Menu

La Spagna alla fame per salvare le banche?

Parlare dei problemi altrui è un buon modo per vedere le cose in modo oggettivo. Specie quando si tratta di problemi che ci riguardano da vicino. E può persino accadere – come in questo caso- che il giornale di Confindustria, chiarisca – parlando di Spagna – come in questa crisi il “modello sociale europeo” c’entri come i cavoli a merenda. Non è che sia “troppo costoso”; semplicemente quei soldi possono – quindi “debbono” – servire ad altro. Come ripianare i debiti cumulati dalle banche private  con  speculazioni andate storte sul mercati globali. Imperdibile…

 

Alla Spagna salvare le banche costa il 15% del Pil

Fabio Pavesi

Era la Spagna dei miracoli. Ora, da tempo, è la Spagna della paura. Un capovolgimento di fronte tanto repentino quanto inatteso. E per fortuna che Madrid ha un vantaggio, forse l’unico, di fondo: cioè quel debito al 68,5% del Pil che resta tuttora uno dei più bassi a livello di eurozona. Se non ci fosse quel paracadute lo spread sul Bund sarebbe schizzato a livelli insostenibili.

Il deficit peserà sul Pil
Ma è tutto il resto che non gira nel motore dell’economia di Madrid e che tiene in apprensione i mercati. A partire dalla necessità di rientro dal deficit dell’8,5% registrato a fine 2011 e che il Governo si è impegnato a portare quest’anno al 5,3% del Pil. Ma questo sforzo comporta la necessità di nuove misure addizionali di austerity per altri 20 miliardi oltre ai 15 miliardi già preventivati. Ma qui si innesta un circolo vizioso: il rientro dal deficit avrà effetti depressivi. Le stime parlano di un Pil in caduta dell’1,7%, ma molti osservatori indicano una caduta del 2%. E più il reddito fatica a tenere il passo, più il debito tenderà a salire, erodendo l’unico punto di forza del paese. Le stime di Credit Suisse parlano chiaro. Se dopo la recessione di quest’anno, il Paese dovesse stabilizzarsi e tornare a crescere si toccherebbe comunque un livello dell’80% del debito sul Pil al 2017.

Debito al 90%?
Ma se solo la crescita tardasse a manifestarsi e fosse più bassa di un 1% ecco il debito spagnolo schizzare a livelli attorno al 90%. Saranno solo stime ma troppo ottimismo sull’uscita di Madrid dalla crisi è fuori luogo. La disoccupazione al 20% non accenna a diminuire e un Paese che ha creato la propria ricchezza passata sul mattone e il debito bancario non ha oggi vie alternative per tornare a rifiorire. I prezzi delle case sono caduti del 20% dal 2007 e non accennano a risalire. E se la bolla sul mattone continua a soffrire è il sistema bancario, vero vulnus del Paese. Crescita negativa, alta disoccupazione e cadute dei valori immobiliari non possono che produrre buchi giganteschi nel conti delle banche.

Bastino due dati per dare un’idea delle difficoltà più o meno esplicite in cui si dibatte il credito iberico. L’esposizione al settore immobiliare vale oltre 300 miliardi e ben la metà sono tuttora prestiti considerati problematici, cioè di difficile recupero. Una massa imponente che sta scavando solchi profondi nei conti soprattutto delle casse di risparmio locali. La stessa Banca di Spagna ha comunicato di recente che l’operazione di pulizia dei conti delle banche è costata 105 miliardi dalla crisi Lehman al giugno scorso. Ora servono altri 50 miliardi. Totale 155 miliardi. Che equivalgono al 15% dell’intero Pil spagnolo. Ecco perchè i mercati hanno paura di Madrid.

da Il Sole 24 Ore

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *