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Alenia/Nola e Selex di Giugliano: piovono pietre!

Non erano, purtroppo,infondate le preoccupazioni che, nei mesi scorsi, i compagni della Rete dei Comunisti avevano lanciato circa i possibili effetti antioperai del nuovo corso di Finmeccanica in Campania.

Attraverso il foglio di agitazione locale della RdC – Il Volantone Rosso – distribuito nei principali poli operai dell’area metropolitana napoletana avevamo denunciato i pericoli che si addensavano per i lavoratori a seguito degli annunci dell’amministratore delegato Moretti i quali erano forieri di nuovi e più sofisticati progetti di ridimensionamento degli stabilimenti campani e dell’intero Sud.

Del resto, solo nel giugno scorso, si è prodotta la cessione del sito Alenia di Capodichino (Napoli) all’imprenditore rampante, Gianni Lettieri – già discusso patron di Atitech nonché leader del centro destra nel Consiglio Comunale di Napoli – il quale ha immediatamente imposto la sua logica d’impresa con l’intero corollario dei collaudati strumenti di comando che puntano, esplicitamente, alla cancellazione di diritti, al disciplinamento autoritario della forza lavoro ed all’intensificazione della produttività.

Una vicenda, quella dell’Alenia Capodichino che è seguita alla chiusura di Alenia/Casoria e al significativo ridimensionamento del polo Ansaldo che pure vantava numerose commesse e progetti lavorativi.

Si apprende ora (Corriere del Mezzogiorno del 6/1/2015) che la strategia di Moretti e dell’intero management della “nuova” Finmeccanica punterebbe alla dismissione della Selex di Giugliano e dello stabilimento Alenia di Nola.

Una linea di condotta – quella di Finmeccanica – che tramite operazioni di dismissione, attraverso i cosiddetti spezzatini di aziende e gruppi omogenei, e con trasferimenti al Nord di importanti segmenti produttivi, come quelli afferenti al settore bellico, sta ridisegnando, con un forte segno antioperaio, la nuova geografia produttiva di ciò che residua della vecchia “industria di stato”.

Quello che si annuncia è un vero e proprio schiaffo in faccia ai lavoratori, ai precedenti accordi stipulati, che prevedono ben altro esito per queste fabbriche, e, soprattutto, è uno scandalo per gli svariati milioni di Euro di fondi pubblici che erano stati dirottati verso Finmeccanica per salvaguardare il futuro produttivo, l’occupazione operaia e la situazione sociale dei territori in cui insistevano ed ancora insistono questi poli operai.

Infatti, con buona pace dei piani industriali ed in barba ai vari protocolli d’intesa sottoscritti al Ministero e nelle Prefetture dobbiamo registrare che, nel corso di due anni, Finmeccanica ha disatteso e reso carta straccia tutti gli accordi sottoscritti.

Un comportamento arrogante che è stato reso possibile dall’aperta complicità di Fim e Uilm e dagli ondeggiamenti ed evidenti ambiguità politiche della Fiom sia nazionale che regionale.

Queste organizzazioni sindacali, a vario titolo, hanno spalleggiato la filosofia padronale, hanno alimentato la rassegnazione e la sfiducia tra i lavoratori ed hanno fomentato divisioni e contrapposizioni, nel corpo stesso della classe, frantumando e depotenziando le risposte operaie che pure non sono mancate.

Specie la Fiom, ed il suo gruppo dirigente in particolare, hanno mortificato e svilito l’impegno dei tanti delegati di base i quali, nonostante tutto, hanno alimentato le mobilitazioni e le lotte sfidando l’intransigenza padronale ed il clima da caserma che si sta diffondendo negli stabilimenti.

Le prossime settimane ci diranno, con più chiarezza, se gli annunci di guerra che Finmeccanica sta facendo trapelare sono l’antipasto di un nuovo affondo contro i lavoratori verso cui, però, occorrerà organizzare – facendo tesoro delle esperienze e degli errori del passato – una più forte e diffusa resistenza operaia. Una resistenza che dovrà vivere e diffondersi nelle fabbriche ma dovrà anche saper investire le filiere dell’indotto e le aree territoriali in cui sono insediati questi siti.

Ai tanti compagni e delegati di base, iscritti o non iscritti alle organizzazioni sindacali, il compito di dare vita ad una efficace campagna di denuncia della volontà padronale organizzando assemblee e momenti di discussione e di organizzazione.

Aspettare supinamente – come spesso è accaduto anche nel recente passato – che Fim, Uilm o la stessa Fiom chiamino i lavoratori alla lotta sarebbe una scelta negativa e suicida per gli interessi immediati e futuri degli operai.

Dare vita a fermate immediate della produzione, bloccare straordinari o altre richieste dell’azienda, ricercare da subito contatti e collegamenti diretti con tutti i lavoratori dell’universo Finmeccanica, sottrarsi ad ogni forma di ricatto, esplicito o subdolo, di fare affidamento su quelle forze politiche che, nei fatti, sostengono la dirigenza Finmeccanica sono i passaggi politici, sindacali ed organizzativi che i lavoratori ed i delegati coscienti dell’attuale posta in gioco devono sollecitare e mettere in campo da subito.

La Rete dei Comunisti non farà mancare il suo appoggio a questa necessità di difesa operaia e di ripresa del conflitto sostenendo non solo le mobilitazioni che si concretizzeranno ma anche la costruzione di ogni forma di indipendenza ed autonomia di tutela degli interessi operai.

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