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La monetizzazione dello spazio urbano

Il mensile più amato dagli automobilisti, Quattroruote di febbraio, ha condotto una inchiesta nelle principali citta’ italiane e documenta il boom degli spazi destinati alla sosta nessi a pagamento. A incassare i soldi di questa privatizzazione dello spazio urbano sono i Comuni, ma molto più spesso società private concessionarie che trattengono una bella quota e ne destinano alle casse pubbliche ben poco. Secondo Quattroruote il fenomeno non accenna a fermarsi e dimostra quanto le ragioni dei bilanci comunali spesso prevalgano sulle elementari regole del diritto alla città e della utilizzazione gratuita degli spazi pubblici come sono le strade.

Il Codice della Strada, sostiene il mensile, prevede infatti che ad un certo numero di spazi blu debba corrisponda un ugual numero di spazi bianchi gratuiti dove poter posteggiare l’automobile. Ma un comma dello stesso articolo ha introdotto una lunga serie di eccezioni che includono aree pedonali, Ztl (zone a traffico limitato) e zone di “particolare rilevanza urbanistica”. Quattroruote documenta come questo aumento coinvolga ormai non solo i centri storici ma anche le zone periferiche come ad esempio strade limitrofe alle fermate della metropolitana oppure come la messa a pagamento delle parti di strada destinate alla sosta dimentichi spesso anche la la norma che prevede almeno 5 metri di distanza tra un incrocio e una zona di sosta.

Insomma la guerra per lo spazio urbano è cominciata da qualche tempo e rischia di diventare più cattiva e sempre più esosa. Ad esempio crescono come i funghi i Pup – parcheggi sotterranei a pagamento – di cui vengono venduti a carissimo prezzo i box per parcheggiare. A Roma ad esempio un box costa quasi come una casa nel centro di Berlino, mentre le strisce blu mettono a pagamento anche le strade del quartiere di Montesacro non certo centralissimo. Ma lo stesso accade a Milano o anche – denuncia Quattroruote – a Modena o Reggio Emilia. Lo spazio disponibile è sempre meno e dunque va pagato.

Il motivo. Il più sempliciotto (quello che descrive Quattroruote) sono le esigenze dei Comuni di fare cassa con tutto quello che hanno a disposizione. Il caso dell’assessore di Bologna che vuole mettere a pagamento i giardinetti pubblici è emblematico. Il motivo più profondo? E’ quello che ci descrive il quotidiano della Confindustria, il Sole 24 Ore, quando afferma che “Lo spazio stradale urbano è un bene scarso e l’uso gratuito di un bene scarso è un non senso dal punto di vista economico”.
L’articolo in questione risale al lontano 2001, gli anni in cui il dogma liberista era egemonico in ogni piega della vita politica e sociale. Ma se osserviamo le strategie dei gruppi capitalisti e delle multinazionali sulle grandi aree metropolitane, se andiamo a indagare sulle delibere che vengono approvate dalle giunte comunali e regionali, se orecchiamo con attenzione i discorsi che si fanno nelle stanze dei decisori – e a tutti i livelli – troveremo la conferma sia della semplice rilevazione fatta dal mensile Quattroruote, sia della più sofisticata affermazione del Sole 24 Ore. Lo spazio, così come il tempo, sono destinati a diventare terreno di un conflitto durissimo tra gli interessi privati e il bene pubblico, tra la privatizzazione della vita sociale e il diritto alla città. Nè più nè meno come l’acqua e l’aria. Una lotta, dunque, ma che almeno sia lotta tra le classi, per avere spazi liberi e tempi liberati.


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