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Spagna: la crisi e la lotta di classe dall’alto

La crisi è un’occasione, vanno dicendo alcuni a ragione, per tentare di capovolgere i rapporti di forza tra le classi e invertire il senso di marcia di un processo di smobilitazione delle organizzazioni popolari in tutto il continente. Ma la crisi è un’occasione anche per le classi dominanti. Parti delle quali stanno subendo un rapido processo di impoverimento e perdita di ricchezza e status  – di proletarizzazione, meglio detto – mentre nella maggior parte dei casi le borghesie nazionali e transnazionali conquistano sempre più potere, sempre più ricchezza. Approfittando proprio della crisi e del ridisegno delle relazioni tra i singoli paesi e il nuovo superstato europeo per portare un attacco senza precedenti alle condizioni di vita delle classi popolari e per distruggere concorrenti deboli all’interno della loro stessa classe.

I dati pubblicati in Spagna dalla Caritas – si, avete letto bene, la ‘ong’ cattolica – parlano chiaro. I ricchi del paese guadagnano sette volte più dei poveri, rendendo la Spagna uno dei paesi con uno dei tassi più alti di diseguaglianza di tutto il continente. Una distanza, quella tra i ricchi e i poveri, che è cresciuta del 30% negli ultimi anni.

L’organizzazione – che ha visto moltiplicarsi di mese in mese il numero di assistiti alla ricerca di un pasto caldo, di vestiti, di un tetto, di cur mediche – ha comparato la situazione del 20% più ricco della popolazione con quella del 20% più povero, e i risultati dello studio li ha pubblicati nel rapporto Desigualdad y derechos sociales Análisis y perspectivas (Diseguaglianze e diritti sociali. Analisi e prospettive) secondo il quale il peggiore effetto della crisi è ‘il forte incremento della diseguaglianza sociale che ci restituisce una società frammentata”. Per quanto riguarda il dato medio del reddito pro capite, quello attuale in Spagna è simile a quello di dieci anni fa, cioè circa 18500 euro a persona nel 2012. Considerando un aumento costante del costo della vita e dell’imposizione fiscale, una perdita netta di potere d’acquisto. Dal 2007 il reddito medio è calato del 4% mentre i prezzi sono saliti del 10%. Per di più. Dal 2006 il reddito delle persone più povere è calato del 5% ogni anni, mentre quello delle persone più ricche è aumentato e di molto. Alla perdita di valore di salari e pensioni va associata la sforbiciata netta in tema di servizi sociali: negli ultimi anni scuole e università hanno chiuso, così come ospedali e centri di assistenza, rendendo la vita un inferno per milioni di famiglie.

Negli stessi anni il numero di case in cui nessuno dei residenti lavorava è passato dal 2,5 al 10%, cioè da 380.000 a ben 1.800.000, il che equivale a circa 6 milioni di disoccupati a fine 2012, con un trend ancora in crescita. Un tasso di disoccupazione, secondo i dati forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica, che equivale al 26,8% della popolazione attiva.

Ha ragione chi afferma che ‘la crisi è un’opportunità’. Ma finora, è il caso di non dimenticarlo, lo è stata soltanto per le classi dominanti…

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