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Potere d’acquisto delle famiglie: sempre peggio

Dice infatti l’istituto di statistica che nel 2012 “la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è pari all’8,2%, con una diminuzione di 0,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente”.
Nel quarto trimestre del 2012, al netto della stagionalità, la propensione al risparmio è pari all’8,3%, con una diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 0,9 punti rispetto al corrispondente trimestre del 2011. Qui già si nota uno scarto maggiore, segno che la velocità delle riduzione della “propensione al risparmio” (la definizione eufemistica di quello che noi chiamiamo “possibilità di mettere qualcosa da parte”) sta accelerando.

Nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in valori correnti è diminuito del 2,1%. Nell’ultimo trimestre dell’anno esso ha registrato una riduzione dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti e del 3,2% sul quarto trimestre del 2011. Qui i numero è nudo e crudo: il reddito reale (anche se “numericamente uguale all’anno precedente) permette di comprare meno merci di un anno fa.

Tenuto conto dell’inflazione, il potere di acquisto delle famiglie consumatrici nel 2012 è diminuito adirittura del 4,8%. Nel quarto trimestre esso si è ridotto dello 0,9% rispetto al trimestre precedente e del 5,4% nei confronti del quarto trimestre del 2011. Una conferma diretta: prezzi delle merci e incrementi delle tariffe – comprese le tasse, tipo l’Imu, ma non solo – vanno a un ritmo insostenibile, mentre salari, stipendi e pensioni sono fermi al palo.

Nel 2012 la quota di profitto delle società non finanziarie è stata del 39%, registrando una riduzione di 1,1 punti percentuali rispetto al 2011. Anche le imprese dell’economia reale vanno male, dunque; anche se meno male rispetto alle famiglie.

Nel 2012 il tasso di investimento delle società non finanziarie è sceso al 20,5%, con una riduzione di 1,4 punti percentuali rispetto al 2011. E qui le cose diventano tragiche, perché se gli investimenti crollano, nessuna “ripresa” o “crescita può essere alle viste. Anzi, se i numeri non sono un’opinione, dobbiamo aspettarci una contrazione ancora maggiore del Pil, dell’occupazione, dei consumi, del “potere d’acquisto”.

Il rapporto integrale dell’Istat:

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