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La gestione Mussari di Montepaschi travolge anche l’Abi

Giuseppe Mussari ha rassegnato ieri sera «con effetto immediato e irrevocabile» le sue dimissioni da presidente dell’Abi.
Era una decisione dovuta ed attesa, dopo la pubblicazione dell’inchiesta che sta provocando una caduta senza freni del titolo Msp in borsa: «Assumo questa decisione convinto di aver sempre operato nel rispetto del nostro ordinamento, ma nello stesso tempo, deciso a non recare alcun nocumento, anche indiretto all’Associazione. In questi tre anni – dice Mussari – ho cercato di servire l’Associazione mettendo a disposizione tutte le energie fisiche e intellettuali di cui disponevo, usufruendo dell’insostituibile contributo della direzione e di tutti i dipendenti dell’Associazione».

Nel linguaggio  cauteloso delle istituzioni che vorrebbero apparire senza macchia pur maneggiando merda “derivata” e manipolando il credito, la presenza di Mussari ai vertici dell’Abi comportava ormai “una difficoltà di tipo reputazionale all’organismo associativo che ha tra i suoi compiti istituzionali primari quello di tutelare l’immagine del sistema creditizio italiano”. tradotto: non ci crederà più nessuno, se quello resta al suo posto. Ma siccome i banchieri sono gente “di rispetto”, Mussari non poteva essere cacciato; doveva “dimettersi autonomamente”. Non aveva scelte, del resto.

Non era la prima volta che Mussari di trovava a “rischio reputazionale”. Già nel maggio del 2012, l’indagine avviata dalla procura di Siena nei confronti dei vecchi vertici operativi del Monte per «aggiotaggio e ostacolo alle autorità di Vigilanza» nell’acquisizione di Antonveneta, lo aveva sfiorato creando dubbi fra i suoi “grandi elettori”, anche se  non risultava indagato.

Ma sulla vicenda dei derivati contrattati con la banca giapponese Nomura, per coprire una voragine nei conti di Mps,  Il Fatto quotidiano aveva reso noto che la Procura di Siena sta indagando su un’intesa proprio tra  Mussari (compresi i vertici di Mps) e la società Nomura in materia di derivati che avrebbe consentito il maquillage del bilancio 2009. Di cui l’attuale  presidente di Mps, Alessandro Profumo, è però venuto a conoscenza solo il 10 ottobre del 2012; e pare proprio che non abbia gradito lo scherzetto.
La banca senese – da sempre considerata in “area Pd” – si trova ora in pesante imbarazzo. L'”operazione Alexandria” contrattata a suo tempo da Mussari comporta una perdita patrimoniale di circa 500 milioni, che si vanno ad aggiungere ad altri miliardi di perdite. Il “risanamento” comporterà dunque l’aumento di 500 milioni (da 3,4 a 3,9 miliardi) nella richiesta al ministero dell’Economia di sottoscrizione dei Monti bond.
Chi paga, chiedete voi? I contribuenti. Cioé noi.

Adesso, l’Associazione Bancaria Italiana potrebbe convocare un comitato esecutivo urgente per nominare il nuovo presidente. È possibile che il comitato dei saggi, cui solitamente spetta l’individuazione del presidente, operi contestualmente al comitato esecutivo, proponendo il nome del successore. Il prossimo esecutivo è convocato per il 20 febbraio, quindi è possibile che il comitato esecutivo si riunisca prima di quella data per nominare un nuovo presidente. Non c’è certezza, tuttavia, sul fatto se valga anche in questo caso l’alternanza alla presidenza tra le banche piccole e medie e le grandi banche prevista dal cosiddetto “lodo Patuelli”. In teoria, la presidenza spetterebbe alle grandi banche fino al luglio 2014, data della scadenza del secondo mandato di Mussari. Per ironia della sorte, lo sconquasso che poi avrebbe portato alla scelta di delle dimissioni è avvenuto proprio mentre all’Abi arrivavano in visita gli esperti del Fondo monetario. Il check up del Fondo monetario sulla solidità finanziaria del paese è diventato una missione di ordinaria amministrazione da quando la crisi finanziaria internazionale ha cominciato a scuotere le certezze di tutti i paesi più avanzati, tanto che perfino gli stati Uniti, da sempre poco inclini a sottostare ad esami esterni, vi si sono sottoposti di buon grado. Ma ieri del dibattito con gli esperti Fmi per ricordare, con l’aiuto dei calcoli della Price Waterhouse, che le aziende di credito italiane sono solide e non vanno confuse con quelle spagnole si è occupato il direttore generale dell’Associazione, Giovanni Sabatini.

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1 Commento


  • spazzolone

    Aridatece li sòrdi e annate a lavorà
    sganciate er malloppo che ve sete arubbato!

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