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Jobs act, a misura di Marchionne

Fiat assume a Melfi. Evviva!, dicono tutti. E comunque è inutile star lì a sottilizzare, meglio un’azienda che assume rispetto a una che licenzia, no?

A vederla più da vicino quel che c’è di buono in un annuncio simile svapora abbastanza rapidamente. Soprattutto, si evidenzia il legame perverso, strangolatorio, tra strategie d’impresa e jobs act renziano.

Partiamo da i numeri. QUante assunzioni? C’è chi scrive 1.500, chi soltanto 1.000. Sono quelli che Marchionne per ora ha deciso di prendere tramite agenzie interinali – pagando addirittura qualcosa di più che con l’assunzione diretta – pur di non “caricarseli” in organico.

Poi, quando il jobs act entrerà a regime, potrà prendere in esame la loto “internalizzazione” in Fiat (ora americanizzata come Fca, Fiat Chrysler Automobiles). Renzi ha colto immediatamente il segnale (o lo aveva sollecitato), parlando di Melfi come il primo esperimento del “nuovo contratto a tutele crescenti”. E in effetti Marchionne conferma:“Gli ho mandato un messaggio ieri per avvisarlo e fargli gli auguri” (l’11 era il compleanno del premier).

La svolta su Melfi è banalmente nella decisione di produrre lì la Jeep Renegade e la Fiat 500X, due suv, ovvero modelli ad alto valore aggiunto e che garantiscono – se venduti – un margine di guadagno alto per unità prodotta. Tutto il contrario della strategia seguita fin qui, concentrata su modelli di fascia bassa – come Punto, Panda, ecc – con basso margine e necessità quindi di grandi volumi di vendita per garantire redditività. Una strategia suicida in tempi di crisi, quando i lavoratori dipendenti – i “target” per le auto a basso costo – tutto possono fare meno che comprare un’auto nuova.

Se invece si puna a costruire auto per benestanti, soprattutto Usa, ecco che i guadagni possono arrivare, anche producendo soltanto 1.100 auto al giorno (l’obiettivo fissato per Melfi).

Va bene, ma com’è nata la notizia che le assunzioni sarebbero state 1.500? Con un altro banalissimo trucco della comunicazione Fiat, prontamente e acriticamente accolta dai media (ex passant: La Stampa è di proprietà, il Corriere della Sera è in comproprietà, IlSole24Ore ha visto Fiat per decenni primo contributore dell’editore, Confindustria): «altre 350 persone temporaneamente trasferite dagli stabilimenti di Cassino e Pomigliano d’Arco». Non assunti, dunque, ma “trasferiti pro tempore”. E chissenefrega della destabilizzazione integrale delle loro vite (come si organizza il trasferimento “temporaneo” di una famiglia?).

«Già dalla prossima settimana saranno inseriti circa 300 nuovi lavoratori ai quali si aggiungeranno subito circa 100 persone provenienti dallo stabilimento di Cassino». Contemporaneamente, Fca ha annunciato la chiusura della Cassa integrazione straordinaria e il rientro immediato in fabbrica di tutti i 5.418 dipendenti dello stabilimento Sata.

Ma non si deve badare al sottile. Un posto dio lavoro, di qeusti tempi, vale oro; anche se ti pagano una miseria. L’alternativa è la fame o l’emigrazione, magari in Germania.

Il cerchio si chiude: il lavoro del futuro sarà questa roba qui. Se non si dice niente…

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