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Turchia. Metalmeccanici in sciopero. Per i salari, contro il sindacato

Sono tornati al lavoro una parte degli operai della filiale turca della Fiat a Bursa, la città cuore dell’industria automobilistica in Turchia, paese dove negli ultimi giorni circa 15 mila dipendenti delle grandi multinazionali straniere del settore hanno incrociato le braccia per chiedere aumenti salariali e maggiori diritti sindacali. Almeno così affermano le direzioni aziendali, mentre i comitati di lotta dei lavoratori denunciano la manipolazione mediatica tendente a disorientare i lavoratori in sciopero.
I salariati accusano apertamente il “loro” sindacato, la Turk Metal, di essere agli ordini dei datori di lavoro e di non difendere affatto i diritti degli affiliati.
La vertenza che sta movimentando il settore alla vigilia delle elezioni legislative del 7 giugno prossimo, oltre alla Tofas (joint venture tra l’italiana Fiat e la holding Turkey’s Koç) riguarda Renault e anche la Ford. La produzione di Tofas e di Oyak Renault rappresenta oltre il 40% della produzione automobilistica annuale della Turchia.
Dalla mezzanotte di mercoledì erano entrate poi in sciopero anche le maestranze dell’azienda TürkTraktör, produttrice di trattori e macchine agricole e per ora la mobilitazione continua in tre stabilimenti del gruppo.
“Il lavoro è ripreso nel sito della Tofas il 22 maggio a partire dalle 7 locali”, riferisce un comunicato del vertice aziendale contestato dai lavoratori che hanno deciso di continuare la mobilitazione. 
L’agitazione è iniziata il 14 maggio nella più grande fabbrica di auto del Paese, la Oyak-Renault di Bursa e s’è poi estesa al vicino sito della Tofas, dove si producono le Fiat, e alla Ford Otosan, un joint venture tra la Ford e la Koch Holding che produce in due siti a Kocaeli, dove le catene di montaggio hanno ripreso a funzionare ieri pomeriggio, sempre stando sempre alle direzioni aziendali. 

Già alla fine del 2014 i lavoratori dello stabilimento di un’altra multinazionale straniera, la Bosch, attraverso varie iniziative e scioperi, e dopo un duro scontro con la direzione del sindacato Turk Metal, sono riusciti a strappare all’azienda salari più alti rispetto a quelli previsti dall’ultimo contratto nazionale dei metalmeccanici.
In Turchia il salario minimo corrisponde a circa 424 euro al mese. Un operaio dell’industria dell’auto guadagna mediamente circa 600 euro mensili, ma solo perché é costretto a lavorare quasi 50 ore a settimana.
Lo scorso 5 maggio migliaia di lavoratori di varie imprese automobilistiche e di altri settori si sono riuniti per dimettersi pubblicamente e collettivamente dal sindacato Türk metal e per tutta risposta alcuni di loro sono stati aggrediti con bastoni e spranghe di ferro da un gruppo di mazzieri assoldati dalle aziende o dal sindacato giallo. 
A quel punto la mobilitazione è proseguita attraverso la costruzione di una rete esterna al sindacato ufficiale, di un’iniziativa denominata Solidarietà dei Lavoratori Metalmeccanici e l’elezione di un Consiglio interfabbrica. Una organizzazione parallela necessaria dopo che lo scorso 29 gennaio il governo turco, guidato dal partito liberal-islamista Akp, aveva impedito con un decreto lo sciopero del settore metalmeccanico indetto da un’altra sigla sindacale più conflittuale.

Nei giorni scorsi 47 lavoratori, ritenuti leader e coordinatori dello sciopero, sono stati denunciati dal tribunale di Bursa con l’accusa di aver indetto uno sciopero illegale. 

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