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Marchionne è in difetto anche per la Consob

Ora la stessa domanda gli viene rivolta dalla Consob, autorità di controllo della Borsa. Forse perché una società quotata sarò anche padrona di fare profitto come meglio crede (siamo in ambito capitalistico, è ovvio), ma deve sempre “al mercato” qualche spiegazione. Così, almeno per dar capire agli  investitori che conviene o no comprare le sue azioni. Lo sconsiglieremmo.

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Francesco Paternò
LA CONSOB VS MARCHIONNE

A suo modo, l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne ha avuto ragione. Per sapere da lui che cosa intenda fare degli stabilimenti del gruppo in Italia, non serve scioperare come ha fatto la Fiom. Meglio scrivergli una lettera, come ha fatto la Consob, ed esigere entro una settimana, il 27 ottobre, risposte chiare sui progetti per la riorganizzazione delle attività italiane del gruppo, sul futuro degli stabilimenti e in particolare su Mirafiori. La lettera, di cui ha dato notizia Repubblica senza essere smentita dalla Fiat («no comment»), sostanzialmente contesta a Marchionne di aver fatto annunci contraddittori sul destino degli impianti. E siccome le scelte industriali influenzano il titolo in borsa, la Consob vuole vederci chiaro.
Subito: giovedì prossimo a Torino si riunisce il consiglio di amministrazione di Fiat Spa per approvare i conti del terzo trimestre e da quella occasione la Consob si attende certezze sul piano industriale con date, numeri e nomi. Esattamente quel che chiede da un anno e mezzo la Fiom guidata da Maurizio Landini. Che oggi si ritrova inaspettatamente al suo fianco la massima autorità di borsa Giuseppe Vegas. Non il governo, non la Cisl o la Uil o il sindaco di Torino, come sarebbe dovuto accadere in un paese normale, in cui il primo gruppo industriale azzera le relazioni con sindacato e Confindustria.
L’anomalia del sistema Italia non riguarda soltanto il berlusconismo al tramonto. Sta anche nel clamoroso epistolario con cui da un po’ di tempo, chi in questo paese è al volante (da Berlusconi a Marchionne) si vede recapitare lettere da autorità controllanti. Se la Bce è dovuta intervenire nell’agosto scorso nelle scelte del governo italiano (incompatibili con l’Unione europea), la Consob ha fatto un passo di cui non c’è memoria quando si parla di realtà industriali. Nel 2005, l’autorità di borsa italiana mise sotto accusa un’operazione spericolata della Fiat a Piazzaffari, ma mai prima d’ora era intervenuta nel merito di scelte industriali che – tuttavia è innegabile – possono avere un peso sull’andamento del titolo. I report degli analisti, come i giudizi delle agenzie di rating, si basano su «notizie» provenienti dagli andamenti industriali, oltre che da operazioni finanziarie. Dire per esempio (noterebbe la Consob nella lettera) che a Mirafiori sarebbero stati prodotti due nuovi importanti modelli per il mercato, poi uno o poi forse un altro, o posticipare l’avvio di produzione di nuovi veicoli qui come in altri stabilimenti, sono fatti che lasciano traccia. Fatti che nelle mani degli analisti diventano pericolosamente sensibili per i termometri di una borsa pure fuori di testa, come accade da molti mesi a questa parte.
In ambienti Fiat, la notizia della missiva data dal quotidiano romano ha avuto l’effetto di una bomba a neutroni: Lingotto in piedi, uomini Fiat silenti e preoccupati sul perché dell’azione di Vegas. Qualcuno fa capire che paradossalmente (ma non troppo), la vicenda potrebbe essere presa al balzo da Marchionne per dire con qualche motivazione in più ciò di cui sembra intimamente convinto da tempo: meglio lasciare un’Italia ingrata e trasferirsi in America, dove si fa soltanto business.
Oggi, dare la colpa di una simile scelta agli operai, alla Fiom e adesso anche alla Consob, sarebbe per l’amministratore delegato la migliore delle strade possibili. I mercati europei vanno male per la Fiat, né le restrittive politiche di bilancio di tutti i governi fanno intravedere nuovi investimenti, con l’Italia berlusconiana fanalino di coda. Il gruppo dipende quasi esclusivamente dall’Europa, con gli utili fatti dall’auto in Brasile a coprire i buchi. Mentre oltreoceano c’è una Chrysler che alla fine del 2011 dovrebbe generare un profitto operativo doppio di quello Fiat.
Marchionne parlerà domani all’Unione industriale di Torino, dove è atteso insieme alla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia (con cui non ha nulla da dirsi, parole sue) e al ministro per lo sviluppo Paolo Romani. Martedì replicherà a Roma, all’assemblea dell’Anfia. E giovedì dovrebbe rispondere alla Consob. Che, tre giorni fa, ha ordinato pure un’incursione della guardia di finanza nella sede della Juventus (controllata Fiat), dove sono stati sequestrati bilanci e altri materiali finanziari. Il consiglio di amministrazione della squadra bianconera aveva deliberato recentemente un aumento di capitale per coprire i buchi di bilancio. Gli Agnelli-Elkann hanno subito messo mano al portafoglio con il dispiacere di Marchionne, che da loro non ha visto soldi per l’auto pur avendo continuato a distribuire dividendi agli azionisti. Altri italiani ingrati, forse.

 

da “il manifesto” del 23 ottobre 2011

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