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Marchionne sotto inchiesta per violazione dei diritti sindacali a Pomigliano

della conclusione di indagini preliminari in cui la stessa Procura ipotizza la commissione di due contravvenzioni, relative al mancato riconoscimento in Fabbrica Italia Pomigliano dei cosiddetti diritti sindacali alla Fiom ed alla asserita discriminazione degli iscritti alla Fiom nel processo di trasferimento dei dipendenti di Fiat Group Automobiles a Fabbrica Italia Pomigliano. Lo comunica proprio la Fiat, con una nota del Lingotto in cui si esprime “sconcerto per le iniziative della procurà’.

La procura di Nola, in merito allo stabilimento di Fabbrica Italia a Pomigliano, ipotizza contravvenzioni per il mancato riconoscimento dei diritti sindacali alla Fiom e discriminazione contro iscritti al sindacato nel processo di trasferimento dei dipendenti di Fiat Group Automobiles a Fabbrica Italia Pomigliano.

“La procura della Repubblica di Nola – si legge nella nota della Fiat – ha dato oggi notizia all’Amministratore Delegato di Fiat Sergio Marchionne ed all’Amministratore Delegato di Fabbrica Italia Pomigliano Sebastiano Garofalo della conclusione di indagini preliminari in cui la stessa Procura ipotizza la commissione di due contravvenzioni, relative al mancato riconoscimento in Fabbrica Italia Pomigliano dei cosiddetti diritti sindacali alla FIOM ed alla asserita discriminazione degli iscritti alla FIOM nel processo di trasferimento dei dipendenti di Fiat Group Automobiles a Fabbrica Italia Pomigliano”.

Una prima notazione ci sembra d’obbligo: in Italia, anche se i dirigenti Fiat fanno da sempre di tutto per ignorarli, esistono dei diritti sindacali riconosciuti per legge (con quello che il Lingotto paga in avvocati dovrebbe ormai saperlo), e persino dei diritti individuali dei lavoratori. In pratica c’è un’intera parte del codice che riguarda le questioni che sorgono nei rapporti tra imporenditori e dipendenti, che si chiama tecnicamente “diritto del lavoro”. Esistono persino dei manuali appositi, degli avvocati specializzati, e persino delle corti dedicate a questa materia. “Cosiddetti” ci sembrano dunque i titoli che la Fiat attribuisce ai prorpi dirigenti.

“Tale iniziativa – prosegue ancora la nota Fiat – è l’ennesima espressione dell’inusitata offensiva giudiziaria avviata dalla FIOM nei confronti di Fiat da più di due anni, con la promozione, sulla sola questione del riconoscimento dei diritti sindacali, di 62 ricorsi, 45 dei quali decisi da 22 giudici in favore dell’azienda, 7 in favore della FIOM, 7 con rinvio alla Corte Costituzionale per la questione di legittimità costituzionale delle norme da applicare e 3 non ancora definiti. Fiat ha già più volte precisato che le contestazioni mosse da FIOM non hanno fondamento alcuno e per tale ragione si è opposta ad ogni provvedimento giudiziario, nessuno dei quali definitivo, che le ha in qualche modo accolte e tanto continuerà a fare”.

“Fabbrica Italia Pomigliano – racconta poi la Fiat – ha realizzato un investimento di centinaia di milioni di euro per ridare vita allo stabilimento di Pomigliano, lo ha trasformato in un sito universalmente riconosciuto come uno dei migliori del mondo e si è impegnata a fondo per creare le condizioni per l’occupazione di tutti gli addetti. Tutto ciò senza la perdita di un solo posto di lavoro”. È singolare, anche qui, che degli esperti di diritto come gli estensori della lettera riescano a scrivere nella stesso testo che loro sono stati condannati a “riassumere” decine di iscritti alla Fiom ma che, contemporaneamente, non ci sarebbe stata “la perdita di un solo posto di lavoro”. Al Lingotto mangiano male… si capisce da come ragionano.

Ma non è finita. La lettera Fiat è interminabile. “È sconcertante e paradossale che ora Fabbrica Italia Pomigliano, per il solo fatto di aver cercato di avviare, con il consenso della maggioranza dei lavoratori e delle rappresentanze sindacali, un sistema di relazioni industriali innovativo ed adeguato alle esigenze del mercato attuale, si trovi ad essere destinataria di un interminabile, strumentale ed infondato contenzioso. Ancor più paradossale è che destinatario di tale ultima iniziativa sia ora l’Amministratore Delegato di Fiat, che con tutta evidenza nessuna parte ha mai avuto, nè può aver avuto, nella gestione, peraltro del tutto legittima, delle rappresentanze sindacali e dei processi di assunzione in Fabbrica Italia Pomigliano”.

“Se Fiat avesse inteso discriminare gli iscritti alla FIOM – conclude la nota – non avrebbe certo acquisito e rilanciato con importanti produzioni della Maserati lo stabilimento di Grugliasco della ex Bertone, dove la stragrande maggioranza degli addetti era notoriamente iscritta alla FIOM. Fiat è fermamente convinta che quando saranno ascoltate le sue ragioni, il che sino a questo momento, sorprendentemente, non è avvenuto, emergerà con assoluta chiarezza la totale infondatezza delle contestazioni ora mosse”.

E qui, invece, segna l’unico punto della partita: alla ex Bertone anche la Fiom, sotto la spinta di quel Giorgio Airaudo che poi è corso tra le braccia di Vendola per entrare in Parlamento, ha gestito passivamente quel “modello” che altrove aveva rifiutato.

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