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Trieste. Sequestrato cantiere Fincantieri. 4.500 lavoratori fuori. Governo contro magistrati

Lunedì scorso il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Udine ha eseguito il provvedimento di sequestro disposto dal tribunale di Gorizia di alcune aree dello stabilimento della Fincantieri di Monfalcone in cui vengono depositati i residui di lavorazione non tossici (scarti di lamiere, stridi ferrosi, materiale per isolare, parti di tubi, plastica per copertura di ambienti di lavorazione, avanzi di moquette ecc). La richiesta di sequestro da parte della magistratura si inserisce nell’ambito di un’indagine avviata dal maggio 2013. La richiesta era stata respinta prima dal Gip di Gorizia e poi dal tribunale in sede di appello. Ma la procura ha presentato ricorso in Cassazione, che hanno rinviato la decisione ai magistrati di Gorizia che hanno disposto la misura cautelare. A quel punto la Fincantieri martedì mattina ha chiuso lo stabilimento Fincantieri di Monfalcone lasciando fuori sia i circa mille e 500 dipendenti diretti sia gli altri 3 mila degli appalti esterni. Bloccate anche le merci che avrebbero dovuto essere impiegate nell’attività di costruzione delle navi.

Nell’indagine sono coinvolti l’ex direttore della Fincantieri di Monfalcone, Carlo De Marco, e i titolari di 6 aziende che lavorano all’interno del cantiere Nella Dosso, 55 anni, titolare della “Pulitecnica friulana” di Udine, Valter Radin, 59 anni, della “Petrol Lavori” di San Dorligo della Valle, Romeo Ronco, 69 anni, della “Marinoni” di Genova, Francois Marcel Gaston Avon, 58 anni, della “Carboline Italia”, Corrado Annis, 48enne “Sirn” di Trieste e Fabio Bianchi, 49 anni, della “Savi” di Genova. L’accusa mossa ai dirigenti della Fincantieri e agli altri imprenditori è quella di stoccare e gestire rifiuti prodotti da terzi senza autorizzazione.

Al Ministero dello Sviluppo Economico è stata convocata una riunione per esaminare la situazione che si è venuta a creare nello stabilimento Fincantieri di Trieste. All’incontro hanno partecipato il Ministro dello sviluppo Economico Guido, ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova, il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci. la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e l’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono.

La riunione al massimo livello ha prodotto un comunicato che di fatto mette sotto accusa i magistrati. “Abbiamo analizzato con attenzione la situazione relativa allo stabilimento di Monfalcone dalla quale è emersa con chiarezza l’assenza di profili che mettano in discussione la difesa dell’ambiente o la sicurezza dei lavoratori – è scritto nella nota – Si è quindi convenuto che si tratta di un problema tipicamente amministrativo per risolvere il quale è stato condiviso un percorso che porterà in tempi rapidi ad una soluzione coerente con la normativa europea e con il ripristino dell’attività produttiva dello stabilimento”

“Il presidente di Confindustria Squinzi ha detto che a Monfalcone c’è un altro caso Ilva. Io penso che quest’ultimo riferimento sia assolutamente improprio, perché richiama altri scenari, altri contesti, con un inquinamento ambientale vero e problemi di sicurezza per cittadini e lavoratori. Così come impropri sono gli allarmismi o i giudizi sommari su una vicenda che non va assolutamente drammatizzata, che è seria ma riguarda interpretazioni di norme e non l’inquinamento ambientale oppure la salute dei lavoratori” ha affermato il segretario generale Franco Belci, segretario Cgil del Friuli Venezia Giulia. Per i lavoratori, tra l’altro, non si prospetta nemmeno l’utilizzazione della cassa integrazione in deroga. “Adesso – ha concluso Belci – stiamo cercando di capire come si potrebbe perlomeno ridurre il danno, ma è comunque impensabile che il cantiere rimanga chiuso una settimana.Ci sarebbe un danno al reddito dei lavoratori e un danno alla produzione, viste tutte le lavorazioni che sono in corso”.

 

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