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Le strategie Atac sulla sicurezza: cercare il morto

In tutto il mondo del lavoro, a partire dalle fabbriche, dalle tristi cronache dell’ILVA di Taranto, fino ai trasporti come le ferrovie, con il loro lungo elenco di omicidi sul lavoro e non (basti citare la strage di Crevalcore: 17 morti e 20 feriti), la questione della sicurezza viene drammaticamente trattata dalle imprese unicamente come un costo.

A questa logica di economia spicciola, di profitto, si aggiunge la costante minaccia di licenziamento verso quei lavoratori e lavoratrici che denunciano le inadempienze aziendali, le superficialità con cui i mezzi di trasporto e/o comunque mezzi di lavoro vengano mal gestiti e mal manutenuti.

L’esplosione del bus ATAC nelle vie centrali della città di Roma ha sicuramente “fatto rumore”, forse un po’ meno del bus esploso a Modena pochi giorni dopo o di tanti altri mezzi pubblici che prendono fuoco per le vie di tante altre città. I politici, quelli vecchi e quelli che si considerano “nuovi”, si limitano a tirare la corda verso la logica del “privatizzare” al fine di risolvere tutto. Ogni occasione sembra essere unicamente sfruttata a questo scopo.

Lo è a Roma per l’ATAC, lo è a Napoli per la ANM, lo è a Torino per la GTT dove pesanti piani industriali e aggressioni ai livelli occupazionali la fanno da padrone.

Eppure il declino della sicurezza per i lavoratori e per i cittadini parte proprio con l’esternalizzazione dei servizi, delle manutenzioni attraverso i famigerati appalti con gare al maggior ribasso. Lo ripetiamo: lavoratori sottopagati, servizi inefficienti, manutenzioni scadenti per garantire profitto sia alle false cooperative che alle grandi aziende multinazionali. Una equazione che vale per le fabbriche come per gli edili, per i trasporti come per tutti quei lavori esposti a innumerevoli rischi.

L’ATAC di Roma, gli amministratori capitolini vecchi e nuovi non sono da meno; cominciamo a pensare che si stia aspettando il morto prima di mettere mano alla questione sicurezza, prima di garantire al proprio personale i giusti strumenti e i pezzi di ricambio per lavorare in modo dignitoso, prima di consegnare ai conducenti mezzi decenti in grado di fare servizio… A meno che non si stia orchestrando il completo degrado al fine ultimo di giustificare l’ingresso del privato santificandolo come “salvatore della patria”.

Deprime vedere una azienda pubblica, tra le più grandi dell’Europa, sospendere una lavoratrice che racconta quello che tutti i cittadini già sanno. Probabilmente la società ATAC invocherà il codice etico, il rapporto fiduciario con la dipendente allo scopo di punire, di licenziare chi ha raccontato l’evidente, il quotidiano.

Una rabbia aziendale giustificabile solo con il timore che i cittadini che restano ogni giorno a piedi prendano coscienza che il problema non è l’assenteismo dei lavoratori né lo sciopero di turno, ma una gestione che da sempre ha solo provveduto a depredare denaro pubblico ed ora pensa di risanare l’azienda esclusivamente sulle spalle dei lavoratori, con carichi di lavoro sempre più intollerabili, con piani industriali che non vedono più avanti del proprio naso per poi svendere al privato di turno.

Ma fermatevi, fermatevi adesso; evitate di continuare a cercare il morto… perché di omicidio si tratterà!

L’ Unione Sindacale di Base, sui temi sicurezza, orari e ritmi di lavoro, pensioni, lotta contro la privatizzazione e messa a gara dei servizi pubblici è da sempre in prima fila; sono temi sui quali non abbiamo alcuna intenzione di mollare.

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