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IBM. Raffica di licenziamenti. Delocalizzazione e profitti contro i lavoratori

È di ieri la lettera alle organizzazioni sindacali con cui IBM annuncia l’apertura delle procedure per il licenziamento collettivo per 184 dipendenti e 60 dirigenti, sparsi su tutte le sedi italiane.

Le aree coinvolte sono: Sales Transaction Support  (STS), con  66 lavoratori in esubero perché IBM intende spostare le attività verso le sedi di Bratislava, Praga, Budapest, Dublino e Madrid, dove per l’azienda sono più convenienti costo del lavoro e regime fiscale; la Global Business Services (GBS), con 47 licenziamenti giustificati con il presunto basso valore aggiunto che caratterizza alcune attività e figure di quest’area; la Global Techology Services (GTS), nei suoi rami Infrastructure Service (IS) e Technology Support Services, rispettivamente con 31 e 40 lavoratori dichiarati in esubero, ben 71 licenziamenti motivati con il costo della forza lavoro, la contrazione della domanda ed altre giustificazioni di carattere generale.

Come per le recenti ristrutturazioni, che hanno già prodotto oltre 700 licenziamenti, IBM dichiara che non possono essere utilizzati altri ammortizzatori sociali o part time perché, a suo dire, gli esuberi sarebbero strutturali, chiudendo così lo spazio a qualsiasi reale trattativa.

Secondo l’USB Lavoro Privato, la strategia di IBM è nota da tempo e quest’ultima ondata di licenziamenti conferma il disegno della multinazionale di liberarsi del personale con anzianità e profili ritenuti costosi, appaltando lavoro all’esterno, verso aziende controllate come il CIC, o trasferendo attività in paesi dove i lavoratori hanno salari più bassi e meno diritti. 

Una politica sbagliata e ingiusta nei confronti dei lavoratori e delle loro famiglie, che vede IBM sottrarsi a un reale confronto preferendo scaricare sullo Stato i costi della ristrutturazione. 

Per contrastare questo disegno l’USB metterà in campo tutte le iniziative possibili, sin dallo stato di agitazione dichiarato già da oggi in tutti le sedi IBM.

 

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