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Ricercatori precari in lotta. Prefigurazione di un paese al buio

Le piazze di Firenze hanno visto giovedi muoversi figure strane: camici bianchi, maschere da anonimi. Si trattava dei ricercatori di vari istituti di ricerca in lotta per la stabilizzazione di fronte alla minaccia del licenziamento. Quelle che sono le migliori risorse di un paese vengono trattati come merce, da buttare via magari dopo anni di contratti ballerini. In piazza c’erano i ricercatori CNR occupato da quasi un mese a Pisa, dell’Indire, dell’Ispra, dal Crea.

E proprio da Pisa fanno sapere che in queste ore così decisive, non solo per il futuro di 8.800 famiglie ma soprattutto per l’intero mondo della Ricerca Pubblica italiana, il CNR OCCUPATO di Pisa supportato da USB rende ancor più visibile la sua richiesta per conto di tutti gli EPR, affiggendo un enorme striscione sul tetto dell’edificio principale. “A poche ore dalla votazione in Senato degli emendamenti alla Legge di Bilancio, con questo gesto vogliamo dimostrare di essere determinati e pronti a tutto.
Gli emendamenti che prevedono l’assunzione di 8.800 unità di personale sono tuttora ammissibili e saranno oggetto di votazione nei giorni di sabato e domenica.
“Siamo dunque pronti a mettere in atto tutte le forme di protesta che riterremo necessarie in supporto alle nostre istanze. L’occupazione continua, la lotta non si fermerà sino a quando non otterremo 8.800 stabilizzazioni”.

Quella vista in piazza è la prefigurazione del futuro che attende la ricerca italiana se mancheranno gli investimenti. Perché, è inutile girarci intorno: “A fronte di un momento legislativo favorevole – dice Emma Persia, ricercatrice romana e attivista dell’Usb – se non verranno destinate le risorse, l’art. 20 del decreto Madia, che permette la stabilizzazione dei precari, non riuscirà a contenere tutti gli 8.800 ricercatori che, fra co.co.co, contratti a tempo determinato e assegni di ricerca, stanno dando all’Italia un contributo di eccellenza”.

Insomma, la questione è non solo la specifica legislativa, ma si incardina in due punti, i soldi per rendere concreta la legge e il fatto che a essere “salvati” dalla precarietà siano tutti i ricercatori che si trovano da anni in una situazione di completa instabilità.

La vicepresidente del Senato, Monica Di Giorgi ha dichiarato che “Sono circa 8800 i precari della ricerca che vivono e lavorano in condizioni di incertezza cronicizzata, nocive per le loro vite e per questo Paese. L’Italia – aggiunge Di Giorgi – non può permettersi di perdere ricercatori qualificati la cui esperienza è costata molti sacrifici a loro e molte risorse pubbliche a tutti noi. La ricerca non è un costo ma un investimento centrale per lo sviluppo economico, sociale e culturale di una Nazione e la ricerca si fa con le persone”. Ieri la sede del CNR a Roma è stata occupata dai precari che chiedono la stabilizzazione, mentre agitazioni sono in corso anche al Cnr di Palermo.

I ricercatori precari sono ormai in mobilitazione ovunque dopo essersi materializzati in molte altre piazze, con flash mob, occupazioni, lo sciopero del 10novembre, incontri, lettere a senatori e governo, un percorso che fin dall’inizio porta avanti una piattaforma che comprende tutti i precari degli Enti di Ricerca che sono circa 8800, un esercito di cervelli che lo Stato sta dismettendo con una logica folla, burocratica… europea

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