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Amianto: in campo cittadini e magistrati. Malgrado Monti

Continua a Casale Monferrato il braccio di ferro sulla decisione dell’amministrazione comunale di accettare un risarcimento da parte della Eternit in cambio del ritiro del comune dalle parti civili nel procedimento penale in corso. Una decisione presa dal consiglio comunale il 16 dicembre ma rimessa in discussione poi dopo l’intervento del Ministro della Salute e le veementi proteste di associazioni e cittadini. Associazioni e cittadini che torneranno a manifestare domani, con una fiaccolata convocata alle 17 in piazza Castello e poi una maratona musicale all’auditorium San Filippo: la parola d’ordine è ‘No ai soldi del diavolo’. Il diavolo nella fattispecie è il barone Stephan Schmidheiny, miliardario residente che fa la spola tra la Svizzera e il Costarica, ritenuto tra i maggiori responsabili di una strage impressionante di operai della multinazionale e di cittadini della cittadina piemontese andata avanti per decenni in nome del profitto. Il risarcimento – 18,3 milioni – non può e non deve cancellare le responsabilità penali di Schmidheiny e dei suoi compari, e poi il processo su Casale ha un valore simbolico e giuridico di carattere internazionale. A metà gennaio il sindaco Demezzi incontrerà i ministri di Sanità, Ambiente e Sviluppo economico e chiederà ancora che, in cambio del suo no al risarcimento da parte della multinazionale, il governo si faccia carico – soprattutto economicamente – del problema. Come dire: pecunia non olet…
In effetti però il problema della bonifica del territorio – le fibre di amianto accumulate ovunque continuano a mietere vittime anche se lo stabilimento è fermo da anni – è una priorità e ce lo hanno chiaro anche i familiari delle vittime riunite nell’Afeva. «Durante l’incontro, abbiamo fissato un percorso a tappe che prevede una prima riunione a Roma per garantire le bonifiche e promuovere la ricerca sul mesotelioma. Una seconda avverrà dopo la sentenza del 13 febbraio, con l’obiettivo di attivare un coordinamento tra tutti gli Enti, locali e nazionali, costituiti come parte civile al processo, per gestire nel modo più efficace possibile le fasi successive alla sentenza e le iniziative necessarie a ottenere i dovuti risarcimenti» spiegano all’associazione.

Quello intorno alla Eternit è sicuramente il processo più importante sulle responsabilità delle aziende, ma altri sono in corso in tutto il paese. Sempre a Torino è in corso un procedimento a carico di alcuni dirigenti della Rai. L’altro ieri i 13 dirigenti locali e nazionali del servizio pubblico che erano stati invitati a comparire dal pm Raffaele Guariniello non si sono però presentati. Sono tutti indagati per l’ipotesi di reato di omicidio colposo relativamente alla morte di un funzionario dell’azienda per mesotelioma pleurico dovuto all’esposizione a fibre di amianto. Il decesso dell’uomo, che aveva 70 anni ed era in pensione dopo avere lavorato nel palazzo torinese della Rai di via Cernaia tra il 1967 e il 1999, risale al 2009. L’inchiesta ha accertato che l’amianto era presente nelle intercapedini dell’edificio, costruito negli anni ’60, e che si disperdeva durante le attività di manutenzione dei pannelli di rivestimento oppure a causa del degrado della coibentazione posta a rivestimento delle strutture. La procura sta valutando i casi di altri decessi analoghi di ex dipendenti della Rai che hanno lavorato nello stesso palazzo di via Cernaia, noto per essere stato oggetto della prima condanna per omicidio colposo a causa di amianto in Italia, che riguardò i titolari dell’impresa edile Beraud, che aveva effettuato parte dei lavori di coibentazione dell’edificio nel 1964 e nel 1992 un suo ex operaio morì per mesotelioma pleurico. Dopo la condanna in primo grado vi fu l’assoluzione in appello, mala Cassazione ordinò di rifare il processo, che si chiuse con un nuovo verdetto di condanna. Dall’inchiesta risultò che ai tempi si usava l’Asbestospray, una miscela di fibre di amianto e resine viniliche, come coibentante, insonorizzante e antincendio. Veniva spruzzato sulle strutture portanti e sulle pareti. Secondo la procura, «nel cantiere di via Cernaia mancava un sistema di aspirazione, il minerale sollevava polvere, non veniva imposto l’uso di adeguate misure protettive» nonostante si conoscessero da tempo gli effetti cancerogeni della fibra.

Un’altra inchiesta è in corso anche in Emilia Romagna: il Pm Roberto Ceroni della Procura di Ravenna ha disposto nei giorni scorsi accertamenti medico-legali sulla morte di un sessantaquattrenne originario di una frazione della città romagnola e deceduto poco prima di Natale all’hospice di Forlimpopoli (Forlì-Cesena) presumibilmente a causa di una patologia legata all’esposizione da amianto sul lavoro. La decisione del magistrato rientra nell’ambito di una maxi inchiesta su alcune decine di decessi di altrettanti lavoratori che, così come il sassantaquattrenne, avevano lavorato per anni all’Anic-Enichem e che hanno perso la vita a causa di un mesotelioma pleurico spesso contratto diverso tempo dopo il pensionamento. L’indagine, che abbraccia il periodo che va dal 1956 al 1992 e che ha attinto anche da diversi documenti Inail e dalle audizioni di un centinaio di lavoratori, dovrebbe chiudersi entro l’estate. Tra gli indagati iscritti come atto dovuto c’è anche il da tempo scomparso Enrico Mattei.

Il Pm Ceroni a suo tempo aveva avuto vari incontri alla Procura di Torino, all’avanguardia in merito a inchieste sull’esposizione all’amianto nei luoghi di lavoro. Un pool, quello di Torino attorno a Raffaele Guariniello, che però a causa di una decisione governativa potrebbe essere presto sciolto creando un danno gravissimo alle inchieste in corso e alla possibilità di creare una giurisprudenza ad hoc su questo tipo di questioni.

Per non parlare della norma contenuta nella cosiddetta “manovra salva Italia” varata poche settimane fa dal governo Monti, che all’articolo 6 prevede la sospensione a tempo indeterminato delle cause di servizio del settore pubblico. I dipendenti statali non potranno più citare il datore di lavoro per danni alla salute e per infermità provocate da sostanze nocive compreso l’amianto. La norma recita: “Ferma la tutela derivante dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, sono abrogati gli istituti dell’accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata”.

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