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Aldrovandi. Un appello chiede: “Via dalla polizia gli agenti condannati”

Sono passati parecchi giorni ormai da quando la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva a 3 anni e 6 mesi di prigione i quattro agenti di Polizia che il 25 settembre del 2005 causarono la morte del giovanissimo Federico Aldrovandi durante un controllo in strada, a Ferrara. È passato troppo tempo dal 21 giugno, giorno del pronunciamento di una sentenza importante ma poco più che simbolica, visto che i 4 poliziotti non sconteranno neanche un giorno di carcere, visto che 3 anni gli sono stati condonati in quanto prescritti. Tutti attendevano almeno un provvedimento disciplinare da parte delle autorità di Pubblica Sicurezza e una presa di posizione forte del Ministero degli Interni dopo che per tutti questi anni, nonostante le condanne in primo e secondo grado, gli agenti violenti non erano mai neanche stati sospesi dal servizio. Ma nessun provvedimento è stato deciso contro Monica Segatto, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Enzo Pontani. Dopo la sentenza Forlani si era addirittura scatenato su internet, pubblicando post offensivi e insultanti nei confronti di Patrizia Moretti, la madre del giovane ucciso, da sempre in prima linea per stabilire la verità su quanto accadde quella notte a Ferrara. Quando i post offensivi pubblicati sul profilo Facebook dell’associazione di ex appartenenti alle forze dell’ordine Prima Difesa vennero resi noti dalla stampa, Forlani pensò bene di chiedere ‘scusa’ dicendosi vittima di un fraintendimento. Scuse strumentali e fuori tempo massimo, ovviamente respinte al mittente dalla mamma di Federico che ora sembra giustamente aver perso la pazienza. E così lei, il papà della vittima Lino Aldrovandi e il fratello Stefano, il 29 giugno hanno reso pubblico un appello affinché ai quattro poliziotti venga tolta la divisa. D’altronde ogni garantismo – a senso unico – è fuori luogo visto il carattere definitivo della condanna nei loro confronti da parte della Cassazione. 

Il documento redatto dal Comitato Giustizia per Aldro ha raccolto finora le firme dei parenti di numerose vittime della violenza di Stato: da Haidi e Giuliano Giuliani a Ilaria Cucchi, da Lucia Uva a Rudra Bianzino a Domenica Ferulli. Ma anche i consensi di intellettuali, artisti, attivisti dei movimenti: da Don Andrea Gallo all’attore Valerio Mastrandrea, dagli scrittori Erri De Luca e Valerio Evangelisti a Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto. E poi il vignettista Vauro, i Wu Ming, Marcella Zappaterra, presidente della Provincia di Ferrara, il presidente dell’Arci Paolo Beni, Italo Di Sabato dell’Osservatorio sulla repressione, Nicoletta Dosio del movimento No Tav, i giornalisti Checchino Antonini e Cinzia Gubbini. Che chiedono che i quattro agenti “vengano estromessi dalla Polizia di Stato, poiché evidentemente non in possesso dell’equilibrio e della particolare perizia necessari per fare parte di questo corpo”.
L’appello non si circoscrive al caso Aldrovandi. I firmatari chiedono che “venga stabilito in maniera inequivocabile che le persone condannate in via definitiva, anche per pene inferiori ai 4 anni, siano allontanate dalle forze dell’ordine, modificando ove necessario le leggi e i regolamenti attualmente in vigore” che che siano stabilite, per legge, “modalità di riconoscimento certe degli appartenenti alle forze dell’ordine, con un numero identificativo sulla divisa e sui caschi o con qualsivoglia altra modalità adeguata allo scopo”. Gli estensori dell’appello fanno propria anche la storica richiesta che, anche in Italia, venga sanzionato il reato di tortura, rispondendo così ai finora inascoltati appelli delle istituzioni internazionali.

 

Di seguito la versione integrale dell’appello (l’elenco aggiornato delle adesioni su www.giustiziaperaldro.it)

Il 21 giugno 2012 la Cassazione si è espressa in modo definitivo sul caso di Federico Aldrovandi, il diciottenne ucciso durante un controllo di Polizia all’alba del 25 settembre del 2005 a Ferrara. La Corte ha confermato la condanna dei quattro poliziotti per eccesso colposo in omicidio colposo riprendendo così le sentenze di primo e secondo grado.

Alla luce della sentenza, chiediamo:

che i quattro poliziotti, condannati ora in via definitiva, vengano estromessi dalla Polizia di Stato, poiché evidentemente non in possesso dell’equilibrio e della particolare perizia necessari per fare parte di questo corpo;
che venga stabilito in maniera inequivocabile che le persone condannate in via definitiva, anche per pene inferiori ai 4 anni, siano allontanate dalle Forze dell’Ordine, modificando ove necessario le leggi e i regolamenti attualmente in vigore;
che siano stabilite, per legge, modalità di riconoscimento certe degli appartenenti alle Forze dell’Ordine, con un numero identificativo sulla divisa e sui caschi o con qualsivoglia altra modalità adeguata allo scopo;
che venga riconosciuto anche in Italia il reato di tortura – così come definita universalmente e identificata dalle Nazioni Unite in termini di diritto internazionale – applicando la Convenzione delle Nazioni Unite del 1984 contro la tortura e le altre pene o trattamenti inumani, crudeli o degradanti, ratificata dall’Italia nel 1988.

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