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La Corte dei Conti chiede due milioni agli agenti che uccisero Aldrovandi

La Corte dei Conti colpisce ancora. In un paese in cui le inchieste sui sempre più numerosi e gravi casi di ‘malapolizia’ durano anni e quasi mai approdano ad una condanna dei responsabili, la magistratura contabile sembra l’unica in grado di fare un po’ di ‘giustizia’.
Dopo i cinque tra dirigenti e agenti della Digos che durante il G8 di Genova del 2001 pestarono e minacciarono un adolescente colpevole di manifestare contro i grandi della terra – ai quali la Corte dei Conti ha chiesto un risarcimento di 1 milione e 120 mila euro – ieri è stata la volta dei quattro poliziotti condannati per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi subire le attenzioni della magistratura contabile. La cui sezione emiliano-romagnola ha disposto il sequestro in via conservativa dei beni di Paolo Forlani, Monica Segatto, Luca Pollastri ed Enzo Pontani, autori dell’intervento che nel settembre del 2005 costò la vita al giovane ferrarese. Secondo la Corte dei Conti i quattro agenti di polizia – che dopo la condanna hanno comunque ripreso regolarmente servizio tornando ad indossare la loro divisa – sono accusati di un danno erariale di quasi due milioni di euro. Cioè il risarcimento che dopo la condanna in primo grado del luglio del 2009 il Ministero degli Interni offrì alla famiglia della vittima a titolo di risarcimento e che ora la Corte dei Conti è intenzionata a chiedere agli agenti. Che, in vista della decisione finale della magistratura contabile – l’udienza di comparizione davanti alla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia Romagna è fissata per il 9 luglio – si sono visti notificare da alcuni loro colleghi della Guardia di Finanza un provvedimento di blocco del quinto dello stipendio, dei loro beni immobili.

Una piccola ma importante soddisfazione per la famiglia del giovanissimo Federico Aldrovandi, reduce da anni di battaglie legali, manifestazioni, appelli e contro la quale le forze dell’ordine e una parte del mondo politico hanno da subito messo in campo una campagna di minacce e di querele nel tentativo di impedire che la sua battaglia di verità e giustizia andasse a buon fine. Anche in questi giorni, proprio quando Patrizia Moretti ha saputo del provvedimento cautelare emesso nei confronti degli assassini del figlio, la madre di Federico è in attesa dell’udienza del processo per diffamazione da lei intentato contro Paolo Forlani che nel 2012 la insultò pesantemente su Facebook. “È la vera giustizia che cammina, che va avanti, fa i suoi passi e mette a poco a poco a posto le cose” commenta Patrizia Moretti anche a proposito della analoga decisione adottata nei confronti dei 5 agenti della Digos liguri. Una linea definita da lei corretta “perché quanto fatto da queste persone rappresenta un danno enorme al corpo cui appartengono, ben al di là di un semplice danno di immagine. Alla fine anche i poliziotti vengono messi di fronte alle loro responsabilità. E questo è semplicemente giusto”.
Così come i loro colleghi del Sap avevano denunciato la richiesta di risarcimento nei confronti dei cinque agenti condannati per le violenze durante la contestazione al G8 di Genova del 2001, i sindacalisti del Coisp hanno subito ululato appena arrivata la notizia delle misure contro i loro eroi.
“Tutto il senso del dovere e di responsabilità non riuscirà ad attenuare il senso di smarrimento e desolazione che da oggi accompagnerà in maniera ancora più pressante ciascuno delle migliaia di poliziotti che ogni giorno è chiamato a svolgere il proprio lavoro per i cittadini” ha tuonato Franco Maccari, segretario generale della sigla sindacale di estrema destra che ha espresso il “grave rammarico per la totale opera di distruzione delle vite dei colleghi coinvolti nei fatti di Ferrara, capri espiatori della pressante necessità di mostrare che l’onore della divisa si difende lapidando chi la porta, pur se egli incorre in mera colpa”. Secondo Maccari i quattro colleghi “Hanno pagato tutto e anche molto di più. Hanno subito punizioni che sono andate oltre quanto previsto dalla stessa legge. Hanno pagato con la vita personale, familiare, lavorativa. Hanno speso tutto il poco che avevano – e che non arriverà mai, è bene chiarirlo, alle cifre pretese – senza riuscire a garantirsi la tutela che spetta a tutti i cittadini comuni, e senza che valessero per loro le garanzie e la pietà che si riservano, oggigiorno, persino ai più brutali criminali”. “Questo strano Paese – conclude il leader del Coisp -, che riserva cattedre all’università, poltrone pubbliche e colonne per editoriali sui giornali agli ex terroristi, continua a perseguitarli spingendoli pericolosamente verso l’orlo di un baratro da cui non poter più fare ritorno. Forse questo gioverà alla sete di vendetta di alcuni, forse gioverà all’immagine politica di altri, forse gioverà al mantenimento dell’indirizzo impresso da sempre a questo caso dalle campagne mediatiche. Ma non gioverà mai alla motivazione ed alla dedizione necessarie per svolgere un lavoro che nessuno, è bene dirlo lasciando da parte l’ipocrisia, riuscirà mai più a fare come dovrebbe in un clima di criminalizzazione completamente fuori misura, ben sapendo che sbagliare si può perché siamo umani, ma per questo nostro sistema chi porta la divisa umano non è”.

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