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Confindustria fa finta di sperarci

Prima di dare un giudizio su questo improvviso ottimismo (le elezioni alle porte sono un elemento deformante molto forte, e lo stesso report vi si riferisce dandogli grande importanza) sarà bene soppesare gli elementi considerati indicativi di una “ripresa”.

“La sfiducia ha infatti compresso la domanda interna ben oltre quanto giustificato dalla situazione oggettiva dei bilanci familiari e aziendali: gli acquisti di beni durevoli sono scesi molto più del reddito reale disponibile, gli investimenti sono ai minimi storici in rapporto al Pil e le scorte sono bassissime”.

I due ultimi dati macro – investimenti e scorte – sono quelli più sicuri. Qui basterebbe poco per fare meglio, anche perché l’alternativa sarebbe la cessazione di attività per molte imprese. Se non investi e non ricostituisci le scorte significa che stai chiudendo, non altro. C’è quindi un margine di minor “ottimismo” da inserire, perché non è affatto detto che l’aver raggiunto un livello minimo su questi due fronti significhi una ripresa alle porte.

Gli “acquisti di beni durevoli” scesi più del reddito disponibile, invece, molto difficilmente possono indicare un’inversione di tendenza alle porte. Perché – al pari della “fiducia” – ha a che fare con uno “stato d’animo” esistente sul mercato, la cui dinamica è altamente imprevedibile. Se “il consumatore”, fattisi i conti in tasca, tra risparmi attivi e prospettive di entrate future, decide di aspettare tempi migliori prima di procedere ad acquisti impegnativi (e i beni durevoli lo sono…), non c’è statistica che possa convincerlo del contrario. Esiste insomma un “effetto trascinamento” negativo tra lato basso della curva della “fiducia” e tempi di rotorno alla “noemalità”; perché prima devono apparire all’orizzonte le possibilità di aumentare i redditi e solo dopo si apre la finestra degli acquisti.

Gli altri elementi negativi che si andrebbero invece rarefacendo (“credit crunch, iper-restrizione dei bilanci pubblici e frenata della domanda globale”) sono un po’ più consistenti. Anche se l’”iper-restrizione dei bilanci pubblici”, almeno per quanto riguarda l’Italia, sembra destinata a proseguire molto a lungo. L’unico effetto positivo, qui potrebbe arrivare dall’obbligo per le amministrazioni pubbliche a saldare i debiti per forniture entro tempi certi. Ma quel che si spende in più oggi, in regime di Fiscal Compact, sarà spesa in meno domani. Nessun “allentamento” della stretta sulla spesa pubblica, insomma, è alle viste; solo un diverso scaglionamento temporale.

Su questo piano, comunque, le elzioni possono giocare un ruolo. E il report di Confindustria, naturalmente, si augura un risultato di stabilizzazione. Insomma: un Monti bis.

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