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Fermare i “derivati” con lo scacciamosche

 

I due articoli che proponiamo, presi da Il Sole 24 Ore, provano a sintetizzare come stia procedendo l’azione legislativa sul terreno dei “prodotti finanziari derivati”, un universo fuori da ogni controllo e mercato regolamentato, che vale – a seconda delle stime – tra i 650mila e gli 800mila miliardi di dollari (da 10 a 12 volte il Pil mondiale). Mentre il secondo descrive l’ennesima truffa di una delle società che gestiscono soldi altrui.

Diciamo subito che è difficile entrare nel dettaglio dei meccanismi legali immaginati dal Congresso Usa per disciplinare il fenomeno (solo la definizione di cosa sia considerabile uno “swap” preonde 600 pagine), ma un orientamento risulta chiaro fin da subito: il legislatore si preoccupa di “prevenire gli eccessi”, non di impedire – vietandoli – alcuni comportamenti oltre il limite del truffaldino. Quindi si può agevolemente dire che l’efficacia di questa montagna di mini-regole ad hoc sarà facilmente scalabile per i corsari della finanza. Regole troppo complesse da esporre sono anche impossibili da far rispettare, quindi semplici da dribblare.

Facciamo un esempio: il Glass-Steagall Act degli anni ’30 vietava a una banca di investimento di raccogliere conti correnti di piccoli risparmiatori e – viceversa – alle banche retail (o commerciali) di investire in proprio nel mercato finanziario. Era una regola semplice, anche se molto articolata e dotata di un sistema di controlli molto severo. Fu abolito da Bill Clinton negli anni ’90 e da allora il mercato finanziario globale è prima saltato in aria dalla gioia e poi, da cinque anni a questa parte, di paura. Ogni sciocchezza o truffa commessa in un settore anche relativamente piccolo – ad esempio i mutui subprime – si riverbera immediatamente su tutto il sistema, “contagia”, diffonde instabilità. Se c’è stata una decisione criminale, in campo economico, questa di Clinton merita l’Oscar al pari dell’abbandono del gold exchange standard (la parità fissa oro-dollaro) deciso da Richard Nixon nel 1971.

Quindi possiamo repararci senza problemi ad affrontare nuove e più violente tempeste finanziarie. A cominciare da quella dell’euro, che secondo Nouriel Roubini (e anche secondo noi) ci accompagnerà a partire da agosto.

L’America avvia la riforma dei derivati

Stefano Arcudi

NEW YORK. Doppia azione delle autorità di regolamentazione americane negli Stati Uniti per migliorare la trasparenza del mercato finanziario, con un occhio ai tassi interbancari e l’altro ai derivati.

Da un lato la commissione bancaria del Senato ha avviato una propria indagine sullo scandalo Libor e sentirà in luglio il segretario al Tesoro Timothy Geithner e il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke (l’obiettivo, ha detto il presidente della commissione Tim Johnson, «è capire il potenziale impatto di qualunque manipolazione sui consumatori e sul sistema finanziario americano»). Dall’altro la Commodity Futures Trading Commission, l’autorità americana di vigilanza sugli scambi di future e opzioni, ha approvato (con quattro voti favorevoli e uno contrario, quello del democratico Bart Chilton) un documento che precisa quando i prodotti derivati debbano essere considerati swap.

Non ci si aspetti una definizione da manuale scolastico (gli swap sono complessi strumenti finanziari che prevedono lo scambio di flussi di cassa o di pagamenti con lo scopo di ridurre potenziali perdite e rischi finanziari. Ovviamente possono anche consentire, a seconda del movimento speculativo e del rischio assunto, di realizzare profitti sulle variazioni di prezzo). La «definizione» è un documento di 600 pagine, che delinea la cornice di azione con cui si cerca di fare chiarezza su un settore opaco e ancora poco regolamentato, che vale 650mila miliardi di dollari a livello globale. Il testo parla di regole più stringenti soprattutto ai colossi del settore finanziario, come JpMorgan Chase e Barclays, per citare casi finiti di recente sotto la lente di ingrandimento dei media per problemi con i derivati. Sono previste esenzioni: le piccole banche con asset al di sotto dei 10 miliardi di dollari (il Congresso aveva chiesto alla Commissione di includerle) non ricadono sotto una parte delle definizioni, alcuni prodotti assicurativi non saranno considerati derivati e saranno escluse le aziende commerciali che utilizzano questi strumenti per l’hedging (riduzione del rischio). La Cftc prevede che saranno circa 30mila le banche e aziende esentate.

Le nuove definizioni della Cftc hanno implicazioni importanti: intanto vi sono progressi significativi per l’applicazione della Dodd-Frank Act, la riforma finanziaria passata dal Congresso e firmata in legge dal presidente Barack Obama nel 2010. Il testo approvato ieri è funzionale all’applicazione di altre regole già varate dalla Cftc (per esempio quella sulle linee guida per la notifica dei contratti) e all’attuazione di almeno venti emendamenti su trading, diffusione e raccolta di dati, previsti dalla Dodd-Frank Act e ancora in sospeso (potrebbero ora entrare in vigore già a partire da settembre).

Inoltre, le autorità di regolamentazione avranno in mano uno strumento preciso per evitare che una crisi come quella del 2007-2009 si ripeta in futuro. Non ha dubbi in questo senso Gary Gensler, presidente della Cftc: «ci sarà ora più trasparenza, minori rischi per gli americani, più controlli e per la prima volta si farà luce sul mercato degli swap». E poi? «In seguito il Congresso preciserà ancora meglio le definizioni e lo faremo anche noi», ha detto.

Un processo ancora in evoluzione dunque, ma che prosegue senza interruzioni. Proprio lunedì la Sec, la Consob americana, aveva dato il via libera a un documento analogo, volto a precisare quali prodotti finanziari saranno soggetti al Dodd-Frank Act. Il testo ricalca peraltro un altro documento del 2011, già contenuto nella riforma della finanza. «Era cruciale definire la parola swap, quali prodotti siano interessati dalle nuove regole e quali invece no», ha detto ancora Gensler. La mossa della Sec prima e della Cftc poi vanno guardate in un’ottica più generale: le agenzie di regolamentazione americane sono chiamate a rispettare le scadenze fissate dal G20 nell’ambito del processo di rafforzamento, entro la fine dell’anno, dei meccanismi di supervisione e risposta alla crisi, per evitare che i problemi che hanno portato al collasso di Lehman Brothers e ai salvataggi miliardari dei colossi finanziari Usa – American International Group, in testa – si ripresentino in futuro.

A Wall Street scoppia il caso Peregrine

Pierpaolo Borzano

NEW YORK. A meno di un anno dal tracollo di MF Global un’altra società di brokeraggio, la Peregrine Financial è nel mirino del governo americano per avere truffato i propri clienti per centinaia di milioni di dollari. Secondo alcune stime il “buco” potrebbe aggirarsi attorno ai 400 milioni di dollari. La rivelazione è giunta proprio ieri, nel giorno in cui la Commodity Futures Trading Commission (Cftc), l’autorità americana di vigilanza sugli scambi di future e opzioni, ha emesso nuove definizioni per la regolamentazione degli swaps.

La Cctc ha chiamato in causa sia la finanziaria, appunto la Peregrine Financial, che il suo ad Russell Wesendorf, le accuse sono di truffa, appropriazione indebita dei fondi dei propri investitori e di avere mentito sulle proprie disponibilità finanziarie e sui propri conti alle autorità federali. Lunedì la svolta nelle indagini, accompagnata da un gesto estremo: Wasendorf ha tentato il suicidio.

Peregrine Financial è una società di brokeraggio online specializzata in futures e valute straniere, gestiva 400 milioni di dollari per conto dei propri clienti, che in questo momento non hanno più accesso ai propri fondi. Le irregolarità sarebbero iniziate oltre due anni fa, ma, ancora una volta, sarebbero sfuggite alle autorità di controllo federale. Secondo la National Futures Association, l’organismo di auto-regolamentazione del mercato statunitense di futures, la società avrebbe mentito sull’entità dei propri depositi. Vi sarebbero ora «concreti motivi per credere» che Peregrine Financial non sia in grado di onorare il proprio debito con i clienti. La società ha per il momento parlato di «irregolarità di bilancio» ed ha espresso l’intenzione di liquidare i propri debiti. Ma nel frattempo è scattata – sempre lunedì – anche un’indagine dell’Fbi.

La Cftc ha bloccato tutte le operazioni di Peregrine Financial e chiede la restituzione dei fondi e il pagamento di sanzioni. Dopo il tentato suicidio dell’amministratore delegato si è fatto avanti il sospetto che lui stesso abbia personalmente falsificato dati bancari per nascondere l’esposizione. Solo qualche giorno fa ad esempio Wesendorf ha dichiarato alla Nfa di avere 220 milioni di dollari in depositi mentre in realtà aveva in conto solo 5,1 milioni.

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