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Milano. Il popolo della Torre Galfa “si muove in città”

 

La marcia del popolo della Torre Galfa si è conclusa con l’occupazione di Palazzo Citterio nel centro Milano. La gente è entrata dentro il palazzo. E’ un palazzo del settecento, comperato dal Comune e in disuso da decine di anni. E’ stata convocata una conferenza stampa che si è aperta con un comunicato sulla bomba esplosa Brindisi e che ha ucciso due studentesse. All’occupazione partecipa l’intera rete dei teatri occupati. L’assemblea a Palazzo Citteri è partecipatissima, e vengono invitati i giornalisti a fare domande.

“Fin dalla settimana scorsa ho detto chiaramente che vanno rispettate le regole – aveva detto Pisapia al termine della riunione di giunta – e chiedo che da parte di chi vuole essere protagonista di iniziative culturali si ponga fine a comportamenti che creano grave disagio ai cittadini”. Il sindaco di Milano, eletto sulle ali della passione civile, non sembra gradire molto la resistenza messa in campo dal popolo della Torre Galfa (di proprietà del palazzinaro-finanziere di Milano Salvatore Ligresti) che, dopo lo sgombero da parte della polizia si è sistemato ai piedi del grattacielo e non intende mollare. Ieri hanno mandato a vuoto l’appuntamento con l’assessore Boeri che vuole che se ne vadano lì e si trasferiscano magari all’ex Ansaldo. Boeri ha ammesso che se invece della Torre Galfa, proprietà di Salvatore Ligresti, Macao avesse occupato uno spazio comunale, il Comune non avrebbe attuato sgomberi, avrebbe piuttosto ascoltato e avviato un dialogo.

Ma quello del dialogo è un valore di metodo che la Giunta Pisapia pare destinata a usare solo con chi accetta le sue regole del gioco. Ne sanno qualcosa gli occupanti di San Siro e l’Asia-Usb esclusa dalle trattative sull’emergenza abitativa “perchè non sono un soggetto terzo” cioè perchè sostengono attivamente le famiglie senza casa.

“Andare lì, senza che la cosa sia partita da noi” dicono alcuni esponenti del movimento sgomberato dalla Torre Galfa gli scorsi giorni, “vuol dire farsi dettare l’immaginario da altri. Non lo permetteremo”. Mentre spunta un progetto di “Piazza Macao”, che evoca una sorta di Piazza Tahrir milanese, l’assemblea vuole “un paio di giorni per capire come vanno le cose: non vogliamo essere un problema per il quartiere, restiamo più propositivi possibile ma per ora restiamo qua anche se sappiamo che la situazione è temporanea e le cose cambiano molto velocemente”. Il presidio è stato spostato dal lato della strada vicino alla Torre: accanto alle tende, già lì, è stato sistemato un camper, e dei tavoli dove gruppi di lavoro si susseguono in assemblee dove si discute della “terza via”. La terza via, come spiegano alcuni partecipanti, “esce dalla dicotomia tra pubblico e privato, e propone la visione di cultura come bene comune attraverso l’autodeterminazione e la partecipazione diretta dei cittadini”. E questa terza via, per ora, non passa dall’accettazione di una sistemazione alla ex-Ansaldo.

Per l’avvocato Ugo Mattei, che sostiene l’esperienza del Macao, “i bandi pubblici restano una lotta competitiva tra realtà che non dovrebbero fronteggiarsi. La gara imbruttisce. Macao non dovrebbe mai perdere la sua elaborazione artistica madre di un cambiamento politico. Siete riusciti a colpire uno stabile brutto, fallico, inutile, che però, essendo in una metropoli come Milano, lascia accumulare il reddito fondiario di un proprietario prepotente, che ha utilizzato un tremendo conflitto d’interessi per far valere le sue logiche. Ed in questo gioco di potere l’Amministrazione Comunale guidata da Giuliano Pisapia non ha avuto il coraggio d’interporsi. Io di occupazioni ne ho viste tante in giro per l’Italia in questi anni e vi assicuro che mai una procedura di sgombero è avvenuta così rapidamente”. Ligresti, come si sa, a Milano continua a fare il bello e il cattivo tempo, con Pisapia o senza Pisapia.

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