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Rapì un quindicenne, otto anni di carcere a un poliziotto

Per pagare i pesanti debiti di gioco che aveva contratto, il 13 dicembre del 2011 aveva rapito il compagno di scuola quindicenne di suo figlio. E poi aveva chiesto, in cambio della sua liberazione, al padre dell’adolescente, un imprenditore.
Massimo Guidi, poliziotto in servizio presso l’ufficio postale del Viminale, é stato condannato ieri ad otto anni di reclusione al termine di un processo con rito abbreviato davanti al gup del tribunale di Roma Antonella Minunni. 
Il procuratore aggiunto Francesco Caporale aveva chiesto una pena a dieci anni di reclusione.
Il rapimento avvenne a Guidonia, un comune dell’hinterland romano, dove nel locale liceo scientifico erano iscritti sia il figlio del rapitore sia l’adolescente vittima di un sequestro durato poche ore, fino a quando i Carabinieri non avevano arrestato l’agente.
Un gesto dettato, secondo quanto raccontato agli inquirenti dallo stesso Guidi, dalla necessità di pagare immediatamente gli ingenti debiti contratti a causa del vizio delle slot machine e del videopoker. E così il poliziotto aveva avvicinato all’uscita di casa il figlio quindicenne di un imprenditore edile e lo aveva costretto a salire a bordo di un camioncino preso a noleggio. Dietro la minaccia di una pistola il giovane era stato poi obbligato a telefonare al padre per sollecitare il pagamento del riscatto. Nel corso della mattinata c’erano state altre telefonate tra Massimo Guidi e l’imprenditore e alla fine la richiesta definitiva di denaro era stata di 75mila euro.
Ma poche ore dopo nelle campagne di Palombara Sabina il poliziotto fu bloccato dai militari dopo aver preso la borsa con il riscatto. Ironia della sorte ieri l’agente di Polizia è stato condannato anche a risarcire la famiglia del rapito con 75 mila euro, la stessa cifra che aveva preteso per la liberazione del ragazzo.

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1 Commento


  • Daniela

    Questo Massimo Guidi, non è un mostro, ma è malato di gioco. Va aiutato da esperti , poichè il gioco è una dipendenza difficile da combattere. In Italia ancora non si fa nulla o quasi per questa dipendenza. Comunque spero tanto che almeno la sua famiglia gli sia rimasta accanto. Comunque anche i familiari vanno educati a come trattare un malato di gioco.

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