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Granarolo. Dopo le botte della polizia i lavoratori scrivono al Prefetto di Bologna

llustrissimo Prefetto, abbiamo letto le sue dichiarazioni agli organi di stampa, sui fatti avvenuti in questi giorni alla Granarolo, nelle quali lei afferma di essere disponibile al dialogo con tutti, purchè “si fermino le violenze”, dichiarandosi altrimenti pronto ad “accentuare lo scontro e la repressione” degli scioperanti.
Una dichiarazione, ci permetta, sicuramente legittima, dato il suo ruolo, ma poco rispondente alla realtà dei fatti ed alle ragioni delle forze in campo.
Nello specifico, la giornata di venerdì ha visto i lavoratori impegnati nel tentativo di affermare le loro ragioni, il loro diritto al lavoro, ad un salario dignitoso, alla garanzia degli elementari diritti propri di un rapporto di lavoro regolare.
Orbene, lo sviluppo degli eventi ha prodotto interventi violenti delle forze dell’ordine contro i manifestanti, che di contro hanno sempre e solo opposto una resistenza passiva.
Non sono fandonie le affermazioni sull’uso di strumenti non autorizzati da parte di alcuni agenti (spray urticanti), come non lo sono i pugni in faccia coi quali sono stati colpiti alcuni lavoratori.
Alla fine della giornata il bilancio ha visto l’arresto di due lavoratori per atti di violenza!!
Arresto prolungato scientemente, nell’improvvisa udienza di sabato pomeriggio, per l’ipotesi di reiterazione del reato (sic).
Il rifiuto di visionare i video proposti dal nostro legale è stato funzionale al permanere in carcere dei due lavoratori, fino – almeno – all’udienza di lunedì.
Ci chiediamo se questo tipo di decisione sia funzionale al raggiungimento dell’obiettivo di placare gli animi, per creare le condizioni per un dialogo il più possibile sereno tra le parti coinvolte, per trovare una soluzione positiva per il reinserimento dei lavoratori, o se – purtroppo – non sia già un segnale chiaro della volontà, che traspare evidente ed inequivocabile sugli organi di stampa in questi ultimi giorni, di chiudere la partita “licenziamenti Granarolo” in modo violento, con la repressione dei lavoratori che rivendicano il diritto di avere le condizioni ed mezzi per poter condurre la loro esistenza.
La nostra non è retorica, ma la rappresentazione di una realtà oggettiva. Espulsi in modo illecito da nove mesi, questi lavoratori sono allo stremo. E’ accettabile questa condizione? E’ accettabile che decine di persone, le loro famiglie, non abbiano il diritto ad una esistenza “normale?”.
Vi è forse qualche pregiudizio nei loro confronti legato al loro status di immigrati? O semplicemente la ragione della situazione in cui si trovano da mesi è il fatto di aver denunciato una condizione di illegalità presente anche alla Granarolo tramite CTL – checchè ne dicano, il presidente Calzolari e i vari rappresentanti di Legacoop – implicita nel sistema e  nell’attività delle cooperative in appalto?
Non abbiamo mai visto nessun organo istituzionale, compresa la Prefettura, intervenire nel momento in cui i lavoratori hanno denunciato che le cooperative in subappalto alla Granarolo taglieggiavano il loro salario del 50% per ragioni assolutamente illegali.
Nè abbiamo mai sentito nessuna sua dichiarazione ai media sulla necessità di far intervenire l’Ispettorato del lavoro per effettuare controlli sulla applicazione/violazione della norma che regola i rapporti nel mondo della cooperazione e che, tra l’altro, pone in capo, in primis alla  committenza(legge 142), ogni irregolarità che si possa sviluppare nei propri magazzini.
Non siamo a conoscenza di alcun atto, né abbiamo visto comunicati da parte del precedente Prefetto, né da parte sua, per richiamare le parti che avevano aperto un tavolo in Prefettura la scorsa estate, a rispettare l’ultimo accordo sottoscritto in quella sede.
Quell’accordo non è stato ad oggi rispettato dai vari soggetti padronali firmatari (usiamo consapevolmente questi termini per coloro che gestiscono quelle aziende, nominalmente per la cooperazione dei soci, usufruendo quindi, di una tassazione inferiore, ma si comportano come qualsiasi azienda a diversa contribuzione fiscale).

Gli interrogativi  che le poniamo sono semplici:

1. quali interventi avete fatto in Prefettura per fare rispettare gli impegni presi alla vostra presenza?

2. Quali impegni vi siete assunti perché 42 lavoratori (tutti immigrati) non passassero nove mesi nell’indigenza e patissero la fame per un atto “spregiudicato” di licenziamento solo perché avevano osato scioperare per avere un salario decente (previsto contrattualmente)?

3. Chi le sta puntando una pistola alla testa? Noi abbiamo solo sollecitato un incontro perchè si avviassero dei semplici passi per addivenire ad una soluzione positiva e consentire ai 51 lavoratori sfruttati, senza un salario contrattualmente adeguato, e licenziati perché hanno scioperato, di riprendere il lavoro.

4. Pretendiamo troppo se le chiediamo di far rispettare l’accordo sottoscritto nella Prefettura da lei diretta? Non è in gioco, dal suo punto di vista, di rappresentante dello Stato, la tutela del ruolo, della funzione, della credibilità stessa dell’Istituzione da lei impersonata?

Aspettiamo fiduciosi le prossime scadenze, partendo dalla prossima udienza in tribunale, fino all’incontro di mercoledì. Verificheremo in quella sede se esiste la volontà reale delle controparti di giungere ad una giusta soluzione dei problemi..

Fino ad allora, sulla scorta dell’esperienza sin qui maturata, continueremo a mantenere lo stato di agitazione nei magazzini e ad utilizzare, non la pistola, ma lo sciopero, e tutte le forme di lotta consentite dalla legge, per ottenere quanto spetta ai lavoratori.

Per il S. I. Cobas, il Coordinatore Nazionale Aldo Milani

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