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Fincantieri. Sette cose che è necessario fare per respingere l’attacco di Bono&C.

Lavoratori, lavoratrici,

nelle scorse settimane, oltre Marghera, sono entrati in sciopero tutti i cantieri, da quelli liguri a Palermo, da Ancona a Castellammare a Monfalcone. È stata una prima risposta alle provocazioni dell’azienda, ma per respingere l’aggressione padronale va fatto un deciso e compatto passo in avanti.

Bono&C. si sono presentati a questa vertenza con il bazooka in mano, intenzionati a rapinare salario, tempo di vita, diritti a operai, tecnici e impiegati di Fincantieri e alle maestranze degli appalti, con un vero e proprio diktat: o fate quello che diciamo noi, o andiamo all’estero. Un ricatto vecchio e spuntato, ok, ma il diktat resta comunque.

L’ing. Bono – nel 2013 uno stipendio di 1,039 milioni di euro, nettamente aumentato nel 2014 con l’entrata in borsa di Fincantieri – si gonfia il petto in modo ridicolo parlando dell’”eccellenza” di Fincantieri, come se a progettare e costruire le navi non fossero gli operai e i tecnici, ma lui e i suoi scagnozzi. E immediatamente dopo minaccia proprio i lavoratori che di questa “eccellenza” sono i produttori con il loro lavoro, il loro sudore, la loro salute, la loro vita, con la brutalità di un negriero: perché Fincantieri vada avanti (nell’accumulare profitti), voi dovete andare indietro! E tanto per far capire che fa davvero sul serio, disdetta l’integrativo dal 1° aprile e annuncia rappresaglie.

Ecco perché è privo di senso “ricordare” a Bono, come fa Papignani della Fiom, che Fincantieri è un’azienda pubblica, o chiamare in causa addirittura Renzi, perché è proprio Renzi, insieme a Marchionne, il paladino di Bono&C.: è il suo attacco allo Statuto dei diritti dei lavoratori, è il suo Jobs Act, è la sua politica ad avere spinto i vertici di Fincantieri ad attaccare. Ancora peggio è piatire dai parassiti del vertice aziendale che diventino ragionevoli, come fanno i dirigenti di Fim e Uilm. Il modo per fermarli è uno solo: flettere i nostri muscoli, rafforzare la lotta, sapendo bene che ci sono mille ragioni di farlo. Per noi, per il nostro futuro, per le nostre famiglie, per tutta la classe lavoratrice.

E per rafforzare la lotta, è necessario:

1) Passare dagli scioperi articolati (o disarticolati) cantiere per cantiere, allo sciopero congiunto di tutti i cantieri. Certo, alcuni cantieri hanno problemi di sopravvivenza o di lavori urgenti, ma anche questi problemi è più facile affrontarli e risolverli in un contesto di azione finalmente unitaria e coesa di tutti i cantieri. Se invece ogni cantiere va per conto suo, come negli ultimi anni, e l’uno in concorrenza con l’altro, siamo tutti più deboli, su tutti i piani.

2) Attuare questo primo, grande sciopero compatto di tutti i cantieri il 13 e 14 aprile, quando riprende la “trattativa” (trattativa???) e prepararlo con una assemblea nazionale dei delegati e dei lavoratori più attivi in cui serrare i ranghi.

3) Integrare l’azione dei dipendenti diretti Fincantieri con quella degli operai e dei lavoratori degli appalti: non farlo, esitare a farlo, o farlo a metà, è un regalo all’azienda, che li vuole divisi tra loro e divisi dai dipendenti Fincantieri per poterli meglio super-sfruttare. Dobbiamo dire insieme: basta con la giungla del super-sfruttamento!, e far entrare a pieno nella lotta contro Bono&C. le aspettative e le rivendicazioni dei lavoratori degli appalti in materia di salari arretrati, livelli salariali, stabilizzazione del lavoro, sicurezza sul lavoro, accesso alla mensa, diritti sindacali, etc.

4) Coinvolgere le nostre famiglie portandole fuori ai cancelli dei cantieri il 13 e 14 aprile, perché 100-200 euro in meno al mese o mezz’ora di lavoro in più al giorno, con il taglio secco o totale di ferie e di permessi retribuiti, sono altrettanti colpi alle condizioni di esistenza dei nostri cari.

5) Spiegare agli altri lavoratori e lavoratrici che questa lotta li riguarda in pieno perché se perfino in un’azienda che ha commesse fino al 2022 (parola di Bono), passano il taglio del 10-15% del salario, la rapina di 80-100 ore di lavoro gratuito l’anno, la totale flessibilità della prestazione lavorativa e, dopo questa, il cottimo individuale, il chip di controllo nelle scarpe o nel casco, mentre viene azzerato il diritto di organizzarsi sul luogo di lavoro, cosa potrà accadere nelle altre aziende? Un modo per spiegarsi può essere volantinare sabato 11 ai grandi centri commerciali. Lo facemmo come Comitato di sostegno nella vertenza del giugno-agosto 2013, e avemmo buoni riscontri.

6) Stare in guardia da “scambi a perdere” che potrebbero essere proposti dall’azienda e accettati dai dirigenti sindacali. Finora Bono&C. hanno detto: vogliamo tutto! Però è possibile che davanti a una ferma azione dei lavoratori, provino a tenderci una trappola, dicendo: si può trattare sulle 104 ore gratuite (magari riducendole a 70-80) oppure su questo o quell’aspetto di dettaglio del premio di produzione, ma sul resto non se ne parla neppure! Non bisogna cadere in questa trappola!

7) Ribadire che è irrinunciabile il punto 2 dell’odg approvato il 23 marzo dalle assemblee di Marghera: ogni ipotesi di accordo va sottoposta al “voto vincolante” delle assemblee dei lavoratori.

Da parte nostra c’è l’impegno di far arrivare le informazioni su tutto ciò negli altri cantieri in Italia e anche all’estero.

Marghera, 8 aprile 2015
Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri

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