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ThyssenKrupp Terni. Una tregua solo unilaterale

Una trattativa finta, in cui l’unica cosa certa – pretsa dall’azienda e concessa con troppa leggerezza da sindacati (Cgil, Cisl Uil, Ugl) che hanno ormai dimenticato il proprio mestiere e persino le sue “tecniche”.

L’Ast – acciai speciali, settore d’eccellenza nel comparto siderurgico, che ThyssenKrupp si è ripresa dopo averla ceduta alla finlandese Outokumpu, per decisione dell’Unione Europea – non ha infatti messo in atto nessun passo indietro.

La procedura di mobilità immediata per 550 dipendenti diretti è stata sì annullata dopo giorni di sciopero, cortei, occupazione interna e “blocco” dell’amministratore delegato – Lucia Morselli – all’interno dei suoi uffici (la notte del 31 luglio), ma al tavolo ministeriale si è prodotta soltanto una dilazione temporale. Come ci tiene a precisare l’azienda “Tutti i partecipanti hanno dichiarato la propria volontà di rivitalizzare Ast come competitor efficiente sul mercato europeo dell’acciaio inox. Sono state aperte ulteriori trattative fra tutte le parti interessate. Il management di Ast vede con soddisfazione l’accordo su ulteriori colloqui costruttivi. L’accordo stabilisce che la base di tutte le successive trattative sarà il piano industriale di Ast e il suo obiettivo di riduzione dei costi da 100 milioni di euro, entrambi i quali sono stati presentati dalla direzione di Ast il 17 luglio“.

Il piano resta dunque in piedi così com’è; ogni trattativa partirà da questa base, hanno riconosciuto i “sindacati” e naturalmente il governo. Ma sembra proprio difficile che qualcun altro posssa produrre un “piano industriale alternativo” su come produrre quei 100 milioni di “minori costi” che Ast ritiene di conseguire chiudendo un forno e licenziando 550 persone.

“Nel caso in cui la trattativa non conduca a una comune attuazione delle misure – spiega puntigliosamente l’azienda – Ast avvierà il 5 ottobre 2014 una nuova procedura di mobilità, atteso che quella attivata il primo agosto, e già sospesa, è stata ritirata”. Non viene insomma lasciato alcun margine di discussione: si deve fare come l’azienda vuole, al massimo un paio di mesi dopo quanto già deciso.

Nel frattempo, è stato concordato al tavolo di trattativa, i lavoratori vengono unilateralmente inchiodati a non mettere in atto mobilitazioni di nessun genere, lasciando l’azienda libera di procedere come meglio crede. Una “concessione” assurda, che riduce a nulla il potere di trattativa da parte dei dipendenti.

Se la situazione resterà così, è facile prevedere che all’inizio di ottobre Ast ripeterà i suoi diktat; mentre i lavoratori si vedranno di nuovo nella stessa strettoia di oltre un mese fa, ma con minore fiducia in se stessi.

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