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Lettera aperta sull’accordo per il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego

È davvero curioso leggere tra i primi punti del cosiddetto accordo sul pubblico impiego del 30 novembre l'impegno a ripristinare corrette relazioni sindacali.
È curioso, per usare un eufemismo, che lo si dica mentre si violano regole e democrazia  escludendo dal confronto  organizzazioni sindacali rappresentative come la USB .


E  questo  a poche ore dalla celebrazione di un referendum sulla nostra Carta Costituzionale a cui il Governo affida la propria sopravvivenza politica. Cgil, Cisl e Uil si sono prestate di fatto a dare al governo un corposo sostegno nel tentativo di ingraziarsi gli oltre tre milioni di lavoratori pubblici, e l'indotto delle loro famiglie, stremati da anni di mancati rinnovi contrattuali, da carichi di lavoro sempre più pesanti a fronte della scomparsa di oltre 300mila posti di lavoro, da una campagna diffamatoria senza precedenti. Al di là delle chiacchiere e delle interviste, i tre segretari confederali si sono all'unisono di fatto  schierati per il SI’ alla deforma costituzionale.


Se poi si vuole entrare nel merito di quanto scritto tra le righe del documento politico congiunto, che nelle intenzioni degli estensori dovrebbe poi trovare applicazione  nella  trattativa vera e propria,  emergono dei fatti davvero gravi, primo fra tutti l'introduzione del welfare aziendale nei contratti. Con questa decisione il sindacato complice si è oggettivamente schierato dalla parte dei demolitori della funzione universale del welfare state. Finanziare  con  parte delle scarsissime risorse previste per i rinnovi contrattuali l’introduzione di  benefit sostitutivi della previsione Costituzionale di avere  tutti diritto a  servizi sociali, scolastici, sanitari e previdenziali di qualità, significa di fatto consentire che i servizi ai cittadini della Repubblica possano essere depotenziati fino a renderli residuali e destinati unicamente a coprire le esigenze delle fasce più disperate della popolazione.


Questa scelta scellerata non riguarda solo il contratto del pubblico impiego, ma anche quello appena sottoscritto da FIOM FIM e UILM, di nuovo unitariamente, per i metalmeccanici e di fatto rappresenta la nuova frontiera del modello contrattuale a cui aspirano i padroni e i sindacati concertativi che ottengono come contropartita la gestione dei fondi pensione, degli enti bilaterali etc.


Ovviamente la questione che maggiormente salta agli occhi dei più  è il fatto che si annuncia, dopo anni e anni di vuoto economico, che ci saranno 85 euro medi e lordi nel 2018 per rinnovare i contratti. Sorvolando sui meccanismi piuttosto complessi che si vorrebbero attuare facendo mostra di voler "rovesciare la piramide",  in un settore in cui ogni lavoratore ha perso migliaia e migliaia di euro di mancati rinnovi, c'è sicuramente da dire che è insultante e vergognoso immaginare che un  piatto di lenticchie possa minimamente essere sufficiente a sanare quanto perso negli anni passati e a riequilibrare la forbice retributiva.


Così come decidere di rimettere mano solo parzialmente agli abomini introdotti dalla rifoma Brunetta è assolutamente insufficiente perché tale riforma va abrogata totalmente. Oltretutto, l’accordo sottoscritto da Cgil, Cisl e Uil non affronta  le norme capestro introdotte dalla Ministra Madia, come il demansionamento e la mobilità coatta,  confermando in modo palese che anche questo governo, e le confederazioni che hanno sottoscritto il documento, si muovono nel solco già tracciato dello smantellamento e della privatizzazione del lavoro pubblico.

Il colpo inflitto alla Riforma Madia dalla Corte Costituzionale e la necessità di rimetterci mano, a esiti del referendum conosciuti,    non consentirà di rinnovare i contratti in breve tempo.
 Sarà in questo lasso di tempo che dovremo lottare per gettare a mare l’intera riforma Madia e l’accordo sottoscritto lo scorso 30 novembre  e  costruire contratti che restituiscano funzione alla Pubblica Amministrazione  e  risolvano i problemi  strutturali dei lavoratori pubblici.
Partiamo dal basso, dai posti di lavoro, per respingere questa ignobile marchetta elettorale di Cgil-Cis e Uil, insieme a tutt@ coloro che come noi  fanno della democrazia, della  partecipazione, della difesa reale dei diritti dei lavorator@ i capisaldi del loro agire sindacale.

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