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Donne che odiano le donne

Si tratta invece di uno messaggio intriso di ipocrisia e di inquietante conseguenze. E’ sufficiente ricordare quanto peserà sulla vita delle donne l’allungamento dell’età pensionabile ottenuto senza colpo ferire, oppure quanti danni a quel pezzo di società – più della metà si ricorda spesso – che è costretta al doppio lavoro dentro e fuori dai luoghi della produzione e dei servizi. “Occorre lavorare di più e più a lungo” ha dichiarato il governatore della Banca d’Italia Visco. Fino a morire di lavoro o – nel caso delle donne – di doppio lavoro perchè oltre alle “sorti del paese e del suo aggancio con l’Europa”, occorre tenere a mente tutti i giorni un lavoro di cura dei propri familiari ormai in via di completa dismissione da parte dello Stato e degli ex servizi pubblici. E’ in tale contesto che categorie consolatorie come “le pari opportunità” aggiungono ipocrisia a ipocrisia.

Le donne rappresentano il 51,5% della popolazione in Italia, ma solo il 40,4% del totale dei lavoratori. Il 30% delle madri interrompe l’attività lavorativa per motivi familiari e solo quattro su dieci riprendono a
lavorare, con differenze evidenti tra nord e sud.
Nel 2010 solo il 18% dei bambini sotto i due anni ha usufruito di uno dei servizi per la prima infanzia, come gli asili nido, un dato che mostra quanto siano ancora inadeguati i servizi nel nostro Paese. Toccherà poi alle donne (madri o nonne) mandare avanti la famiglia, senza un aiuto da parte dello Stato o dell’Impresa.
C’è ancora molto da fare perché la donna in Italia abbia pari dignità di lavoro e di carriera rispetto agli uomini, perché siano rispettate le misure di sicurezza sul lavoro, perché lo Stato risponda alle esigenze dei cittadini con servizi adeguati. C’è ancora molto da conquistare e ben poco da festeggiare. Pensiamo si debba proseguire insieme, uomini e donne, nel difficile cammino per ottenere il rispetto della dignità di lavoratrici e di lavoratori, ma prima ancora di persone.

Non sappiamo se la firma su accordi che penalizzeranno i lavoratori, e ancora di più le lavoratrici, saranno di tre donne o di donne e uomini insieme. Sappiamo solo che a fare la differenza non sarà il genere ma gli interessi di classe e le esigenze di vita al quale quegli accordi daranno la priorità. Ci stanno facendo la guerra, almeno ci risparmino l’ipocrisia.

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