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Il buco nelle tasche creato da Monti (per ora)

Naturalmente, l’occhio è differente dal nostro. Basti pensare che quei 1.500 euro di aumenti annui calcolato vale per Il Sole 24 Ore “quasi” un’intera tredicesima, mentre per noi è molto di più (ognuno ha la tredicesima che ha).

Ma il quadro d’insieme che ne risulta è altamente informativo. Basta solo l’accortezza di non prendere ogni singolo numero come un dato assolutamente certo. Le statistiche si fanno sulle “medie”, e quindi ogni voce può pesare nel bilancio familiare più o meno a seconda di fattori molto più numerosi di quelli indicati nei tre “profili” classici (sigle, famiglia giovane, coppia di anziani) isolati dal giornale.

 

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Tassa dopo tassa, quanto ci costano le manovre: 1.500 euro per la famiglia media

di Cristiano Dell’Oste e Giovanni Parente

Le famiglie italiane se ne sono già accorte, anche se gli effetti continueranno a farsi sentire nei prossimi mesi. L’aumento delle tasse e i ritocchi tariffari che incidono sul ménage domestico costeranno circa 1.500 euro in più rispetto allo scorso anno. In pratica, quasi tutta la tredicesima sarà rosicchiata dai rincari di imposte e bollette, oltre che dalla spesa al supermercato o al distributore di benzina. È il contributo che single, nuclei con figli e coppie anziane daranno al risanamento dei conti pubblici iniziato con il decreto salva-Italia di dicembre, che ha reintrodotto l’imposta sull’abitazione principale (Imu), aumentato retroattivamente le addizionali regionali e previsto un doppio aumento dell’Iva a partire dal prossimo 1° ottobre, se non sarà effettuata in tempo utile l’operazione di riordino e di risparmio sugli sconti fiscali (si veda la pagina precedente).

Solo le tasse aggiuntive rischiano di determinare aumenti medi del 20% sul 2011, con punte fino al 40%: valori che oscillano a seconda della tipologia del nucleo e della residenza geografica. Una famiglia media milanese con due figli può arrivare spendere mille euro in più, a fronte dei 1.400 a Napoli e Roma. L’Imu sulle case di proprietà copre mediamente un terzo di questo esborso, ma l’incidenza aumenta per chi ha anche un secondo immobile. Il Parlamento deve ancora definire gli ultimi dettagli sulle modalità di pagamento con la conversione del decreto fiscale. Di certo, oltre ai codici tributo, c’è che la spesa complessiva difficilmente si attesterà sotto i 100 euro solo per le case più piccole e con una rendita catastale modesta. Per una coppia con figli con un quadrilocale si può spendere dai 340 euro di Milano a quasi il doppio a Napoli e Roma. Il differenziale da città a città, oltre che con i valori catastali, si spiega con le diverse aliquote allo studio dei sindaci (a quanto risulta attualmente al Sole 24 Ore), che hanno un margine di movimento dello 0,3% rispetto al prelievo base dello 0,76% sui fabbricati diversi dall’abitazione principale.

Ma non c’è solo il capitolo casa. Il ritocco dell’addizionale regionale all’Irpef (+0,33%) è stato già ammortizzato nelle prime tre buste paga 2012 da parte dei lavoratori dipendenti e così una tranche dell’acconto delle addizionali comunali. La seconda parte dell’anno sommerà aumento ad aumento: oltre alla quota in più da pagare sui redditi prodotti nel 2010, i contribuenti dovranno fare i conti anche con le addizionali elevate per il periodo d’imposta 2011 (in Campania a causa del rosso nella sanità si arriva addirittura all’aliquota del 2,03%).

La stretta fiscale rischia di essere “regressiva”, cioè di far pagare di più chi ha redditi più bassi, per effetto dell’incidenza dell’Imu, che è un’imposta patrimoniale slegata dai guadagni. Negli esempi a lato, i maggiori tributi si portano via fino al 5,5% dei redditi. E la percentuale più alta è quella della coppia di anziani, che ha anche un negozio concesso in locazione. Il risultato è una riduzione delle risorse da destinare ai consumi, e su questa spirale rischia di avvitarsi la crisi economica.

Un aspetto da non sottovalutare se si pensa che, in assenza di modifiche, le risorse per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 saranno garantite dall’aumento delle aliquote Iva. Se il Governo non riuscisse a evitarlo, le famiglie italiane dovrebbero spendere dai 100 ai 200 euro in più negli ultimi mesi di quest’anno, sempre che resti invariato il livello di consumi. Il rincaro di due punti percentuali riguaderà, infatti, non solo l’abbigliamento o il vino (così come è già accaduto a settembre scorso con il passaggio di aliquota dal 20 al 21%) ma anche prodotti popolari e di larghissimo consumo: alcuni alimenti (come carne e pesce), il panino al bar o il pranzo al ristorante, le utenze domestiche, i trasporti pubblici. E chi volesse fare a meno di tram, autobus e metro usando la propria auto non può certo sperare di risparmiare. Anzi, sta già pagando il prezzo dell’ulteriore rincaro dell’imposta provinciale sull’assicurazione Rc auto e soprattutto delle accise su benzina e gasolio, aumentate dal decreto salva-Italia. Un single spenderà al distributore 86 euro in più mentre una coppia con figli oltre 140 euro. Sempre che non intervenga un altro rincaro, come quello ventilato nei giorni scorsi per finanziare la Protezione civile.

 

 

La lista dei rincari dall’energia al tram

di Rossella Cadeo

Va aggiornato di oltre 500 euro il quaderno dei conti di casa per il 2012. Escludendo imposte, pasti, dispensa e benzina e senza collaboratori domestici. Andando a spulciare tra i capitoli di spesa per i quali gli aumenti sono già scattati o sono programmati, a tanto ammonta il maggior esborso della famiglia media rispetto al 2011.

Partiamo dalla bolletta energetica. Secondo le ultime rilevazioni trimestrali dell’Autorità per l’energia, un nucleo tipo (con un consumo annuo cioè di 2.700 kWh e di 1400 metri cubi di gas, avendo una fornitura di riscaldamento individuale, acqua calda e cucina) in un anno pagherà poco meno di 500 euro di luce e circa 1.230 di gas, quasi 220 euro in più rispetto alle proiezioni annue fatte dall’Authority a fine marzo 2011 (440 e 1070 euro).

Almeno altri 580 euro dovrà metterli in conto tra servizio idrico (331) e rifiuti (246), in totale circa 25 euro di incremento rispetto a precedenti rilevazioni: ma si tratta di medie (tratte da stime di Federconsumatori e di Cittadinanza attiva) dietro alle quali si perdono divari per area e per profilo di utente.

Anche il telefono fisso, soprattutto per chi ha aderito a qualche soluzione flat, voce e Adsl inclusi, potrebbe riservare qualche sorpresa: dopo i primi dodici mesi di solito offerti in promozione, immancabile c’è da aspettarsi la revisione del canone e dello scatto alla risposta. Il “ritocco” potrebbe anche superare i 90 euro (Iva compresa) sul forfait mensile e i 25 sulle chiamate (calcolandone appena una al giorno). Conservare la vecchia cornetta (pur provvista di connessione Internet) quindi costare fino a 560 euro all’anno, il 25% in più rispetto alla fase iniziale di adesione all’offerta. Una valutazione che diversi abbonati devono avere già fatto, visto che il numero delle utenze fisse è da tempo in calo costante.

Altro salasso, il lavoro domestico. Con l’aggiornamento delle retribuzioni dello scorso gennaio, secondo le elaborazioni fatte da Assindatcolf (Associazione nazionale datori di lavoro domestico, componente Fidaldo e aderente a Confedilizia), il costo annuo lordo di una badante convivente (livello Cs) a 54 ore/settimana e al minimo sindacale (ferie, 13ª e Tfr compresi) si aggirerà sui 13.300 euro (320 in più rispetto al 2011). Poi vanno però aggiunti quasi 2.200 euro di contributi (anch’essi più cari, di 85 euro): insomma circa 400 euro di maggior spesa (+3%). L’aumento si dimezza a 200 euro per la famiglia a cui bastano le prestazioni di una colf (livello B): con 20 ore di lavoro settimanale il costo finale lordo è di circa 6.600 euro e di 1.100 per i contributi (contro 6.400 e 1.070 del 2011).

E alla voce trasporti? Per la Rca (rilevazioni Osservatorio Auto e Moto di cercassicurazioni.it) si iscrivano in bilancio circa 600 euro (20 in più dello scorso anno) sempre che si tratti di un profilo “esperto”, una 1ª classe di merito, una città non rischiosa e una media cilindrata. Per i pedaggi si calcoli un 3% in più di media (percentuale che varia molto secondo la concessionaria, con il record del 14% ai caselli valdostani), il che vuol dire intorno ai 10 euro su una spesa – si ipotizzi – di 300 euro (basta qualche andata e ritorno Genova-Milano, una Milano-Bari e una Milano-Roma). Assai più salati del 2011 i mezzi pubblici: con il ticket salito da 1 euro a 1,5 a Milano (a Roma l’incremento è in vista) e ipotizzando che la famiglia viaggi 300 volte all’anno, eccoci rapidamente a 450 euro, 150 in più dello scorso anno. Meglio pensare a qualche abbonamento. Si risparmierà pure su benzina ed emissioni.

 

 

 

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