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Cara Coop, voglio crescere mio figlio!

Una serata come tante, un gruppo di donne di una catena commerciale; stavolta è la COOP, ma non fa tanta differenza. Un serata come tante, una riunione partecipata fuori dal luogo di lavoro. Sono le 21.30 e queste donne hanno mariti e figli a casa, ma hanno deciso di dire basta.

Cassiere, tutte part-time con salari da fame, che non riescono più a gestire la quotidianità; che non hanno più tempi di vita e non possono programmare neanche una visita medica. Donne atterrite dalla paura di rivendicare il sacrosanto diritto di vivere una vita dignitosa.

Una riunione animata, che racconta la sofferenza che si annida dietro quel sorriso abbozzato di chi ci chiede se abbiamo la tessera dei soci o la carta fedeltà. Lavoratrici che spesso si vedono esposti gli orari il sabato della settimana precedente, orari che variano in continuazione a seconda delle esigenze commerciali e non nel rispetto dei tempi di vita e della cura della famiglia. Turni che vengono cambiati per telefono nella stessa giornata. Il tutto condito da una discrezionalità e ricattabilità che queste donne subiscono quotidianamente, in un clima diffuso che incide nella vita di relazione e sulla salute.

Difficile reggere la tensione. I racconti sono toccanti e le questioni personali diverse, ma tutte posso essere ricondotte al salario, alla precarietà, all’impossibilità di passare dal part-time al tempo pieno e alla discrezionalità delle direzioni sui turni di lavoro. Queste sono le questioni in campo in un settore in cui, sui circa tre milioni di lavoratori, quasi l’80% sono donne.

Il decreto Monti ha liberalizzato aperture e orari di tutti gli esercizi commerciali, così abbiamo centri commerciali e negozi aperti 365 giorni l’anno dalle 9 alle 22/23, supermercati aperti 24h su 24 per 365 giorni, e questo purtroppo è solo l’inizio. Un lavoro incompatibile con un paese a corto di servizi per l’infanzia, che trasuda una violenza sottile rivolta alle lavoratrici madri, costrette a rinunciare alla propria autonomia economica e sociale solo perché hanno ceduto alla gioia di avere un figlio.

La riunione sta per finire e la paura è palpabile, quanto la volontà di riappropriarsi di una vita normale. La decisione l’abbiamo presa tutti assieme, la prossima settimana andremo a denunciare questo stato di cose al Ministero del Lavoro.

E’ mezzanotte: donne, mamme e coraggio che vince sulla paura. Questo è quanto porto con me questa notte, con la speranza che sia soltanto l’inizio del riscatto!!

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