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Coop: operazione franchising, marchio in affitto e diritti in svendita

Unicoop Tirreno, sul giornalino riservato ai dipendenti, annuncia con enfasi le due principali novità del 2014: lo sviluppo dell’e-commerce a Roma ed il progetto franchising di cooperativa. Oltre al danno anche la beffa, ma vediamo di cosa si tratta.

Unicoop Tirreno fornisce un servizio di spesa on line ai propri soci che nel 2013 ha dato circa 3,5 milioni di euro di fatturato, ma aspira ad occupare lo spazio della capitale che ha una potenzialità stimata, a loro dire, in 50/60 milioni di euro. Insomma la novella “Amazon” della spesa alimentare, ma quello che non ci dice Unicoop Tirreno è l’organizzazione del lavoro nascosta dietro questo suo presunto “fiore all’occhiello” della cooperativa.

Unicoop Tirreno, come AMAZON, si com­piace di offrire la pos­si­bi­lità ai suoi utenti di acqui­stare como­da­mente da casa con pochi click, senza informare gli stessi che il servizio di spesa on line è in subappalto ad una Cooperativa, la Futura Servizi, i cui dipendenti lavorano al fianco dei lavoratori Coop per meno salario e meno diritti, tant’è che i gli stessi si sono organizzati con USB ed hanno cominciato un percorso di lotta per colmare il gap salariale e per rivendicare condizioni di lavoro migliori.

Le spese preparate da questi lavoratori vengono affidate ad altri lavoratori che si occupano della consegna della spesa (le arance, i pomodori, le bottiglie di aranciata, i barattoli di pelati, etc.), al domicilio del cliente finale. Altri lavoratori con poco salario e pochissimi diritti, questi prodotti vengono “movimentati” da lavoratori del comparto della “logistica”. I lavoratori di queste aziende o cooperative (spesso false coop), non si vedono. Nell’ombra fanno funzionare la grande distribuzione, il problema è che nell’ombra succede di tutto: salari decuratati, zero diritti, zero sicurezza e chi sciopera viene licenziato.

La logistica è divenuto il settore produttivo più strategico per il profitto delle grandi multinazionali; la mobilità del capitale, è il terreno in cui si sta giocando la partita dei grandi imperi economici e Coop, anche in questo caso, si dimostra uguale in tutto e per tutto alle imprese capitalistiche.

L’utente finale si interfaccia con un sito internet accattivante (e-coop “LA SPESA CHE NON PESA”), che nasconde agli occhi del consumatore lo stoccaggio, il carico, l’imballaggio, il trasporto e la consegna dei prodotti; insomma il lavoro vivo, sfruttato e malpagato, la cui organizzazione mira al massimo della produttività attraverso la sudditanza psicologica ed il controllo.

Veniamo al secondo “annuncio”. Dopo il naufragio del progetto franchising dello scorso anno in Campania, dove l’azienda ha tentato di svendere ad un privato la storia della cooperazione, i diritti dei lavoratori ed il concetto stesso di democrazia, naufragio dovuto alla ferma opposizione dei lavoratori e dell’USB, Unicoop Tirreno torna alla carica e ripropone, prima nel mondo coop, lo stesso modello nel Lazio.

Eccolo il futuro del mondo cooperativo proposto dai “capitani coraggiosi” a marchio coop, dare in franchising questo marchio, che dovrebbe garantire i principi e i valori che ispirano questa particolare forma d’impresa, ad aziende di capitale. Il tutto per scaricare il costo del lavoro senza rinunciare ai privilegi riservati alle imprese cooperative.

La scelta organizzativa del modello franchising apporterà benefici all’azienda in termini di profitto, ma quale sarà il prezzo che pagheranno i lavoratori? Che servizio si restituirà ai soci, spesso ignari e convinti di entrare in un punto vendita Coop in tutto e per tutto? Uno di quei punti vendita descritti dalla Littizzetto come un mondo accattivante e che già ora tanto accattivante non è, come dimostra il contro spot prodotto da un gruppo di lavoratrici Coop che su YouTube è stato clikkato da decine di migliaia di utenti della rete.

Il franchising, che assomiglia molto ad un “caporalato commerciale”, non servirà che per contrarre ulteriormente diritti e salario ai i lavoratori del franchising stesso, indebolendo la forza contrattuale dei già stremati e precarizzati “occupati storici” della Coop. Quello che ne conseguirà non potrà che essere un arretramento delle condizioni di tutti i lavoratori e un cattivo servizio offerto ai soci ed ai consumatori dei supermercati Coop “MODELLO MARCHIONNE”.

L’USB ritiene necessario fare luce sulla degenerazione di un sistema in cui l’originario spirito di solidarietà e mutualità è stato sacrificato alla logica del mercato, della competizione e del profitto, alla pari delle imprese di capitale. Mentre le nove grandi cooperative di distribuzione (tra le quali appunto Unicoop Tirreno), sono concentrate più sulla finanza che sull’impresa, quello che ci preme sottolineare è l’evidenza che lo scambio sociale che il sistema cooperativo illusoriamente promette ormai non regge più. Il modello di sviluppo dell’impresa cooperativa è ormai tarato sui nuovi standard del mercato del lavoro e queste ultime scelte e le tante vertenze aperte stanno lì a testimoniarlo. Le vertenze degli stessi lavoratori Coop: sul salario, sull’abbattimento della precarietà, sulla possibilità di passare dal part-time al tempo pieno, sul contenimento della discrezionalità delle direzioni, sulla contrattazione dei tempi e dei turni, e, non ultimo, sulla libertà di parola e di critica e sulla democrazia sindacale; ma anche quelle dell’indotto, come ad esempio i facchini Granarolo che lottano per un salario onesto e un trattamento dignitoso.

A farne le spese sono i lavoratori ma anche i cittadini, a cui vengono restituiti servizi di pessima qualità. La Carta costituzionale, riconoscendo alle cooperative una funzione di carattere sociale, riserva a queste un particolare trattamento ed ingenti agevolazioni fiscali. Ma chi controllerà la reale “mission” dei soggetti privati a cui verrà affidato il marchio Coop (svincolati dà qualsivoglia verifica sulle finalità sociali), e che concorreranno al profitto del sistema cooperativistico che beneficerà dei privilegi di legge senza essere soggetto ad alcuna verifica sull’effettiva finalità d’impresa?

Insomma, la crisi e le incapacità manageriali le pagano i lavoratori, come sempre, tutto il resto si giustificherà con la solita complicità del “sindacato di palazzo”. Ancora una Volta Unicoop Tirreno stimola la nostra Orwelliana memoria e prova a ricordarci che “tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri” facendo rimpiangere ai lavoratori Mr.Jones e la sua fattoria padronale.

Noi respingiamo al mittente questa logica e ci prepariamo a rilanciare le mobilitazioni per il salario e l’occupazione sicuri che i lavoratori, se vengono messi in condizione di scegliersi il proprio futuro, non si rassegnano alla politica della riduzione del danno ma hanno le qualità, l’energia e la determinazione per affrontare un percorso di lotta tesa alla salvaguardia dei diritti e del salario ed in grado di rigettare al mittente i piani industriali fatti sulla carne di chi lavora.

Cari Oligarchi Coop, noi siamo pronti a resistere… Almeno un minuto più di voi.

USB Commercio

 

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