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Debito e aiuti: Eurogruppo in tilt, terremoto ad Atene


Lunedì a favore di un taglio del debito della Grecia “a partire dal 2015” e martedì riallineato alla posizione ufficiale del proprio governo e dunque contrario. Protagonista del repentino cambiamento di opinioni il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, che in molti accusano di essere il vero artefice del fallimento dell’Eurogruppo.
Secondo una ricostruzione del Wall Street Journal, durante un incontro tenutosi lunedì a Parigi con i rappresentanti dei governi di Francia, Italia, Spagna e Bce, il superministro tedesco Schaeuble si sarebbe detto a favore di una riduzione graduale del debito ellenico a partire dal 2015 – visto che è evidente che il paese non può pagare – a condizione che Atene avesse mantenuto fede ai suoi impegni presi in materia di (contro)riforme e consolidamento dei conti. 
Un’autentica svolta sia perché si pensava che riflettesse la posizione della cancelliera Angela Merkel sia perché consentiva un avvicinamento alle posizioni del Fondo Monetario Internazionale. Secondo il quale, se non verrà tagliato parte del debito ellenico, non sarà possibile riportare il rapporto debito/pil al 120% entro il 2020 come richiesto dal Fondo. Il giorno dopo, a Bruxelles, Schaeuble è tornato però sulle posizioni iniziali aprendo solo all’ipotesi di ridurre i tassi di interesse praticati sui prestiti concessi sino ad ora nell’ambito del programma di salvataggio, ricomprando bond detenuti dai privati o addirittura concedendo ulteriori aiuti. 
Alla vigilia dell’Eurogruppo, lunedì, durante la riunione segreta allo Sheraton presso l’aeroporto parigino di Roissy, il ministro tedesco aveva discusso con Vittorio Grilli, Luis De Guindos e Pierre Moscovici, la direttrice dell’Fmi Christine Lagarde e il commissario Ue agli Affari economici e monetari Olli Rehn, un piano per il ritorno alla sostenibilità del debito greco. C’era stato, a quanto sembra, una sorta di pre-accordo fra i partecipanti alla riunione segreta, che avrebbe permesso – come detto – di colmare la distanza apertasi all’ultimo Eurogruppo, proprio su questo punto, fra le posizioni dei ministri dell’Eurozona e quelle dell’Fmi. Alla riunione di Bruxelles ci si aspettava, quindi, che Schaeuble appoggiasse tutte le misure previste dal pre-accordo. Ma quando la discussione è entrata nel vivo, dal ministro tedesco è venuta una doccia fredda: invece di sostenere le proposte di ridurre i tassi d’interesse che pesano così tanto sul deficit di bilancio greco (12 miliardi su un totale di 15 nel 2012), Schaeuble ha fatto marcia indietro, e si è opposto.
Non è chiaro il motivo del voltafaccia del ministro tedesco, che comunque avrebbe riguardato solo le ulteriori riduzioni degli interessi pagati dalla Grecia per i prestiti contratti con l’Efsf (il fondo di salvataggio dell’Eurozona), e non gli altri punti del pre-accordo di Roissy, compresa una moratoria di 10 anni sul pagamento degli interessi del primo prestito bilaterale ad Atene, il ‘buying back’ (riacquisto) a prezzi fortemente scontati, da parte del governo di Atene, di una parte dei propri titoli di Stato sul mercato, un allungamento delle scadenze obbligazionarie, il versamento ad Atene dei profitti che la Bce e le altre banche centrali ricaveranno dal rimborso, alla loro scadenza, dei bond greci acquistati a prezzi stracciati sul mercato secondario. Fatto sta che, senza la riduzione degli interessi, il pacchetto che doveva garantire il ritorno alla sostenibilità del debito greco non era più sufficiente, e perciò non più accettabile, per l’Fmi. Schaeuble potrebbe essersi reso conto di non poter spingersi troppo avanti con l’accettazione delle ipotesi di riduzione dei tassi d’interesse, senza avere un mandato preciso da parte del Parlamento tedesco; oppure potrebbe essere emersa una divergenza di vedute con la cancelliera Angela Merkel. Il ministro tedesco potrebbe anche non aver voluto irritare i falchi del fronte dei ‘paesi creditori’, Olanda, Svezia e Finlandia, sempre fedelissimi a Berlino e ora esclusi dal pre-accordo. 
Di fatto l’Eurogruppo non ha approvato la concessione dei cosiddetti ‘aiuti’ alla Grecia né il richiesto taglio dell’ammontare del debito. Ogni decisione è stata rimandata al nuovo vertice europeo di lunedì prossimo.
Ma naturalmente quello che suona come un nuovo schiaffo tedesco – ed europeo – alle richieste del traballante governo ellenico ha scatenato ad Atene un vero e proprio terremoto.

 

Lo schiaffo di Bruxelles scatena la crisi politica

Argiris Panagopoulos – Il Manifesto

Il rifiuto dell’Eurogruppo di concedere i 44 miliardi di tranche alla Grecia ha rappresentato uno schiaffo forte al governo tripartito di Samaras, scatenando una nuova crisi politica in Grecia dove, sfidando la troika e la Germania, Alexis Tsipras e il suo Syriza chiedono le elezioni anticipate per creare un governo di sinistra capace di rinegoziare il debito e premere per nuovi equilibri nell’Europa del Sud.
Samaras insiste nell’affermare che l’Eurogruppo ha deciso di non concedere alla Grecia la tranche di finanziamenti necessaria a evitare il fallimento per «questioni tecniche», ed è fiducioso che presto il problema verrà risolto. «Le difficoltà tecniche per trovare una soluzione tecnica non consentono nessun ritardo o lassismo», ha detto Samaras, che sarà a Bruxelles per il Consiglio Europeo.
Il leader di Syriza Alexis Tsipras ha chiesto ieri per ennesima volta nelle ultime settimane le elezioni anticipate, denunciando l’incapacità di Samaras di fare serie trattative per rinegoziare il problema del debito greco. «Abbiamo bisogno di un nuovo mandato popolare per rinegoziare il debito», ha detto Tsipras denunciando «la strada dei Memorandum disastrosa e dolorosa». Secondo Tsipras, Papandreou e Samaras hanno sbagliato sostenendo che la Grecia può pagare il suo debito fino all’ultimo euro, perché è insostenibile, mentre il governo tripartito si illude che con la tranche potrà permettere la sostenibilità del debito. 
Forte dalle indiscrezioni secondo le quali l’Eurogruppo avrebbe cominciato di discutere la proposta di Syriza per una moratoria per il debito greco, Tsipras ha ripetuto la sua proposta per «l’annullamento del Memorandum, la cancellazione di una gran parte del debito come hanno fatto con l’accordo con la Germania nel 1954, permettendo la sua ricostruzione». Solo una moratoria per il pagamento degli interessi al Fondo di Stabilità Finanziaria Europea potrebbe far risparmiare alla Grecia 43,8 miliardi, mentre se la Bce avesse rinunciato ai suoi profitti il debito greco si poteva ridurre del 4,6% del Pil.
Ad Atene sanno molto bene che la soluzione della crisi greca si trova a Berlino, Bruxelles, Francoforte e Parigi. Le considerazione del «Der Spiegel» secondo cui Merkel e Schaeuble hanno bloccato la soluzione per la Grecia, ha confermato i timori di Atene che il paese sarà ostaggio del clima pre-elettorale tedesco. Secondo lo «Spiegel» «verso le elezioni tedesche dell’autunno del 2013 Berlino blocca una soluzione sostenibile per la Grecia. I leader tedeschi non vogliono far infuriare gli elettori, offrendo ad Atene più soldi, ma i partner europei perdono la loro pazienza». 
Hollande ha detto ieri sera dopo il suo incontro con Napolitano che vuole un accordo per la Grecia, Paese «che ha fatto tutto quello che le hanno chiesto».Ma ha anche aggiunto che questo non sarà possibile «se la Francia e la Germania non si metteranno d’accordo nelle prossime ore o nei prossimo giorni». 
Nei corridoi dell’Eurogruppo si è visto tutto lo scontro politico all’interno della eurozona, con i paesi del Nord, Germania, Olanda e Finlandia, in rotta di collisione perfino con l’Fmi di Lagarde, che sostiene la necessità di un nuovo taglio del debito greco dal 190% del 2013 al 120% del Pil per il 2020. In sostanza anche il terribile Fmi è costretto di fare i suoi conti con i grandi paesi emergenti che vogliono la fine dell’austerità in Europa e politiche per lo sviluppo e l’occupazione. Il presidente del Brasile Dilma Rousseff l’ha ripetuto in tutti i modi durante il suo viaggio in Spagna e Portogallo, scontrandosi con la sordità politica di Rajoy e di Passos Coelho. 
Intanto ad Atene il ministero del Lavoro ha cominciato a cancellare i diritti dei lavoratori pubblicando 18 circolari per l’applicazione del «Terzo Memorandum», che prevedono tra l’altro l’aumento dell’età pensionabile dai 67 anni e con 40 anni di contributi e l’abolizione dei resti della tredicesima e di tutti i bonus per i pensionati. 
Da parte sua il tribunale di Salonicco ha considerato come sfruttamento dei lavoratori gli stipendi da fame di 500 euro che pagava il consorzio per la costruzione della metropolitana. Secondo il sindacato il tribunale ha deciso che la diminuzione degli stipendi rappresenta una forma di sfruttamento pericolosa per la stessa sopravvivenza degli operai e che gli scioperi non sono responsabili per i ritardi dei lavori.

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