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Aiuti alla Grecia, stop temporaneo

Nella notte dunque, le discussioni interne all’Eurogruppo si sono arenate partorendo l’ennesimo ultimatum per la Grecia. Il via libera alla quinta tranche di prestiti ad Atene da parte di Ue ed Fmi arriverà entro metà luglio, ma solo se ci sarà l’ok di tutto il Parlamento greco alle nuove misure di austerity e al programma di privatizzazioni.

Dopo una maratona di sette ore è stata è stata trovata anche un’intesa sul coinvolgimento degli investitori privati. Le modalità della «nuova strategia di finanziamento» saranno però definite entro i primi di luglio. L’elemento decisivo è però: chi, ad Atene, garantisce l’applicazione della ricetta? Il tentativo di Papandreou di arrivare a un governo di “salvezza nazionale” è andato male, perché i conservatori – autentici truffatori che avevano truccato i conti pubblici mascherando a livello internazionale l’entità del dissesto) – si sono tirati indietro. I ministri dell’Eurozona hanno quindi lanciato un appello all’unità nazionale in Grecia, per assicurare «una rigorosa e veloce attuazione» del programma di risanamento delle finanze pubbliche: «L’unità nazionale – si legge – è un pre-requisito necessario per il successo» di tali misure. Gli occhi sono puntati sul voto parlamentare programmato per martedì sera, con il nuovo governo Papandreou che cercherà di ottenere la fiducia dopo il rimpasto che è costato il posto al ministro delle finanze, George Papaconstantinou, sostituito dall’ex titolare della difesa, Evangelos Venizelos.

È stata quindi l’incertezza sulla situazione politica a determinare la decisione di far slittare l’erogazione della quinta tranche di prestiti nell’ambito del piano da 110 miliardi di euro varato un anno fa: si tratta di una somma di 12 miliardi, di cui 8,7 da parte della Ue e 3,3 da parte del Fondo monetario internazionale. Soldi che serviranno principalmente a rimborsare titoli per 6,8 miliardi di euro in scadenza nelle prossime settimane. Ma per Atene c’è soprattutto un problema di medio-lungo termine che va risolto: quello dell’impossibilità di tornare ad autofinanziarsi sui mercati nel 2012, come era stato previsto un anno fa. Sul tavolo c’è quindi un nuovo piano di aiuti che dovrebbe ammontare tra i 90 e i 120 miliardi di euro.

Stavolta, però, anche il settore privato (dalle banche ai fondi di investimento) sarà chiamato a partecipare, seppur su base volontaria. Sul principio c’è stato un esplicito accordo tra i ministri dell’Eurozona, che però non hanno ancora definito le modalità. L’intesa prevede comunque che si possa procedere al cosiddetto ‘roll over’: in pratica i privati saranno chiamati a sostituire alla loro scadenza i titoli greci con nuovi bond. Non sarebbe quindi passata l’idea della Germania di una sostituzione immediata degli attuali titoli con nuovi bond.

Una decisione definitiva su questo capitolo dovrebbe essere presa in occasione dell’ultima riunione di Eurogruppo ed Ecofin prima della pausa estiva, fissata per l’11 luglio a Bruxelles. L’incertezza è data dalla reazione dei mercati. Il timore resta sempre quello di un contagio della crisi greca al resto della zona euro e che la situazione possa finire fuori controllo. Per questo – nel mezzo della riunione fiume dell’Eurogruppo – i ministri delle finanze del G7 (Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada, Stati Uniti e Giappone) hanno avuto uno scambio di opinioni attraverso una conferenza telefonica. Riecheggiano ancora le recenti parole di Juncker, secondo cui il rischio contagio è più che mai elevato, con Paesi come il Belgio e l’Italia che potrebbero trovarsi in gravi difficoltà, ancora prima ancora della Spagna. E se il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, per ora non commenta, il suo collega belga Reynders ha detto a chiare lettere: «Se cade Atene cade l’intero sistema. Nessun Paese sarà al riparo dal contagio, neppure la Germania, neppure la Francia».

 

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