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Il grido dei precari: “Basta tagli, no al concorsone”

“E’ stata una grande giornata di protesta. Ci hanno sempre detto che eravamo quatto gatti ma oggi abbiamo dimostrato che siamo tanti e che la nostra mobilizzazione non si ferma”. Si è conclusa così, ieri pomeriggio, la manifestazione nazionale dei precari della scuola. In 15 mila, provenienti da tutto il paese, hanno sfilato nelle vie del centro contro il ‘concorsone’ truffa deciso dal Miur, la legge Aprea e i tagli all’istruzione pubblica. Il corteo partito da piazza dell’Esquilino ha attraversato via Cavour, via dei Fori Imperiali, ed é arrivato a Bocca della Verità dove si è tenuta una breve assemblea prima che i manifestanti raggiungessero treni e pullman per tornare a casa.

Un successo, la manifestazione di ieri, organizzata dal coordinamento dei precari della scuola alla quale hanno aderito molti sindacati: dalla Flc Cgil alla Confederazione Cobas, dall’Unione Sindacale di Base all’Unicobas e altri ancora. In piazza anche alcune centinaia di studenti, che denunciano la Legge 953 – la famigerata Legge Aprea – che intende cancellare la rappresentanza studentesca e i diritti degli studenti e permette l’ingresso a pieno titolo dei privati nelle scuole.
Certo, non si può dire che le realtà studentesche si siano mobilitate in massa al fianco di quei precari che da anni mandano avanti la scuola pubblica a suon di sacrifici e che ora il Ministro ‘tecnico’ vorrebbe di nuovo valutare, selezionare, scegliere attraverso un concorso che rimette in discussione valutazioni e selezioni già realizzate negli ultimi dieci anni. E formazione ed esperienza accumulate più grazie all’iniziativa e all’intraprendenza dei docenti che alla lungimiranza dei governi che si sono dati il cambio a Palazzo Chigi.

Sono stati soprattutto i precari – giovani ma non necessariamente – ad animare il corteo che ha sfilato scandendo slogan inequivocabili. “Ma che concorso, ma quale selezione, solo una parola assunzione” e ”Noi il concorso non lo vogliamo, è una vita che studiamo”, ma anche “La nostra scuola non ha padroni, Profumo fuori, Profumo fuori”. E ancora, a dimostrazione che la rabbia e la frustrazione si sono trasformati in creatività: “Il concorsone nasconde i tagli ma non può rimediare a tutti i vostri sbagli”, “Basta prove, insulti e umiliazione, l’abbiamo meritata l’immissione”, “Monti, Profumo, con noi cascate male. Noi siamo i partigiani della scuola statale” e “Profumo, Fornero ma quali luminari. I conti della scuola li fate da somari”.

Il tutto dietro uno striscione di apertura che recitava ”Ritiro ai tagli, no al concorso”, retto da una fila di precarie. La maggior parte degli epiteti prende di mira il Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. Un cartello lo ritrae affiancato dalla scritta “Profumo d’imbroglio: solo un modo per licenziare ancora”. Altri cartelli spiegano a giornalisti e passanti, le ragioni del ‘No’ dei precari al concorso. “Perché é assurdo e ridicolo valutare chi insegna da anni; é pura propaganda e calpesta i diritti acquisiti, lo stato non é obbligato a indire concorsi ma é obbligato ad assumere i precari; la cattedra non si vince alla lotteria, costa 120 milioni di (nostri) euro; essere un buon docente non é questione di eta’; la cultura non si misura con i quiz; i precari ne hanno già fatti troppi: basta; la retorica del merito nasconde i tagli alla scuola statale”. “Il nostro timore – spiega Giuseppe Vollono, del coordinamento dei precari di Napoli – é che questo concorso, che spalma solo 12mila su un periodo di tre anni, diventi un’occasione politica in vista della campagna elettorale con la promessa di un posto da vincitore in cambio di un voto”.
«Sono in graduatoria da quando ho 19 anni- racconta invece Daniela, 36enne romana – Ho fatto il concorso del 1994 e insegno matematica. Ho già dato. Questo è un concorso truffa per inserire qualcuno. Ma ci proverò comunque, altrimenti mi rubano il posto. Ho fatto prima cinque anni di supplenze cambiando ogni giorno scuola, ora da 7 anni ho l’incarco annuale. Il concorso non serviva ci dovevano assumere». 

Il corteo, determinato ma tranquillo, ha dovuto fare i conti con le attenzioni della Polizia, che ad un certo punto è intervenuta per ritirare un manifesto portato da un uomo-sandwich con l’immagine del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e la scritta ‘La nausea di Jean Paul Sartre’. I poliziotti hanno intimato al manifestante di smettere di esporlo, pena una denuncia, perché rappresentava “un’offesa alla più alta carica dello Stato”. Il cartellone incriminato faceva parte di un trittico, insieme ad un altro con una foto del Parlamento con la scritta ‘Gli indifferenti’ di Alberto Moravia e un terzo che immortalava il ministro Profumo come “L’uomo senza qualità” di Robert Musil.

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