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Almaviva. Il “nuovo” accordo somiglia a quello già bocciato

L’accordo su Almaviva c’è, ma si tratterà di vedere in concreto cosa prevede, perché dalle prime indiscrezioni emerse tra una dichiarazione entusiastica e l’altra il contenuto è tutt’altro che chiaro.

Dopo un giorno e una notte di “trattative” tra sindacati e azienda, davanti al vicemistro del lavoro Teresa Bellanova, l’intesa ferma la partenza delle lettere di licenziamento per 3.000 dipendenti (1.670 a Palermo, 918 a Roma e 400 a Napoli).

Di fatto, con il prolungamento per altri sei mesi dei “contratti di solidarietà” in vigore da quattro anni.

Certezze lavorative poche, ma ammortizzatori sociali a basso costo (senza dimenticare che gli “ammortizzatori” vengono chiesti dalle aziende, che ne beneficiano riducendo a zero o quasi la spesa per salari, che passa carico dello Stato).
Stando alle prime voci, infatti, l’accordo prevede un “tavolo permanente sui call center”, a cadenza mensile per “monitorare l’applicazione del programma” fissato durante la trattativa.

Si capisce che i licenziamenti saranno soltanto diluiti nel tempo dal fatto che le Regioni (Campania, Lazio, Sicilia) si sono impegnate a finanziare programmi di formazione e riqualificazione dei lavoratori. Illuminante anche il punto in cui si prevede serie di verifiche per “monitorare la riduzione delle eccedenze nei tre siti con una riduzione del 5% a trimestre” dopo i primi mesi. Insomma: licenziamenti a rate, invece che tutti insieme a partire dal 5 giugno.
L’azienda, dal canto suo, dovrà “ridurre gradualmente il ricorso alle misure del sostegno al reddito attraverso l’incremento dei volumi di lavoro”. Ovvero riceverà meno cassa integrazione e/o contratti di solidarietà se riuscirà ad aumentare le commesse. Un futuro incerto che rende l’impegno a non abbandonare la sede palermitana di via Marcellini una promessa tutta da verificare.
L’accordo ricalca insomma con poche modifiche quello bocciato da un referendum tra i lavoratori con una maggioranza schiacciante all’inizio di maggio.

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