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Tim. “Il lavoro non è più un diritto” per regolamento aziendale

TIM – a seguito della DISDETTA degli accordi del 2008 – ha emanato/imposto un nuovo Regolamento Aziendale, in cui vengono disciplinate le principali norme che regolano i comportamenti organizzativi in azienda, che di fatto riforma la struttura della contrattazione. Con questo regolamento non solo si tenta di ridimensionare il contratto collettivo nazionale, ma anche di rovesciare l'intero sistema delle relazioni sindacali e abbattere il potere di contrattazione sindacale sia rispetto alle retribuzioni che sull'aspetto normativo.

Con questa operazione, auspicata da Confindustria e avallata con la "riforma del Lavoro", si è realizzato il sogno di molti imprenditori che “Il lavoro non è più un diritto”; ovvero che la contrattazione collettiva, che doveva servire a tutelare i lavoratori, deve invece favorire l'impresa e la produzione, con questi obiettivi:

  • Ridimensionamento del contratto nazionale riducendo in modo sostanziale il peso che si limiterà a segnare indicatori generali sia sul piano normativo che sul piano economico;

  • I contenuti del contratto collettivo nazionale, sia sulla parte economica che su quella normativa, sono derogabili "automaticamente", con la possibilità di derogare “in peius” sia sulle norme (flessibilità) sia sulle questioni salariali (incrementi legati solo alla produttività);.

  • Il secondo livello di contrattazione (aziendale) sarà legato rigidamente solo a sostenere la produttività di impresa e la sua redditività, vincolando rigidamente il salario alla produttività. Altro non è se non un progetto di balcanizzazione contrattuale che delocalizza la responsabilità delle scelte, che tolgono tutele di equità e di giustizia sociale nel mondo del lavoro, rendendo nei fatti impossibile qualsiasi difesa dei lavoratori.

  • Cancellando ogni salvaguardia dello specifico professionale, con conseguente mortificazione economica e normativa per tutti.

Per quanto abbiamo assistito in questi giorni, in particolare con l’atteggiamento di alcune OO.SS. (vedi Verbale incontro del 10 marzo), possiamo tranquillamente parlare di rafforzamento del "collaborazionismo", tanto caro all'ex ministro Sacconi che lo definì addirittura “complicità”, tra imprese e sindacati tramite il Comitato paritetico Confindustria-Cgil, Cisl e Uil. Grazie al Protocollo del 31 maggio 2013, che regola la materia di rappresentanza e rappresentatività, anche in applicazione del precedente accordo del 28 giugno 2011, in cui si sancisce che Imprese e Cgil, Cisl, Uil costituirebbero Enti cosiddetti "bilaterali", che avranno compiti di verifica ed orientamento delle politiche contrattuali, con il compito di valutare come e quanto derogare dalle norme contrattuali a livello aziendale e locale, ed infine per imporre coerenze comportamentali dei soggetti contrattuali, con il potere di emanare provvedimenti e penalità contro i trasgressori.

In questo modo il sindacato cesserebbe di svolgere il ruolo di tutela dei lavoratori, lasciando i propri dirigenti e i propri iscritti nelle mani delle controparti senza più garanzie e tutele contrattuali nazionali.

Le parti sedute al tavolo non stanno discutendo di come rendere più o meno efficace la tutela salariale per i lavoratori, ma come e su cosa fondare i nuovi sistemi di relazioni sindacali che diano, anche in questo particolare momento di debolezza sindacale, riconoscimento formale alle sole organizzazioni Confederali.

Per questo invitiamo a partecipare all’assemblee sull’ipotesi di Piattaforma di 2 LIVELLO delle sigle sindacali autonome, di base e conflittuali in difesa di un rinnovo contrattuale determinando in prima persona delle cose che ci riguardano, riducendo il concetto di delega e alzando la testa e non aspettare passivamente di subirne le conseguenze.

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