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Il 9 dicembre in Fincantieri: serrata padronale

Sciopero anomalo (ovvero serrata padronale) in Fincantieri Monfalcone

Strana e inattesa giornata ieri, 9 dicembre, allo stabilimento Fincantieri di Monfalcone. Da qualche scambio di idee con altri operai la settimana scorsa, dopo la comparsa di qualche volantino che annunciava uno sciopero generale a oltranza e una “rivoluzione” a partire da lunedì 9 dicembre, avevo trovato conferma della grande ignoranza politica dell’attuale operaio medio, incapace di distinguere un’azione di lotta operaia di rivendicazione di classe da una iniziativa populista, nazionalista e razzista come era quella annunciata dal comunicato affisso in un paio di punti strategici, firmato LIFE, Aziona Rurale Veneto, movimento dei forconi e compagini simili.

Ma mai mi sarei aspettato di trovarmi a mezzogiorno in un cantiere navale vuoto dei suoi soliti 3000 operai giornalieri.
Azione riuscita in pieno quindi? Sembrerebbe così, ma vediamo come lo scopo è stato ottenuto.
In primo luogo va considerata la composizione del corpo operaio presente nel cantiere navale. I dipendenti diretti presenti giornalmente, divisi su 3 turni, non superano le 500 unità. Tutto il resto è formato dal subappalto gestito da poche aziende leader degli appalti dati da Fincantieri a ditte esterne. Una miriade di microditte sempre in concorrenza tra loro, che sfruttano in gran parte lavoratori immigrati. Dentro queste ditte, la presenza di lavoratori italiani non raggiunge il 50%, e tra questi la gran parte, dopo la ristrutturazione del 2012, proviene dai subappalti dei cantieri cugini di Palermo, Castellammare, Ancona, Genova, Marghera ecc.

I lavoratori locali residui sono in percentuale minima: il grosso è cioè composto da trasfertisti da tutta Italia, da stranieri immigrati (est Europa, Africa e Asia) e da giornalieri d’oltreconfine (ex Jugoslavija: Slovenia, Bosnia, Serbia e soprattutto Croazia)
Anche tra i dipendenti diretti c’è stato un grosso ricambio, con l’estromissione massiccia delle maestranze locali (prepensionamento, cassa integrazione ecc.) per far spazio ad inserimenti dai cantieri cugini suddetti. In mensa e negli spazi sociali si parlano tutti i dialetti d’Italia e parecchie lingue estere.
Torno alla cronaca della giornata odierna, dopo questo tedioso ma necessario preambolo.
 Fuori dal cantiere, inizio turno delle 7.00, normale viavai e qualche voce di presidio e – forse – di un picchetto. Passa un’auto con luce blu. All’ingresso qualche decina di persone assembrate (150?) attorno ad un unico striscione nero “comitato 9 dicembre”, nessun’altra insegna o simbolo politico, nessun blocco, no polizia o carabinieri. Un megafono chiede sottovoce “lavoro per gli italiani”. Attorno, 150 lavoratori italiani trasfertisti, in gran parte meridionali, in silenzio.
Passo oltre senza interferenze, ed entro assieme agli altri dialetti ed etnie. In spogliatoio e poi a bordo nave normale ressa, poche assenze visibili, nessuna tra gli operai locali (Monfalcone e dintorni). Tutto è evidente poiché ci si conosce tutti, si lavora gomito a gomito ogni giorno, ciascuno il suo mestiere.
Dopo mezz’ora vedo qualcuno raccogliere le proprie cose, spegnere la saldatrice, raccogliere gli attrezzi, e così via via altri, singoli o a gruppetti, e avviarsi in ordine sparso agli ascensori. 40 metri più sotto, in banchina, vedo la ritirata lenta e disordinata avviarsi agli spogliatoi o verso l’uscita dl cantiere. Chiedo lumi a qualcuno che passa. Hanno ricevuto ordine di lasciare il cantiere perché la sicurezza non è garantita, vista l’adesione allo sciopero di security, safety e guardiafuochi (notizia a me direttamente smentita dal personale addetto, normalmente presente: ‘potete continuare a lavorare, non c’è problema’), oppure perché loro sono in 6 presenti e altri 4 son rimasti fuori ‘a scioperare’, e quindi via tutti (???). O ancora perché ‘se non scioperiamo rischiamo che qualcuno ci danneggi macchine e attrezzature’, e così via. E se ne vanno ‘a scioperare’, su ordine arrivato dall’alto via cellulare. Gli altri seguono di conseguenza.
Dopo le 9.00 a bordo incontro solo capi e capetti dei subappalti, qualche tecnico e il personale di servizio interno. Sottobordo solo personale Fincantieri.
A mezzogiorno, in mensa, normale presenza dei cantierini. Dopo mezz’ora, turno ditte esterne, mensa semivuota: 100 presenze contro le solite 1000. Tutti gli altri, privi di buono mensa, mangiano un panino seduti su una bitta: sono quelli della ‘paga globale’, gli ‘ultimi’. Oggi non ci sono. Migliaia di stranieri immigrati che scioperano ‘per dare lavoro agli italiani’.
S’ciavi, bangla e negretti: brutti, sporchi, puzzoni, e pure autolesionisti. Giornalmente insultati e offesi dentro e fuori il
cantiere dal razzismo dei ‘buoni italiani’, ma utili oggi per far riuscire lo sciopero e spianare la via alla ‘rivoluzione’ dei forconi, della LIFE e di Azione rurale veneta. E per normalizzare la presenza fascista in piazza. Geniale. La genialità criminale di Cossiga e Andreotti attualizzata: complimenti agli organizzatori, esito test positivo.
Tutto funzionava oggi in cantiere: bus interni, gru, servizi, ascensori, manutenzione, mensa, ecc. Mancavano solo gli operai: gli operai del subappalto. Ordinati a scioperare.

* dipendente del subappalto in Fincantieri – Monfalcone (GO).

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