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Pomigliano. La Cassazione chiude le discriminazioni antisindacali

La Corte di Cassazione ha messo la parola fine sulla discriminazione operata da Marchionne a Pomigliano. 145 lavoratori iscritti alla Fiom dovranno perciò essere ri-assunti in pianta stabile nell’impianoto campano. Come si ricorderà, la Fiat aveva sfruttato quell’art. 19 dello Statuto dei lavoratori del 1970, che era stato “furbissimamente” modificato con un referendum promosso soprattutto dai sindacati confederali, nel 1992, preoccupati del successo dei sindacati di base.

Avevano infatti imposto che i diritti sindacali fossero appannaggio dei soli “sindacati firmatari di contratto”, ovvero Cgil, Cisl e Uil. Anche la Fiom, all’epoca, aveva appoggiato questa “riforma” liberticida, pensando di essere per sempre al riparo dalla possibilità di discriminazione.

La Storia è però pesantemente ironica con chi pensa di vivere di furbizie tattiche. Ottenuta la rottura dell'”unità sindacale”, grazie ai complici di Fim-Cisl, Uilm e Fismic (“sindacato” per modo di dire, visto che si tratta del vecchio Sida, sigla inventata adddirittura dalla Fiat di Valletta negli anni ’50), Marchionne aveva sfruttato proprio quel “cavillo” per escludere la Fiom dallo stabilimento di Pomigliano. L’aveva fatto nel modo più drastico: lo stabilimento era stato “chiuso” e riaperto, dei 5.000 dipendenti ne erano stati ri-assunti soltanto 2.000; nessuno dei quali iscritto precedentemente alla Fiom.

Poi due sentenze avevano imposto alla Fiat di assumerne in proporzione alla presenza Fiom certificata prima della chiusura; e quindi, intanto,  i 145 che avevano fatto ricorso alla magistratura.

Se la legge fosse uguale per tutti, Ciro e gli altri dovrebbero ora essere fatti entrare in fabbrica, e su una specifica postazione di lavoro, dalla “forza pubblica”. Nei mesi scorsi, dopo la sentenza d’appello – che era anche immediatamente esecutiva – la Fiat aveva ciurlato nel manico minacciando il licenziamento di altrettanti dipendenti, per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri.

Ora la Cassazione ha detto basta.

Riguarda intanto solo gli iscritti alla Fiom, ma sul piano legale generale è una buona notizia per tutti. Soddisfatto ovviamente Maurizio Landini, segretario generale delle tute blu, che ha così commentato la sentenza:

“La Corte di Cassazione ha oggi messo il suggello finale alla complessa vicenda processuale originata dal tentativo della Fiat di estromettere la Fiom dallo stabilimento di Pomigliano, anche attraverso l’odiosa discriminazione a danno dei suoi iscritti.”

“Infatti, la Cassazione, con la sentenza numero 5581 depositata oggi, accogliendo l’eccezione sollevata dalla Fiom, ha dichiarato l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso proposto da Fabbrica Italia Pomigliano contro la nota ordinanza ‘antidiscriminatoria’ emessa dalla Corte d’Appello di Roma.”

“A seguito di tale pronuncia, diviene così definitiva l’ordinanza della Corte d’Appello che ha accertato la discriminazione nelle assunzioni presso lo stabilimento di Pomigliano verso gli iscritti della Fiom, ha ordinato di cessare tale comportamento, di rimuoverne gli effetti e di procedere con l’assunzione di 145 iscritti al sindacato dei metalmeccanici Cgil.”

“Ora la Fiat proceda rimettendo nel ciclo produttivo i 145 lavoratori ancora tenuti in cassa integrazione.”

 

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