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Dall’Expo all’Irlanda Festival di Padova. Lavoro gratuito, sottopagato, allucinato

“Irlanda in Festa” è un festival organizzato in 4 città (Bologna, Milano, Portomaggiore e Padova), una grande sagra con decine di concerti, stand, panini, birre e cappelli verdi. A prima vista sono le ambientazioni e le musiche di ispirazione irlandese a farla da padrone. Ma chi rende possibile tutto ciò? in che condizioni lavora? Un evento che è stato molto pubblicizzato sui quotidiani locali con il patrocinio di comune, provincia e regione, che ha visto migliaia di persone ogni sera ascoltare musica, mangiare e bere, nel Gran Teratro Geox di Padova e nel suo piazzale antistante.

Alcuni lavoratori hanno deciso di denunciare le loro condizioni di lavoro e hanno scritto questa lettera chiedendo ai musicisti che si esibiranno sul palco questa sera, tra cui i Modena City Ramblers, di leggerla al pubblico. Come cantano i MCR: Nessuno più al mondo deve essere sfruttato!

“Dopo una selezione e assegnazione delle mansioni avvenuta sulla base dell’aspetto fisico, come lavoratrici siamo state umiliate e tratte come bambole da alcuni capi.
Di fatto non siamo assunti e assunte, lavoriamo qui solo sulla parola di qualche capo
perché saremo pagati in voucher, questo fa si che di sera in sera temiamo di non essere richiamati perché abbiamo sbagliato qualche cosa, perché qualcuno decide che non gli piacciamo più o più semplicemente perché chiediamo informazioni sulla paga. Oppure, come è successo, ci mandano viadicendoci che non ci pagheranno le giornate già lavorate perché siamo stati visti bere una birra di quelle che spiniamo un continuazione.
Dobbiamo spesso cambiare mansione per sopperire alla scarsità di organico, siamo state e stati elettricisti, baristi, grigliatori, camerieri, hostess e manovali dovendo spesso andare alla cieca tra i vari stand per poter capire cosa fare, dove recuperare i materiali necessari, gli ingredienti e le informazioni necessarie a far funzionare il tutto. Le attrezzature sono insufficienti e spesso dobbiamo spostare grossi carichi che ci rovinano la schiena senza carrelli.
I turni dovevano essere di 8 ore, ma ne abbiamo lavorate anche 13, finendo alle 3 del mattino e con la richiesta di tornare a lavorare al mattino, dopo solo otto ore. Tredici ore in cui è stato difficile fare una pausa perché siamo troppo pochi, mentre molti che pure erano stati selezionati non sono più stati chiamati. Anche solo andare in bagno può essere una conquista e dissetarci e mangiare lo possiamo fare solo se nascosti alla vista dei clienti.”

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