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I Brics danno l’addio al dollaro

La riunione dei “Brics” (Brasile, Russia, India, Cina Sudafrica) che si è tenuta nell’isola di Hainan, in Cina, si è chiusa con un accordo in 26 punti. Che sanciscono la nascita di un nuovo blocco, informale quanto a struttura (altri paesi chiedono di entrare, non c’è un “vertice” tecnico unitario) ma chiaro negli obiettivi.

La “Dichiarazione di Sanya” è un testo che copre un ventaglio di temi molto ampio, da cui emerge la ferma volontà di contare di più nelle scelte della politica e dell’economia internazionale. Il segnae è diretto soprattutto a Washington, perché i cinque paesi ricordano il peso che hanno avuto ed hanno nella ripresa globale, ma chiedono un “nuovo ordine monetario”. «La struttura di governo delle istituzioni finanziarie internazionali dovrebbe riflettere i cambiamenti nel mondo dell’economia, dando più voce e una rapporesentanza più forte alle economie emergenti e ai paesi in via di sviluppo», si legge nel documento siglato da Hu Jintao, Dilma Rousseff, Dmitry Medvedev, Manmohan Singh e Jacob Zuma.

Il dollaro ormai è un problema, non uno stabilizzatore dei commerci internazionali. Da quando è stata disdetta la parità oro-dollaro (nel 1971, con Nixon) gli Usa hanno fatto della loro moneta il mezzo di pagamento internazionale, con il vantaggio di poterne stampare la qantità che serviva alle loro politiche economiche ma senza gli obblighi che ne derivano. In pratica, l’ha utilizzata per esportare i propri problemi sulle altre economie.

I Cinque paesi del Brics, dunque, puntano verso un sistema monetario fondato sui “diritti speciali di prelievo”; una moneta che non esiste ma che è rappresentata da un “paniere” assai ristretto (dollaro, euro, yen, sterlina; il “vecchio mondo”, dunque). Per avvicinarsi a questa soluzione, nel frattempo, hanno deciso che i reciproci flussi commerciali potranno essere denominati nelle valute nazionali. E hanno deciso di stabilire linee di credito nelle rispettive valute. Notevole anche la richiesta di un’immediata riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, con Cina e Russia che chiedono per gli altri tre membri Brics un ruolo maggiore nelle Nazioni Unite. Nonché l’ingresso della Russia nel Wto.

E, tanto per marcare il differente approccio nelle relazioni internazionai, anche in caso di crisi, si ribadisce l’opposizione all’uso della forza e la necessità di rispettare la sovranità territoriale dei singoli paesi (la Libia non è nominata, ma è l’oggetto di cui si parla); si esprime invece appoggio pieno alle iniziative dell’Unione Africana.

Sul piano dell’economia globale i cinque sottolineano i rischi per la ripresa, a partire dall’aumento dei prezzi (dai prodotti alimentari all’energia), e invocano una regolazione delmercato dei future sulle materie prime, per impedire od ostacolare attività speculative «destabilizzanti».

È stato anche fissata una serie di incontri a livello ministeriale a margine delle varie assemblee dell’Onu o incontri del G20, oltre a confronti periodici fra le varie delegazioni che in seno all’Unesco daranno vita a un vero e proprio ‘gruppo Brics’. Il prossimo summit dei Cinque si svolgerà in India nel 2012.

Riportiamo qui di seguito anche l’articolo uscito oggi su IlSole24Ore, dove – al finaco della solita competenza che contraddistingue i giornalisti dellorgano di Confindustria, riscontriamo anche un grossolano errore “storiografico”. Gli accordi di Bretton Woods, infatti, risalgono al 1944, con la seconda guerra mondiale ancora in corso (ma con l’esito ormai scontato), non certo all’inizio degli anni ’70. Quando invece, come dicevamo, vennero di fatto disdetti dagli Stati Uniti che abbandonavano la parità dollaro-oro (un grammo per un dollaro).

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Brics all’attacco del dollaro

Luca Vinciguerra

Il sistema finanziario internazionale va riformato. Radicalmente.
Il terzo vertice della storia dei Brics – Brasile, Russia, India, Cina più da quest’anno il Sudafrica – si conclude con un verdetto perentorio: le regole del gioco stabilite quarant’anni fa dalle potenze occidentali a Bretton Woods vanno riscritte. «I cinque Paesi concordano sulla necessità di costruire un nuovo e più ampio meccanismo valutario globale che assicuri più stabilità e meno incertezza all’economia mondiale», ha spiegato un membro della delegazione cinese a margine dei lavori del summit che ieri ha riunito i leader delle cinque grandi nazioni emergenti sull’isola cinese di Hainan.
I padroni di casa, dunque, sarebbero riusciti (il condizionale è d’obbligo visto il tenore vago e generico del comunicato finale) a strappare il consenso di massima dei Brics su una loro vecchia tesi: l’era del dollaro è finita e, quindi, bisogna pensare a una nuova valuta globale per il regolamento degli scambi internazionali.
«I leader dei Brics sono pronti a discutere il ruolo dei Diritti speciali di prelievo in seno al Fondo monetario internazionale», ha spiegato la fonte cinese, facendo intendere che i cinque si sarebbero impegnati a sostenere l’idea lanciata subito dopo la grande crisi finanziaria del 2008 dal governatore della People’s Bank of China, Zhao Xiaochuan, di allargare ad altre valute (attualmente sono solo quattro: dollaro, euro, sterlina e yen) il paniere di riferimento dei Dsp, i Diritti speciali di prelievo. Dopo di che, gli stessi Dsp potrebbero essere utilizzati come mezzo di pagamento negli scambi commerciali e nelle transazioni finanziarie internazionali.
Fantaeconomia? Il tempo dirà se, grazie alla sapiente regia cinese, ad Hainan i Paesi emergenti hanno trovato la giusta intesa che consenta loro di fare fronte comune e spingere il vecchio mondo a varare la grande riforma del sistema finanziario internazionale. Rafforzando la supervisione sui mercati dei derivati sulle commodities e sui flussi internazionali dei capitali, che si teme possano sbilanciare la ripresa ora che diverse economie emergenti alzano i tassi di interesse per contrastare l’inflazione.
Intanto, i leader dei Brics se ne tornano a casa dalla trasferta tropicale con un primo risultato concreto in tasca. Le banche di sviluppo di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica hanno raggiunto un accordo che consentirà loro di accendere crediti reciproci denominati nelle singole valute dei Brics.
Il che significa, giusto per fare un esempio, che un’azienda cinese potrà importare legname dal Brasile finanziandosi in yuan o in real. O che una società sudafricana potrà acquistare petrolio dalla Russia pagandolo in rubli o in rand. Questo meccanismo – testato già dagli stessi cinesi durante la crisi del 2008 con i currency swap in yuan concessi ad alcuni Paesi come l’Argentina e la Bielorussia – rappresenta di fatto un primo superamento del dollaro come mezzo di regolamento degli scambi transnazionali.
Il progetto è sicuramente intrigante. Talmente intrigante che, mentre ad Hainan cala il sipario sul vertice che ha sancito l’ingresso del Sudafrica nel club dei grandi emergenti, altri Paesi di nuova industrializzazione bussano già alla porta dei Brics.

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