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Logistica migrante. Qualcosa è iniziato da qui

Per tutta la settimana e ancora nella giornata di oggi i media fanno sostanzialmente finta di niente, ma qualcosa ieri è successo. Tanti lavoratori si sono fermati e tanti magazzini della logistica sono rimasti bloccati dalle iniziative operaie, che per tutta la giornata hanno creato un ingente danno economico a cooperative e committenti.

Un vento ha attraversato Friuli, Veneto, Lombardia Emilia-Romagna e Lazio. Una bella brezza che ha dato respiro al conflitto sociale e di classe, e che non ha intenzione di fermarsi alla giornata di ieri. In molti posti si
sono attuati dei veri e proprio blocchi; in altri è stato sufficiente dichiarare lo sciopero per far si che nessuno si presentasse al lavoro. Adesioni totali o quasi, merci ferme, caporali impazziti e incapaci di controllare la situazione e di applicare il ricatto mafioso tipico di questo settore.
In alcuni posti come a Settala la stessa Cgil si è trovata a organizzare i crumiri, ma la convinzione e la compattezza della stragrande maggioranza dei lavoratori è riuscita a respingere le varie provocazioni.

Migranti e italiani, insieme in un unico fronte di lavoratori nonostante i vigliacchi tentativi di divisione di sindacati complici e cooperative, hanno dato un segnale forte soprattutto a chi siede senza alcun titolo al tavolo di trattativa nazionale. La lotta di ieri ha riportato al primo posto il diretto protagonismo degli operai attraverso il NO secco alla svendita dei diritti, ribadendo dignità e allo stesso tempo una piattaforma minima, concreta e sostanziata che va dal riconoscimento vero della malattia, fino alla tredicesima e alla presenza effettiva di una rappresentanza sindacale dei lavoratori.

Ma il senso è ovviamente politico. La solidarietà tra facchini con il sostegno dei tanti militanti antagonisti dà il senso di una vera e propria battaglia generale che si rivolge a tutti. Per le modalità delle lotte concrete (blocchi, cortei, assemblee vere e partecipate) alla rivendicazione di diritti sociali, al senso di vera e propria classe in lotta per sè. Con la consapevolezza di dover allargare il prima possibile il fronte a tutti i lavoratori, a chi difende i territori e a chi lotta per la difesa e la conquista di diritto sociali (casa, sanità, scuola…).

Il metodo dei piccoli passi, dell’intelligenza, dell’imparare, del crescere senza forzature, ma attraverso il quotidiano lavoro del seminare e del parlare di cose concrete e soprattutto di unità di classe.

Non ci sono mediazioni possibili. Tutte le varie forme istituzionali non esistono e lavorano contro tutto ciò. Lo fanno in mille modi: dalla complicità dei sindacati confederali che svendono progressivamente i diritti, ad Amministrazioni comunali/Camere di commercio/Prefetture che spingono per la divisione etnica e la guerra tra poveri (in primis Ikea di Piacenza), alle Questure dei fogli di via ai sindacalisti che siedono nei tavoli di trattativa
(Aldo Milani per il S.I. Cobas), fino alle cariche poliziesche violente e al freddo di ieri ad Anzola (BO) e ai processi contro chi lotta.

Tutto ciò non ha portato ad un passo indietro.

Certo ieri si è vinta la battaglia e una sfida importante che chiedeva un passo in avanti. Ma ne serviranno altri. Si potrà avere anche qualche sconfitta, ma la direzione è chiara. Ieri un respiro ha attraverso i territori della lotta operaia e oggi arriverà in Val di Susa. In questo filo rosso di lotta del quale tutti abbiamo bisogno.

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