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Italia nel vortice

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Italia sotto tiro Euro nel vortice
Galapagos

Negli Usa ieri è iniziata la grande abbuffata consumistica degli acquisti natalizi; in Europa, invece, ha preso forza la stagione dei grandi saldi dell’euro che seguita a risentire della delusione per l’esito dell’incontro a tre di giovedì a Strasburgo fra Monti, Merkel e Sarkozy. Dopo una mattinata tutta trascorsa in forte ribasso, l’euro nel primo pomeriggio ha recuperato posizioni su voci, poi rivelatesi senza fondamento, di un intervento della Banca nazionale svizzera per acquistare euro al fine di indebolire il franco per difendere le esportazioni nazionali. In chiusura un euro valeva 1,3244 dollari. Ma la discesa dell’euro non è motivata solo dagli episodi di questi giorni.
Sono mesi, infatti, che in tutto il mondo si stanno intensificando le vendite di asset denominati in euro, privilegiando investimenti in altre valute. Secondo stime, negli ultimi sei mesi, sarebbero stati venduti 180 miliardi di Buoni del tesoro italiani. I primi a disfarsi del debito pubblico dell’Italia sono state banche europee. In testa tedesche e francesi. Ma vendite massicce sono arrivate anche dai fondi di investimento e fondi pensione in particolare statunitensi. Le vendite non hanno riguardato solo i Btp, ma un po’ tutti i bond pubblici. Con l’unica eccezione dei Bund tedeschi tanto richiesti da far scendere i rendimenti abbondantemente al di sotto del 2%, un tasso inferiore a quello di inflazione. Il che spiega perché l’ultima asta di Bund è stata un vero fiasco nonostante la Germania con il suo rating (tripla A) e la sua forza economica sia garanzia di sicurezza per gli investitori.
«Francamente e decisamente non vedo, assolutamente, nessuna tendenza o previsione di crollo dell’euro», ha affermato Olli Rehn, vice presidente della Commissione europea e commissario Affari economici, monetari e all’euro, nel corso di una conferenza stampa. Ma la pensano diversamente molti analisti secondo i quali entro pochi mesi la moneta comune potrebbe toccare la parità nei confronti del dollaro. L’unica speranza per l’Europa è quella di un rilancio dei tassi di crescita, ma viste le manovre restrittive varare da moltissimi governi, appare una probabilità remota. Anche se, la Bce, nella riunione dei primi di dicembre, potrebbe decidere una nuova riduzione dei tassi di interesse con l’obiettivo, oltre a quello di ridare fiato alle borse e far scendere un po’ i rendimenti dei titoli pubblici, di tentare di rilanciare i consumi e – soprattutto – gli investimenti che cominciano a soffrire enormemente degli alti tassi bancari e per la mancanza di prospettive.
Inevitabilmente quella di ieri è stata un altra giornata calda sul fronte dei tassi di interesse sui debiti sovrani di molti paesi. Addirittura bollente per quanto riguarda l’Italia. Le pessime notizie sono affluite sin dal mattino: c’è stata una asta, cioè il collocamento di BoT a sei mesi: l’intero ammontare offerto dal Tesoro – 8 miliardi – è stato collocato, ma con un rendimento del 6,504%, in aumento di 2,969 punti rispetto all’asta precedente e ai massimi dal collocamento del 14 agosto 1997, quando il tasso dei BoT semestrali si fermò al 6,57%. Rendimento record anche per il CTz: il titolo biennale «Zero coupon» è stato piazzato al 7,814%, in aumento del 3,187%i sull’asta precedente e ai massimi dal settembre 1996 quando il rendimento sfiorò l’8%. La domanda è stata pari a 3,18 miliardi a fronte dei 2 miliardi offerti e assegnati.
Subito dopo l’asta, si è allargato lo spread tra Btp e Bund: il differenziale di rendimento tra Italia e Germania sulla scadenza decennale, che prima dell’asta oscillava poco sopra i 500 punti base, si attestava a 511 centesimi, in aumento di 20 punti base rispetto alla chiusura di ieri. In tensione anche il rendimenti sulla scadenza decennale italiana che saliva al 7,32%. In finale di giornata lo spread si restringeva un po’ e ripiegava a 499 punti base. La curva dei rendimenti dei titoli pubblici italiani rimaneva, tuttavia, pericolosamente alta.
In serata (a mercati chiusi) sono arrivate due nuove «mazzate» sull’Europa. La prima riguarda il Belgio al quale Standard & Poor’s ha nuovamente ridotto il rating con un outlook negativo. La decisione – ha spiegato l’agenzia di rating – riflette i rischi di impatti sul merito creditizio sovrano del paese derivanti dalla pressione di mercato sulla raccolta, dalla tenuta del bilancio pubblico in caso di frenata dell’economia e dalla capacità delle autorità di rispondere a potenziali pressioni economiche interne o estere. Seconda «mazzata»: «l’Italia è probabilmente già in recessione». ha scritto l’agenzia di rating Fitchin una nota in cui comunica il declassamento di 8 banche italiane di medie dimensioni. L’agenzia ha ricordato di avere rivisto drasticamente al ribasso le previsioni di crescita per l’Italia nello scorso ottobre. Il 7 ottobre Fitch ha abbassato il rating sovrano a ‘A+’ con outlook negativo. Infine le borse: i listini Ue hanno chiuso in leggero rialzo. Piazzaffari con un +0,16%.

da “il manifesto”
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dal Corriere della sera

A porte chiuse una Merkel più flessibile E si apre uno spiraglio per gli eurobond

MILANO – Se solo si guardasse agli standard degli ultimi vertici, è stata una mattinata d’ inverno stranamente tenera. Angela Merkel, Mario Monti e Nicolas Sarkozy nell’ hotel del prefetto di Strasburgo non hanno dato vita a nessuno degli scambi feroci ai quali i leader sono ormai abituati da quando metà dell’ area euro rischia di soffocare nella morsa della sfiducia.
I tre leader di Germania, Italia e Francia, per esempio, non si sono scambiati minacce brutali come quelle che, negli ultimi tempi, sono sfuggite al tedesco Wolfgang Schäuble. A un recente incontro con i suoi pari grado di Parigi, il ministro delle Finanze di Berlino aveva detto ai francesi che, se non cedono, la Germania «è pronta a lasciarli andare come abbiamo fatto nel ‘ 92 e nel ‘ 95»; in realtà a quei tempi, nella crisi dello Sme e in quella messicana, la Germania tenne ostinatamente a galla il suo alleato. Ma la minaccia a doppio taglio e l’ accusa sfacciata sono ormai tecniche classiche di questa crisi che Merkel, Monti e Sarkozy ieri hanno cercato di affrontare. Vi si sono esercitati persino gli americani, che al G20 hanno preso di mira i tedeschi: il loro modo di imporre la disciplina a ciascuno senza offrire reti di sicurezza generali, hanno detto, distrugge la credibilità dell’ euro e fa divampare il contagio.
Se questi erano i precedenti per il trio di Strasburgo, 70% dell’ economia e 70% del debito di Eurolandia, ieri i leader hanno eccelso per buone maniere: più per quello che si sono detti a porte chiuse, che per i duelli che hanno messo in scena in pubblico. Nella conferenza stampa ciascuno ha sì tenuto le sue posizioni, specialmente Angela Merkel, la quale ha tenuto a precisare: «Siamo lontani dall’ avere le stesse idee». Ma al tavolo con Monti e Sarkozy, al riparo dalla sorveglianza del suo partito, del suo Parlamento – e della Bundesbank – la cancelliera si è invece dimostrata (in parte) meno dura. Ha accettato un accordo perché tutti smettano di dare «istruzioni in negativo alla Bce»: in teoria, i politici tedeschi da ora in poi dovranno rinunciare ad attaccare la Banca centrale europea perché interviene a parziale sostegno dell’ Italia e Spagna.
Ma soprattutto, Merkel ha condiviso per la prima volta l’ analisi che le hanno presentato l’ Italia e la Francia insieme. Secondo Sarkozy e Monti, la crisi non è solo un problema dei singoli Paesi che non fanno quelli che Merkel ha chiamato, un filo sprezzante, die Hausaufgabe («i compiti a casa»). Il terremoto che sta scuotendo l’ Europa – ha insistito Monti ieri con Merkel – è anche un fenomeno sistemico che mette a nudo difetti di costruzione dell’ euro da correggere al più presto: l’ assenza di una politica di bilancio e di gestione del debito davvero comune, regole fiscali serie ma non tali da aggravare una recessione in corso, un ruolo maturo per la banca centrale. Merkel a tutto questo non si è ribellata, sapendo perfettamente che il punto d’ arrivo di un’ analisi del genere possono essere gli eurobond e probabilmente un maggiore attivismo della Bce.
Un gruppo di lavoro alla cancelleria sarebbe già a lavoro per avanzare una controproposta sull’ emissione di debito comune in Europa, a un certo punto in futuro. Non è difficile capire perché la cancelliera ora suoni intransigente in pubblico ma molto meno a porte chiuse. A Berlino si deve difendere dall’ irritazione nel suo partito verso l’ Italia o la Francia; ma anche Merkel vede la realtà: se il suo obiettivo era difendere la forza del Bund, la cancelliera ha fallito poiché ieri il debito tedesco doveva pagare un premio più alto rispetto ai titoli danesi e persino a quelli della indebitatissima Gran Bretagna; se invece voleva difendere la sua economia, l’ aggravarsi della crisi tutto intorno sta vanificando il suo sforzo.
Merkel sugli eurobond esce dal vertice di Strasburgo nella posizione in cui era un anno e mezzo fa sulla Grecia. Allora disse che per Atene non ci sarebbe stato un euro; dopo un po’ cedette, quando era quasi troppo tardi. Ma per ora i tempi li detta comunque lei, dunque Monti e Sarkozy hanno dovuto accettare che al vertice europeo del 9 dicembre ci siano (salvo sorprese) solo due decisioni: all’ eurogruppo saranno dati poteri di veto sulle leggi di bilancio dei Paesi in procedura di deficit eccessivo e un governo che violerà le norme sarà deferito alla Corte di giustizia europea. L’ «unione fiscale» che chiede Merkel avrà così le sue gabbie e i suoi catenacci e solo dopo – spera Monti – la cancelliera potrà muovere anche sugli eurobond. A patto, ovviamente, che anche stavolta i mercati non siano stati più veloci di lei.
Federico Fubini
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dal Sole 24 Ore

Dopo l’incontro di Strasburgo in Europa cresce il senso d’urgenza


Disaccordo ma tregua tra Parigi e Berlino sulla Bce, progetti a lungo termine di unione fiscale, ma niente eurobond per ora. L’incontro a Strasburgo tra Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e Mario Monti non ha prodotto azioni immediate per sventare la crisi del debito dell’eurozona. E cresce il senso d’urgenza nei commenti e nelle analisi della stampa internazionale.

Non senza qualche ripicca, come può sembrare quella di Le Monde, che questa mattina ha aperto il suo sito web con il monito: “In Germania, fondamentali solidi ma non incrollabili”. Berlino, che da anni si erge a cantore della virtù economica, “non è più risparmiata dalle ripercussioni della crisi della zona euro”, scrive il quotidiano francese. Nella zona euro, i mercati ormai attaccano tutti, Germania compresa, ha sottolineato ieri Le Monde in un editoriale, esortando ad agire subito perché l’Europa è “sull’orlo del precipizio” (“Quel grande mercanteggiamento che può salvare euro”).

Nel suo blog, il giornalista di Le Monde che segue l’Eliseo, Arnaud Leparmentier, racconta che Sarkozy è “particolarmente irritato” dopo il vertice, che non ha permesso avanzamenti decisivi.

Nonostante tutto, però, il presidente francese ritiene di avere strappato “una piccola vittoria”, ottenendo che i leader europei non commentino le decisioni della Bce né in positivo né in negativo. Ovvero, Sarkozy ha ottenuto che la Merkel non critichi in anticipo le decisioni della Bce, spiega un negoziatore francese. L’idea è che “non bisogna impedire all’istituzione di Francoforte di agire”. Ma sulla riforma della Bce e dei trattati europei “Nulla di fatto. Siamo lontani, Non c’è accordo per ora”. Il presidente francese rilancerà con un grande discorso sull’Europa, a Tolone, il 1° dicembre.

Parigi e Berlino continuano dunque a divergere sul ruolo della Bce e sul ricorso agli eurobond. Eppure, Le Figaro vede qualche leggero sfaldamento del fronte del rifiuto e titola oggi sula homepage del suo sito: “Berlino comincia a considerare gli eurobond”. “Potrebbe accettare questa soluzione in cambio di un rafforzamento della disciplina di bilancio.

E’ vero, a Strasburgo, il cancelliere ha ribadito con fermezza il rifiuto di mettere in comune i debito dei Paesi dell’eurozona. Ma, secondo i media tedeschi, i liberali del Fdp e i conservatori della Cdu starebbero studiando le condizioni legate a un’eventuale introduzione degli eurobond. Anche perché la deludente asta dei bund ha segnalato che Berlino “non è immunizzata di fronte alla crisi”.

Les Echos sottolinea in apertura che sulla Bce “Parigi e Berlino vogliono osservare una tregua”. Se il testa a testa franco-tedesco è stato allargato all’Italia, la Germania è rimasta “padrona dei rimedi e del calendario per uscire dalla crisi”, scrive il quotidiano economico.

In un commento su Les Echos,– “Il ni-ni di Merkozy” – Dominique Sieux fa notare che sul ruolo della Bce, vero nodo del vertice, la Merkel non si è spostata di uno iota, ma ha accettato il cessate il fuoco con Sarkozy: “Silenzio radio, nessuno dirà più alla Bce cosa deve fare, né in un senso né nell’altro”.

Il vertice di Strasburgo ha però raggiunto il suo obiettivo nel ricucire con l’Italia: “Dopo la partenza forzata e desiderata da lunga data dell’indegno Silvio Berlusconi, si trattava di mostrare il ritorno di Roma nella famiglia delle grandi potenze europee. In via accessoria, Parigi e Berlino volevano cancellare la loro immagine di condominio che impone la sua volontà al resto d’Europa. Da questo punto di vista, l’appuntamento è riuscito”.

Nel nuovo “ménage à trois”, per La Tribune “L’Italia stenta a imporsi come arbitro del gioco europeo”. Mentre il vertice di Strasburgo ha confermato la divergenza franco-tedesca, Roma, tornata al cuore delle discussioni, “ha il compito difficile di aprire la via a un compromesso”.

Secondo La Tribune, i “vaghi impegni” sulle proposte di modifica dei trattati europei potrebbero soprattutto nascondere “divergenze profonde che impediscono di presentare soluzioni concrete”. Il summit ha sancito l’entrata dell’Italia nel gioco europeo, dove Monti figura come arbitro. E trovare una via di mezzo è un compito “pesante e difficile”.

La Germania resta sulle sue posizioni, constata il Nouvel Observateur. Con un gioco di parole, Libération titola “L’unione fa la farsa”. Monti, favorevole agli eurobond, “ha ben tentato una conciliazione”, dichiarando che certi temi “possono essere sdrammatizzati al’interno di una vera unione fiscale”. Non se ne parla, ha risposto in sostanza la Merkel.

In compenso, il cancelliere ha trovato in Monti “un potenziale alleato” in materia di sanzioni contro tutti i Paesi che non rispettano i loro impegni di bilancio.

Molto critico nei confronti della Merkel, un editoriale di El Pais, intitolato: “Berlino contrattacca”. La Merkel si impone con Sarkozy e a Monti, ma “non evita che i mercati premano sui titoli tedeschi”. L’editoriale contesta la formula cara alla Merkel secondo cui “il mercato tornerà a pareggiare i tassi d’interesse” quando i deficit saranno stati corretti. Sono “lontani” i tempi in cui i mercati recepivano i fondamentali di un Paese, tra cui il deficit. “Un altro problema è che la Germania non vede che l’Europa sarà in recessione nel 2012”, conclude l’editoriale.

La Merkel è protagonista in negativo dei titoli sulla stampa spagnola: “Merkel impone la sua soluzione di unione fiscale a Parigi e Roma e scarta gli eurobond”, “Merkel sotterra il dibattito sugli eurobond e il documento sulla Bce” (El Pais), “Merkel impone il suo rifiuto degli eurobond a Sarkozy e Monti”.

La crisi del debito suscita preoccupazione crescente anche al di fuori dell’eurozona. A cominciare dalla Gran Bretagna. “I leader dell’euro premono per un giro vite fiscale”, “Merkel punta all’obiettivo di lungo termine dell’unione fiscale”, ha titolato il Financial Times, prima di tornare a puntare i riflettori sull’Italia, “Salgono i costi dei prestiti a breve termine”, “Aumenta la pressione su Monti affinché riveli i suoi piani di riduzione del debito”.

Nella battaglia per arginare la crisi del debito, scrive il Ft, i leader delle tre principali potenze dell’eurozona hanno deciso di dare la priorità a una più rigida governance fiscale, ma non hanno offerto “nessuna concessione immediata agli appelli per l’intervento della Banca centrale europea”.

La cronaca del Ft, come quella della Bbc, sottolineano che il nuovo premier italiano ottiene l’appoggio di Sarkozy e della Merkel. Gettonatissima, l’immagine dei due che allungano il braccio a Monti in segno di benvenuto.

Il Times scrive che, sulla Bce, Sarkozy cede alla Merkel e in un commento sottolinea l’urgenza: “L’euro è in bilico ma noi aspettiamo ancora il grande bazooka”. Se non altro, Sarkozy e Merkel sono d’accordo per smettere di beccarsi sul ruolo della Bce (Independent). Ma le speranze dei mercati sono state “schiacciate”, titola il Guardian, dopo che Merkel ha escluso ogni ampliamento del ruolo della Bce e respinge le proposte sugli eurobond. Pessimista un commento sul Guardian di Simon Jenkins: “Non è inevitabile che la Ue – o la democrazia – sopravviva a questo pasticcio”.

Tra le principali testate Usa, il Wall Street Journal avverte che “Diminuiscono le opzioni per l’eurocrisi”. L’interrogativo principale “non è solo se uno dei 17 governi dell’eurozona farà default sul debito, ma se l’eurozona sopravviverà nell’attuale forma”, scrive Stephen Fidler.

La Bce sta considerando una drastica estensione dei prestiti a più lungo termine alle banche commerciali per allontanare il rischio di un potenziale crollo del sistema bancario, nota il Wsj.
Intanto, i leader delle tre maggiori economie si sono impegnati a lavorare per una maggiore integrazione politica ed economica “che gli analisti considerano necessaria”, ma senza entrare nello specifico. Ciò significa che tali sforzi non stanno al passo con la domanda dei mercati.

C’è enfasi sul Wsj sul fatto che “i leader europei progettano legami più stretti”. Ma anche sul fatto che “il tempo stringe per l’eurozona”.
Il New York Times titola: “La leader tedesca esclude di nuovo un’azione rapida sull’euro”. Smentendo le indiscrezioni che parlavano di un ammorbidimento della sua posizione, scrive il Nyt, la Merkel ha ribadito la sua “ferma opposizione” all’emissione di eurobond o all’espansione del ruolo della Bce come “risposte rapide” alla crisi del debito sovrano. “Niente è cambiato nella mia posizione”.

Ma, nota il Nyt, “restano interrogativi su quanto a lungo la Germania possa resistere agli appelli ad agire”. “Evidente” la frustrazione di Sarkozy per l’intransigenza tedesca.

L’agenzia Bloomberg, ripresa dal San Francisco Chronicle, avverte che “la Spagna rischia la sorte dell’Italia mentre l’euro flirta con l’abisso”. Un altro lancio Bloomberg descrive gli italiani ormai “ossessionati dallo spread”. Un’ossessione nazionale, ora che i rendimenti sui Btp impazzano sulle prime pagine dei giornali e nei talk show.

 

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