Menu

Fiat. Fine della pace sociale a Kragujevac

Il lavoro resta al centro del mondo Fiat. Questa volta lo scontro non riguarda gli stabilimenti italiani ma è scoppiato in quello nuovo in Serbia, a Kragujevac, una joint venture tra il gruppo italiano e il governo di Belgrado dove viene prodotta la nuova 500L, una piccola monovolume destinata a essere esportata anche in Nordamerica.

Secondo quanto riportato dai media del paese, i sindacati serbi stanno protestando da giorni per due motivi: perché gli operai – circa 1.700 su 2.000 dipendenti – sono pagati poco, circa 300 euro al mese, e soprattutto perché subiscono condizioni di lavoro massacranti. «Turni insostenibili» accusano, ma l’azienda per ora ha risposto picche, perché questa è quella che considera la «chiave della produttività».
In discussione è l’orario di lavoro della cosiddetta fase «sperimentale» di sei mesi. Ne manca ancora uno prima di andare alla verifica prevista: secondo l’accordo, gli operai di Kragujevac devono lavorare su due turni di 10 ore al giorno per quattro giorni settimanali, anziché per 8 ore quotidiane su 5 giorni. Turni diventati sempre più «insostenibili» perché le 10 ore – lamentano i lavoratori – sono molto spesso diventate 12 a causa degli straordinari richiesti dal processo produttivo, mentre per le stesse ragioni – legate a esigenze di mercato – gli operai sono stati chiamati in fabbrica anche per il quinto giorno, seppure con orari ridotti.
Insomma, un inferno. Ed è chiaro perché la Fiat abbia accettato quasi subito di mettere mano al portafoglio, concedendo aumenti salariali per stipendi comunque molto bassi. Secondo quanto riferito dal leader sindacale Zoran Mihajlovic, l’accordo raggiunto prevede un aumento salariale del 13%. Con validità a partire da ottobre, più il pagamento di una tredicesima mensilità e di un bonus una tantum in due rate per un ammontare complessivo di circa 36 mila dinari (intorno a 320 euro). Tuto questo su buste paghe tra i 32 mila e i 34 mila dinari (285-300 euro) al mese, inferiori – la stima è del sindacato – di cinque volte rispetto a quelle dei colleghi italiani e di tre volte a confronto con quelle degli operai Fiat in Polonia. Ma la differenza capestro è che, fuori dalla fabbrica serba, di lavoro ce ne è ancora meno che in Italia e in Polonia.
Fin qui il conflitto sul lavoro, che potrebbe farsi più aspro. Ma la joint venture serba ha già dato problemi all’amministratore delegato di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne. Dopo voci di ritardi nell’avvio del processo produttivo a causa di problemi legati alla qualità, nel settembre scorso il governo di Belgrado – che guida un paese assai malmesso – ha fatto sapere di non essere in grado di pagare subito i 90 milioni promessi nell’accordo. Marchionne ha dovuto accettare un compromesso, 50 milioni adesso e il resto nel 2013. Ma certo è più difficile tirare dritto sul conflitto sul lavoro: se la fabbrica si fermasse, la 500L non arriverebbe nelle concessionarie secondo i piani produttivi. Legati, per altro, a un andamento piuttosto negativo dei mercati europei e italiano.
Lunedì, invece, nel lontano Delaware, Marchionne affronterà in tribunale il fondo Veba del sindacato dei metalmeccanici americani. Perché Uaw ha rimesso in discussione la cifra che Marchionne deve pagare per acquisire un altro 3,3% della Chrysler ancora in mano operaia.

da “il manifesto”

La direzione di Fiat Serbia e il sindacato hanno raggiunto un accordo per un aumento salariale del 13% a favore dei 2.500 operai impiegati nello stabilimento di Kragujevac, dove si produce la nuova 500L.  
Livelli salariali e orario di lavoro sono i due punti sui quali i 2.500 lavoratori hanno espresso insoddisfazione alla dirigenza del gruppo. Sulle paghe – che oscillano fra i 32 mila e i 34 mila dinari (pari a 280-300 euro al mese), un livello che per il sindacato serbo è di cinque volte inferiore a quello degli operai Fiat in Italia, e di tre volte più basso rispetto ai loro colleghi polacchi – è stato rapidamente raggiunta un’intesa per un aumento del 13%. 
L’accordo, valido a partire da ottobre, prevede anche il pagamento di una 13/ma mensilità e di un bonus una tantum in due rate per complessivi 36 mila dinari (circa 320 euro). Nessun accordo ancora, invece, sull’orario di lavoro introdotto nei mesi scorsi e che prevede quattro giorni di attività con turni di dieci ore, che spesso diventano 12 e più con straordinari al venerdì. La direzione lo scorso luglio aveva motivato tale orario di lavoro con la necessità di garantire una maggiore produttività e una migliore flessibilità nell’organizzazione del lavoro, oltre a garantire il massimo utilizzo e fruttamento dei nuovi maccinati installati. Ma il presidente del sindacato Zoran Mihajlovic ha detto che i lavoratori sono del tutto insoddisfatti di tale sistema di orario e turnazione, definito “insopportabile”, e chiedono di tornare al regine di cinque giorni di lavoro con turni di otto ore. Su questo punto la trattativa con la direzione prosegue.
da La Stampa

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *