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Istat. Si fermano anche le esportazioni

A ottobre si rileva, rispetto al mese precedente, un lieve aumento per le importazioni (+0,8%), mentre le esportazioni risultano “stazionarie”, ovvero dello stesso livello del mese precedente. In termini numerici, crescita zero.
Un risultato preoccupante, specie se disaggregato: le esportazioni sui mercati extra Ue sono infatti cresciute di pochissimo  (+0,7%),  mentre quelle sui mercati Uesono scivolte nella stessa misura (-0,6%). Segno che la frenata imposta dall’austerità a tutto il continente sta togliendo respiro anche a quri settori industriale export oriented che fin qui avevano retto al peso della recessione, al contrario dei settori che puntavano sul mercato interno, frenato dalla cadura dei redditi e quindi dei consumi.
In aumento sono soprattutto le vendite di beni strumentali (+2,1%), mentre i beni di consumo durevoli mostrano una notevole flessione (-5,4%).

Su base annuale i dato è molto migliore: a ottobre si registra un ampio incremento tendenziale per le esportazioni (+12,0%), mentre l’incremento dell’import è molto contenuto (+0,8%). A fronte di una crescita pressoché simile dei valori medi unitari, i volumi esportati sono in forte espansione (+8,6%), quelli importati in contrazione (-3,2%).
A ottobre, quindi, l’avanzo commerciale è pari 2,5 miliardi, determinato da un surplus di 1,5 miliardi con i paesi extra Ue e di un miliardo con i paesi Ue. Nei primi dieci mesi dell’anno il saldo complessivo, sostenuto dall’ampio avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici (+60,2 miliardi), risulta positivo e pari a 6,5 miliardi.

Il mese di ottobre, però, indica che questa dinamica positiva di è fermata. Quindi da qui in poi non ci si può attendere una grande miglioramento per la struttura produttiva italiana (soprattutto industriale, visto che i servizi “in lingua italiana” non sono esportabili se non in minima parte) perché il mercato nazionale continuerà a pagare la caduta di salari, occupazione, redditi; mentre le esportazioni, che potrebbero essere trainate ormai solo da una ripartenza della “crescita” nei paesi emergenti (comunque non alle porte, tranne forse in Cina), soffrono la concorrenza dei paesi in cui proprio le imprese italiane hanno “delocalizzato” gran parte della propria produzione.
Qui si dimostra in modo evidente, dunque, che “ciò che è buono per le imprese” è assolutamente negativo per il paese. Ovvero per tutti noi che ci abitiamo.

Il testo completo del rapporto Istat e le serie storiche.
xlsserie-Mondo_102012.xls379 KB

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