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Modena. Alla Castelfrigo battaglia sui diritti

Nove giorni di sciopero e picchetti davanti allo stabilimento è questo lo strumento che hanno utilizzato i lavoratori della Castelfrigo di Castelnuovo Rangone, nel primo entroterra Modenese.

Una mobilitazione che ha di fatto coinvolto la maggior parte dei lavoratori che rivendicavano il diritto al lavoro, ad essere riconosciuti con dignità come uomini e donne e non essere considerati solo parte della produzione da gestire a basso costo.

La Castelfrigo é un’azienda leader nel settore della lavorazione carni, specializzata in modo particolare nel sezionamento delle carni suine fresche, in grado di lavorare e consegnare il prodotto finito fresco (pancetta, costine, ecc. ) entro le 24/48 ore dalla macellazione. Ed è anche per questo motivo che non sono stati facili questi giorni di mobilitazione, culminati anche in momenti di tensione tra lavoratori in sciopero, colleghi “crumiri” e forze d’ordine. Una situazione con irrequietezza crescente che si è arrestata solo in Prefettura grazie ad un accordo firmato tra le parti, alla presenza del prefetto Michele Di Bari e del presidente della Provincia Gian Carlo Muzzarelli. Un vittoria della mobilitazione che ha permesso ai lavoratori di mettere “nero su bianco” tutte le richieste sindacali.

La Castelfrigo e le due coop Ilia-Work Service, infatti, con quella firma si sono impegnate a risolvere i problemi delle condizioni dei lavoratori del sito e a riconoscere la clausola sociale nei cambi di appalto con diritto di precedenza del posto di lavoro per gli addetti attualmente in forza. Ma soprattutto, la corretta l’applicazione del contratto della cooperazione alimentare, con una gradualità di un anno e mezzo, al posto del contratto del facchinaggio, finora applicato ai lavoratori della carne. Lavoratori a cui, oltre ad essere sfruttati con un contratto che non rispettava le loro reali mansioni, veniva trattenuta una quota di salario, che ora sarà eliminata, per il lavaggio del vestiario.

Quello che è avvenuto a Modena in questi giorni non solo ha dimostrato che la mobilitazione per la rivendicazione dei propri diritti riesce ad ottenere dei risultati, ma ha avuto un altro importante significato. Per la prima volta, dopo ormai troppo tempo, i lavoratori e le organizzazioni sindacali – spesso divise e contrapposte tra loro – sono riusciti a concentrare le proprie forze su un obiettivo da troppo tempo dimenticato: la difesa della dignità e del diritto dei lavoratori ad avere un lavoro giustamente retribuito. Il loro diritto a difendere e ad avere applicato un Contratto Nazionale che da troppo tempo subisce un disonesto attacco ad opera delle organizzazioni imprenditoriali ed in particolari da Confindustria. La stessa che guarda caso, ha deciso di firmare quell’accordo solo per “motivi tecnici”. Ovvero la libertà e possibilità di partecipare ad uno specifico tavolo futuro, che speriamo coinvolga tutti gli organi istituzionali, sul comparto carni, settore fondamentale in termine di occupazione ed economia nella nostra regione e provincia.

La mobilitazione dei lavoratori della Castelfrigo ha evidenziato inoltre, e finalmente, una problematica purtroppo sino ad ora per convenienza ignorata: lo sfruttamento di lavoratori falsi “soci” in cooperative fasulle e la deregolamentazione reale di un settore che con concorrenza sleale basata sullo sfruttamento soprattutto di lavoratori immigrati, sta mettendo in pericolo, anche sanitariamente parlando, un settore fortemente in crisi.

Questa non è solo una rivendicazione politica e sindacale; sono infatti le stesse dichiarazioni rilasciate da Roberto Ciriesi, amministratore dell’azienda di Castelnuovo Rangone, a confermarlo. Egli infatti afferma che le nuove regole contrattuali, richieste dai lavoratori e dai sindacati, devo essere riviste per l’intero sistema e non per la singola azienda; che è un problema regionale, nazionale e di comparto. Una normalizzazione sino ad oggi rifiutata ed impedita anche grazie all’uso di vigilantes privati pagati dalla proprietà che in più occasioni hanno provocato i lavoratori in sciopero.

Quelle dichiarazioni non sono altro che l’ammissione di una deregolamentazione, in equilibrio su una norma di legge, dove i lavoratori non contano nulla. Una deregolamentazione di cui ora e subito dovrebbero occuparsi la magistratura e soprattutto l’ispettorato del lavoro.

Il settore carni, come altri, con una forte presenza di piccole cooperative, non può e non deve rimanere un sistema produttivo dove conta solo il profitto di pochi a discapito dello sfruttamento di molti altri. Uno sfruttamento così evidente che non ha lasciato insensibili i lavoratori di questo comparto che hanno portato la loro solidarietà davanti a quei cancelli. Un fattivo sostegno concretizzato anche con la partecipazione di delegati e lavoratori di altri settori e di altre province.

In questa prima battaglia per il diritto e quindi per la democrazia, non possiamo dimenticare il ruolo avuto nella vicenda delle organizzazioni sindacali come la FLAI CGIL e l’importante mobilitazione e collaborazione nella riuscita della rivendicazione dei lavoratori in sciopero, dei Cobas presenti nelle altre cooperative coinvolte per precettare il lavoro della Castelfrigo. Gli stessi, consapevoli che quella battaglia avrebbe contribuito a tutelarli, che si sono rifiutati di lavorare le carni da loro provenienti.

Il segretario provinciale Flai-Cgil Marco Bottura, nel riassumere la vertenza, ha affermato che “l’accordo risolve un problema contingente come quello della Castelfrigo, ma magari può essere di riferimento per altre aziende del settore”. Un segno questo molto importante e un inizio fondamentale per estendere a tutte le cooperative di questo settore la rivendicazione sociale oggi sempre più necessaria.

Troppo è stato sino ad ora concesso e non possiamo più tollerare che con il ricatto della crisi violentino ulteriormente lo Statuto dei Lavoratori e la Costituzione stessa.

 

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