e si schierano nettamente contro l’avidità delle banche. Complici la crisi economica e l’oggettivo allargamento delle differenze sociali tra pochi ricchissimi e una gran massa di nuovi poveri, in tanti offrono un tacito appoggio a quel 99% del popolo americano che si batte contro l’1% dei supermiliardari. Al grido, “abitare in una casa è un diritto umano”, e “vanno salvate le persone e non le banche”, in tanti stanno rompendo lucchetti e rientrando nei loro appartamenti di un tempo. Ovviamente si tratta di un’azione illegale. Ma i primi ad aver infranto la legge sono stati i capi della grande finanza con le loro pratiche spregiudicate hanno creato le condizioni per lo scoppio della crisi economica.

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