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La democrazia modello Pomigliano

Riccardo Chiari

Per gli 86.200 lavoratori degli stabilimenti Fiat hanno deciso in 637. Tanti quanti hanno votato sul «contratto collettivo specifico di primo livello». Per intendersi, quello di Pomigliano. Che doveva restare un caso unico. Invece si è esteso a Mirafiori, poi alla Bertone, e ora all’intero gruppo automobilistico. Cancellando il contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici.
Nel verbale della commissione elettorale istituita per raccogliere e validare le votazioni che si sono svolte in tutte le unità produttive della Fiat, si legge: «In approvazione del contratto stipulato il 13 dicembre a Torino, hanno espresso voto favorevole all’intesa 513 Rsu, superando il 50% più 1 previsto dal regolamento in vigore». I no sono stati 110, gli astenuti 14, in quasi 300 non hanno votato. Nel complesso infatti gli «aventi diritto» erano solo 930. Dunque gli altri 85mila e passa dipendenti Fiat quel diritto non l’avevano. Il diritto di votare sulle loro condizioni di lavoro e di vita in fabbrica.
Visti i numeri, il commento del segretario generale della Fim Cisl, Giuseppe Farina, lascia molte perplessità: «Nelle votazioni, avvenute dopo le assemblee negli stabilimenti del gruppo, nelle quali sono stati illustrati a tutti i lavoratori della Fiat le condizioni salariali e normative del nuovo contratto, abbiamo registrato molta attenzione e interesse da parte dei lavoratori, e la consapevolezza che il contratto Fiat non tocca i diritti, migliora il salario e crea le condizioni per avere investimenti e lavoro». Quanto al «voto ristretto», Farina lo giustifica così: «Il robusto e positivo voto delle Rsu, che sono espressione del voto di tutti i lavoratori, confermano il consenso all’intesa, e danno al nuovo contratto legittimazione democratica ed efficacia».
Opposto il giudizio del responsabile nazionale auto della Fiom, Giorgio Airaudo: «È stato un voto pasticciato, poco trasparente e poco confrontabile. Ad esempio in alcuni luoghi i nostri lavoratori sono stati coinvolti mentre in altri no, come accaduto a Melfi. Inoltre in alcuni casi il voto è stato palese e in altri segreto». Conclusioni: «Questa sommatoria ci sembra un pò al di fuori delle regole. Mi sembra si tratti di un voto che si potrebbe definire ‘da sudamerica’. Se non fosse che negli ultimi anni il Sudamerica si è molto evoluto sulle questioni della democrazia».
La risposta della Fiom al «contratto collettivo specifico di primo livello» per il gruppo Fiat si chiama referendum abrogativo.
«In due giorni – spiega Airaudo – questo il tempo che finora abbiamo avuto, sono state già raccolte 10.519 firme per il referendum abrogativo, uno strumento di consultazione che è previsto dalle regole sulle Rsu. Per far scattare il referendum sono necessarie 18 mila firme, cioè il 20% degli 86 mila lavoratori interessati dal nuovo contratto. A disposizione abbiamo ancora quattro giorni utili, visto che c’è un mese di tempo a partire dal 13 dicembre scorso, giorno in cui è stato stipulato il nuovo contratto, e che le fabbriche riapriranno il 9 gennaio».

da “il manifesto”

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