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Fiumicino 2.0. Dall’incendio in poi, ben poco è cambiato

A quasi otto mesi dall’incendio del terminal 3 continuiamo a ricevere segnalazioni di lavoratori che continuano a stare male, molti sono precari.
In tanti si trascinano i danni subiti, molti altri accusano adesso malori, dopo mesi continuativi di lavoro in quelle aree. 
Sono molte le mostruosità che abbiamo visto in questi mesi. Da parte delle aziende che hanno anteposto il profitto davanti alla salute, ma anche da parte di quei dirigenti sindacali che avrebbero dovuto trovare gli strumenti per proteggere i lavoratori. Non solo perché lo stabiliscono le regole, lo impone la legge, ma come dovere morale.

Ed invece il bersaglio sono- ancora una volta- diventati i lavoratori. Quelli che si sono ammalati loro malgrado, quelli che si sono opposti, quelli che hanno cercato tutele. Sono diventati il bersaglio non solo delle aziende, ma anche degli altri lavoratori. In quella modalità che spesso si innesca con la paura per cui si confondono i ruoli, si dividono le responsabilità, si accettano le disparità.
Gli ultimi anni dentro questo aeroporto sono stati davvero duri, abbiamo assistito ad uno stravolgimento delle condizioni di lavoro. Una frantumazione dei lavoratori e un abbassamento delle tutele. In tutto questo il sindacato confederale ha avuto un ruolo devastante. 
Non solo perché complice, ma anche troppo spesso oppositore delle iniziative necessarie per protestare, per opporsi e fermare la deriva che ha colpito migliaia di lavoratori, licenziati, umiliati, abbandonati.
L’incendio di Fiumicino ha evidenziato ancora di più questa dimensione di solitudine in cui si sono trovati tanti lavoratori, perché si è toccata la salute, e il lavoro di chi è stato male. Perché si è andati a toccare la dimensione reale, quella del lavoro quotidiano, dei turni, dei ruoli professionali. La sensazione pesante, di non sentirsi sicuri sul proprio posto di lavoro. Nella salute e nella tutela del lavoro.

Per il sindacato progettare campagne politiche sui luoghi di lavoro, non solo è un obiettivo necessario per crescere dentro i settori, ma è un obbligo per arginare l’ accettazione della disoccupazione, la dequalificazione, l’annichilamento.
Dopo questa esperienza, per noi è ancora più necessario, perché siamo stati ancora una volta il paradigma di uno stravolgimento della dimensione sociale.
Ora più che mai il Diritto al lavoro, alla sicurezza, alla democrazia nei luoghi di lavoro, deve diventare un obiettivo comune. 
Andiamo avanti in un fronte comune, non solo per il consolidamento di USB, ma per i colleghi che in questi mesi hanno messo il proprio impegno per il diritto alla salute e al lavoro. A quelli che in blocco hanno lottato in prima linea insieme a noi per una battaglia di civiltà. 
La storia ci ha insegnato che la solidarietà è l’arma più forte che abbiamo. Dobbiamo impegnarci perché la lotta di pochi, diventi la ragione di tutti.

da Facebook

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