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Pomigliano. La Fiat non vuol fare entrare i 18 iscritti Fiom riassunti su sentenza

La sentenza della magistratura aveva imposto la riassunzione di 18 lavoratori iscritti alla Fiom (prima trache di 145, da assumere entro luglio), riconoscendo un “comportamento discriminatorio” su base strettamente statistica (nessuno dei 2.000 “neo-assunti” nella fabbrica ristrutturata risultava iscritto alla Fiom). Causa persa, ma come già altre volte, Fiat vuol far vedere di essere al di sopra delle leggi. Non potendo non assumerli, ha dovuto farlo e lagherà loro lo stipendio. Ma li terrà fuori dalla fabbrica.

Sono a un imbecille questa potrebbe sembrare un’”ottima condizione” per i 19 operai. Intanto per una ragione sindacale e politica (la Fiat così intende preservare gli altri lavoratori dal possibile “contagio” tramesso da “infetti Fiom”). In secondo luogo – anche dal punto di vista individuale – questi 18 sarebbero i primi a esser licenziati alla prima “eccedenza di personale”.

I 18 lavoratori (uno – Antonio Di Luca – è in aspettativa per impegni elettorali nella lista “Rivoluzione civile”, ndr), stamattina si sono recati in fabbrica per conoscere le proprie mansioni ma sono stati invitati, hanno spiegato le stesse tute blu, a tornare a casa perchè al momento non è possibile ricollocarli. E dire che la Fiat li aveva persino sottoposti a un corso di formazione per far prendere loro confidenza con i nuovi macchinari.

«Terminato il corso di formazione – racconta Di Luca – lunedì mattina i 18 si sono presentati ai cancelli dello stabilimento ma è stato chiesto loro di non marcare il badge in quanto l’azienda non saprebbe dove collocarli. Lo shift manager ha comunicato che i lavoratori della Fiom verranno ugualmente retribuiti». «Si fa fatica a non interpretare la scelta del management di non impiegare i sindacalizzati Fiom come un tentativo maldestro e reiterato di umiliazione. Una umiliazione che i lavoratori respingono interamente al mittente: come pensano di saper impiegare i rimanenti tremila esuberi se oggi non sono in grado di dare una mansione ai 18 che la magistratura vuole al loro posto di lavoro?».

«Marchionne passerà anche per essere il manager dei due mondi – conclude – ma a Pomigliano, come a Melfi, inciampa continuamente in sortite strumentali che svelano solo cattivo gusto e mancanza di rispetto oltre che per le organizzazioni sindacali non servili anche per le istituzioni giuridiche».

I lavoratori – tra i più combattivi, storicamente, di questo impianto – sono comunque rimasti all’interno dello stabilimento in attesa della comunicazione ufficiale. Come ha spiegato uno di loro, Ciro D’Alessio, “In un paese dove regna la rassegnazione, la delega, ed il qualunquismo la lotta dei nostri compagni contro Marchionne ed il suo fascismo aziendale deve essere presa ad esempio da tutti noi. Chi non lotta ha già perso!”

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