Menu

Fiat condannata per Pomigliano: deve assumere 145 iscritti Fiom

145 lavoratori con la tessera del sindacato di Maurizio Landini dovranno essere assunti nella fabbrica. Lo rende noto la stessa Fiom precisando che 19 iscritti al sindacato avranno anche diritto a 3.000 euro per danno.

«La Fiom – spiega Elena Poli, legale del sindacato – ha fatto causa alla Fiat sulla base di una normativa specifica del 2003 che recepisce direttive europee sulle discriminazioni. Alla data della costituzione in giudizio, circa un mese fa, su 2.093 assunti da Fabbrica Italia Pomigliano nessuno risultava iscritto alla Fiom. In base a una simulazione statistica affidata a un professore di Birmingham le possibilità che ciò accadesse casualmente risultavano meno di una su dieci milioni».

«L’azione antidiscriminatoria – spiega ancora il legale della Fiom – può essere promossa dai diretti discriminati e se la discriminazione è collettiva dall’ente che li rappresenta. Per questo 19 lavoratori hanno deciso di sottoscrivere individualmente la causa e hanno ottenuto i 3.000 euro di risarcimento del danno».

Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, aveva agito per conto di tutti i 382 iscritti alla sua organizzazione (nel frattempo il numero è sceso a 207 in seguito ai ricatti espliciti dell’azienda: “chi è iscritto alla Fiom resta fuori”)) e a questa cifra fa riferimento il giudice ordinando all’azienda di assumere 140 lavoratori con la tessera dei metalmeccanici Cgil.

La sentenza di Roma restituisce una forza particolare alla Fiom che, oltre a rientrare in fabbrica, vede vittoriose tutte le proprie istanze e ribadite le proprie ragioni. Ma questo, per altro verso, potrebbe indurre la Fiat ad accelerare il suo abbandono dell’Italia o, come annunciato dallo stesso Marchionne in un’intervista al Corriere della Sera, chiudere lo stesso stabilimento di Pomigliano. Imprenditori così non sanno gestire relazioni industriali non schiavistiche.

Felice Giorgio Cremaschi, che ha appena lasciato la presidenza del Comitato Centrale della Fiom perché ha raggiunto l’età pensionabile. L’atteggiamento della Fiat era stato letto come “discriminatorio verso lavoratori che più di altri avevano lottato contro la cancellazione di diritti” conquistati attraverso anni di manifestazioni e tavoli di trattative. Un atteggiamento “gravissimo  – sottolinea il leader sindacale – perché l’unica colpa degli uomini e delle donne tenuti fuori dal lavoro era semplicemente quella di voler mantenere la tessera e restare iscritti alla Fiom”. “Una decisione discriminatoria che viola tutti i basilari principi civili, costituzionali e della comunità europea”. Per questo, a suo avviso, la sentenza del Tribunale di Roma è da salutare con grande soddisfazione da parte di tutto il mondo del lavoro e non solo dei diretti interessati. “Credo sia una sentenza molto positiva che dà ragione non solo alla Fiom ma a tutti i lavoratori italiani”.

Cremaschi  punta il dito contro il principale responsabile delle politiche del gruppo torinese, Sergio Marchionne. Questa sentenza è dunque “ la conferma che Marchionne è fuori dalle regole. Cerca di fare l’imprenditore pirata stando fuori dalle regole del gioco”.
In pratica il manager italo-canadese “vorrebbe imporre dei precetti non adatti a un paese con una costituzione democratica come la nostra, soprattutto, non adatti all’Europa”.  “Questa decisione giurisprudenziale – continua Cremaschi – è anche, e semplicemente, la dimostrazione che Marchionne non è un manager adeguato alla situazione Fiat e alla situazione europea. E’ solo un finanziere speculativo di quelli che hanno mandato in rovina il mondo”.
Difficile ora dire se questi 145 iscritti Fiom torneranno di fatto subito in fabbrica o dovranno fare i conti con le barricate della Fiat perché l’azienda “ha dimostrato altre volte di essere capace di tutto. Non dimentichiamo che ci sono ancora gli operai di Melfi regolarmente pagati ma tenuti forzosamente fuori dai cancelli dello stabilimento”. L’ex “uomo della provvidenza” con mire di delocalizzazione in quel di Detroit vuol far sempre più l’americano. Ma “neppure tanto – sostiene Cremaschi – perché nemmeno in America gli imprenditori sono tutti così”.


- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *