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Emergenza gas. Il detto e il non detto

L’evento porta allo scoperto la dipendenza dell’Italia dalle forniture estere, che per il gas sono limitate a tre soli paesi: Russia, Libia, Algeria. Ma anche l’intrinseca fragilità di un sistema basato sul justi in time, con basse riserve e “chiamata” della fornitura solo quando serve.

Si è visto questo modello in crisi anche nella grande distribuzione commerciale, con supermercati chiusi per esaurimento della merce e assenza di rifornimenti. Ben pochi si sono interrogati però sull’insensatezza generale di questo modello. L’idea di fondo, come sempre, è “economica astratta”: se elimino il magazzino, o lo limito al minimo indispensabile, risparmio investimenti in storage (capannoni, frigoriferi, movimentazione, conservazione, personale). Un’ottimizzazione che non prevede più grosse concentrazioni di riserva. Vale anche per il ciclo industriale per eccellenza, quello dell’auto: il terremoto in Giappone ha bloccato alcune fabriche di componenti elettroniche (centraline, ecc), causando immediati stop alla produzione automobilistica anche in Europa e Usa.

E’ ovvio che la natura non ragioni in modo “economico”, ponendo di continuo sfide operative ad una “razionalità astratta” che ne prescinde. Il tema è tornato con la crisi della circolaziona  a Roma: è meglio pagare molte più tasse (investire ricchezza e risorse) per mantenere efficiente un sistema “antineve” che serve due giorni ogni 20 anni? O non è preferibile – e addirittura “più economico” – fermarsi due giorni ogni 20 anni?

Il terzo elemento messo in evidenza è la progressiva “scarsità” delle riserve di idrocarburi. Su cui regolarmente cala un silenzio organizzato da parte dei media mainstream. E’ un dato di fatto scientificamente accertato che gli idrocarburi (oetrolio, gas, ecc) che usiamo come carburante siano esistenti in natura in quantità limitata e soprattutto non riproducibile, ma chiunque si azzardi a ricordarlo viene immediatamente sommerso dalla congiura del silenzio o, peggio, dalla delegittimazione. Anche quando a parlare sono geofisici con esperienza pluridecennale nel campo dell’estrazione petrolifera.

QUando si parla di “crisi”, dunque, bisogna sempre mettere nell’equazione anche quella del progressivo esaurimento delle riserve energetiche. Altrimenti si immagina un futuro, mentre ce se ne prepara un altro sotto i piedi.

 

 

Emergenza controllata per il gas. Consumi record, è allarme

L’Italia, succube del gas più di ogni altro paese europeo, incrocia le dita. Si fida delle promesse russe di un progressivo rientro dell’emergenza che ci taglia le forniture (in effetti ieri l’ammanco dalla direttrice nord si è ridotto a poco più del 15% rispetto al 30% della scorsa settimana). Ma si attrezza doverosamente per gestire lo scenario peggiore.

Tra le polemiche, anche qui, come accade per gli sconquassi provocati dalla cattiva gestione del maltempo. Che proprio ieri, in perfetta “sinergia” con l’emergenza metanifera continentale, ci ha regalato un record anche nella richiesta nazionale del sempre più egemone metano, arrivata a 440 milioni di metri cubi giornalieri, fortunatamente immessi in rete ma solo grazie ad un extra-ricorso agli stoccaggi per 140 milioni di metri cubi (su 13 miliardi di metri cubi accantonati, tra modulazione e riserve strategiche).

Presto a corto? A far bene i conti abbiamo parecchi giorni di relativa tranquillità anche nell’ipotesi peggiore. E intanto la Russia rassicura, con la certificazione della Ue: la crisi della forniture metanifere sta rientrando.
Paolo Scaroni, numero uno dell’Eni, ha acceso però il cerino: fino a mercoledì (domani) l’Italia andrà avanti in piena sicurezza. Da Sud l’Algeria pompa il massimo, ma anche lì con qualche incognita legata all’insolito scenario glaciale che la sta martoriando. E pompa a pieno ritmo anche la Libia, riconnessa. Ma non abbastanza da sostituire gli ammanchi dalla Russia rispetto alla richiesta. E il maltempo non solo alimenta il nostro fabbisogno ma frena, intanto, anche una preziosa integrazione: il nuovo rigassificatore di Rovigo marcia a metà perché le navi hanno difficoltà ad attraccare.

E così la terapia preventiva è già, nei fatti, scattata. Con il via alle prime procedure rivolte alle utenze industriali “interrompibili” (quelle che pagano il gas di meno rendendosi appunto disponibili a tagliare se serve): prime riduzioni autonome ma obbligate. E poi chissà. Il chissà per ora non esiste, rassicura per ora il Governo attraverso il “comitato di crisi gas” riunito ieri (e riconvocato ogni 24 ore) per concludere con una rassicurazione alle famiglie: distacchi mai. «Situazione critica ma ben monitorata» rimarca il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, che però aggiunge: «Se avessimo realizzato i rigassificatori, almeno quelli già approvati, potremmo guardare con più serenità» alla attuale crisi del gas.
Prima stretta agli “interrompibili”. E via, contemporaneamente, sempre da oggi, al funzionamento delle delle centrali elettriche a olio combustibile in parziale sostituzione di quelle a gas (la maggioranza), che normalmente sonnecchiano “a riserva” perché più inquinanti e meno remunerative. «Sono, intanto, 25 milioni di metri cubi di gas in meno al giorno» quantifica Scaroni. Con qualche prevedibile aggravio in più in termini economici per il paese, come dimostra il segnale che giunge da Londra, dove i prezzi dei futures sul gasolio da riscaldamento hanno raggiunto i massimi.

Giusta terapia? Un altolà viene da Confindustria: guai a staccare le industrie prima di aver dato sufficientemente fondo agli stoccaggi nazionali di gas, afferma il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia affiancata dai rappresentanti delle industrie energivore. «Per gli imprenditori, che hanno già subito lo sciopero dei Tir e in alcune aree del paese i problemi della neve, rischiare adesso anche l’interruzione di produzione anche per il gas – incalza Marcegaglia – può diventare un problema». «Ci sono i contratti cosiddetti interrompibili – spiega – ma è importante che non si esageri su questo perché ciò penalizzerebbe ulteriormente le aziende che hanno già avuto grossi problemi».

 

da Il Sole 24 Ore

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