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L’euro in mano a un gruppo di stregoni

Un po’ di luce su come sono andate le cose nel 2011, quando la Bce prima e il resto d’Europa subito dopo imposero la camicia di forza all’Italia e la contestuale uscita a mani alzate di Berlusconi da palazzo Chigi, dando inizio alla breve stagione di Mario Monti.

Certe cose si possono facilmente imaginare, tenendo d’occhio i fondamentali strutturali. Ma la conferma arriva solo quando qualcuno dei protagonisti, per qualche motivo, “se la canta”. E’ il caso oggi di Lorenzo Bini Smaghi, allora membro italiano del board della Bce (dovette uscire quando Mario Draghi ne venne nominato presidente), che ha dato alle stampe un libro, ripreso in parte dall’inglese Telegraph e qui da noi da WallStreetItalia.

Il quadro che Bini Smaghi disegna, per il poco che fin qui trapela, non è confortante. L’Unione europea, a parte alcuni “tecnici” posseduti dal demone del monetarismo, anche se di grande competenza per l’appunto “tecnica”, è in mano a un gruppetto di apprendisti stregoni. Da un lato c’era Berlusconi che minacciava l’uscita dall’euro senza alcun disegno strategicamente alternativo, convonto che bastasse riprendersi in mano il potere di stampare moneta per poter continuare a fare come prima (roba da ospedale psichiatrico o da leghisti semi-infermi). Dall’altra c’è una Merkel convinta che buttar fuori la Grecia non sarebbe stato un problema serio. Inizia da lì la tragedia di Atene, strizzata oltre l’immaginabile e il sopportabile a causa di valutazione sbagliate, improvvisate, superficiali, che hanno però avuto conseguenze “stringenti”.

Questa Unione Europea, così fatta e governata, non ha alcuna possibilità di reggere. I “competitors” con cui deve misurarsi (Usa e Cina, in parte anche Giappone paesi emergenti), hanno ben altre carte da giocare. Prima fra tutte l’unità politica reale (non questo “federalismo pasticciato”, a metà strada tra organismi comunitari privi di legittimazione democratica e organismi intergovernativi che risentono necessariamente dei turbamenti elettorali dei singoli membri), oltre che  “banche centrali” niente affatto indipendenti dal potere politico.

 

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Nel 2011, l’allora premier Silvio Berlusconi, in incontri privati con altri leader dei governi dell’Unione monetaria, presumibilmente la cancelliera tedesca Angela Merkel e l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, minacciò l’uscita dell’Italia dall’euro. E’ la rivelazione contenuta nel libro Morire di austerità, scritto dall’ex membro della Bce Lorenzo Bini Smaghi.

Precisamente, stando a quanto riporta il Telegraph, nel libro, Bini Smaghi scrive: “L’ipotesi di uscita dall’euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi degli altri paesi dell’euro”.

Le minacce di Berlusconi innervosirono non poco i membri dell’Eurozona; di qui, le sue dimissioni nel novembre del 2011, praticamente imposte dai piani alti dell’Ue.

Bini Smaghi rivela anche che Merkel continuò a ritenere di poter cacciare la Grecia dall’euro, senza che la mossa provocasse gravi ripercussioni sull’Eurozona, fino a quando capì che invece le conseguenze sarebbero state disastrose e sistemiche. “Merkel l’ha capito solo nell’autunno del 2012”, è scritto nel libro di Bini-Smaghi.

L’ex membro della Bce conferma inoltre che, di fatto, la Germania è in attesa di ricevere crediti per un valore di 574 miliardi di euro che la Bundesbank ha erogato alle banche centrali di Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia, Cipro e Slovenia.

Nell’articolo pubblicato dal Telegraph, il giornalista Ambrose Evans-Pritchard scrive: “siamo sempre stati rassicurati sul fatto che i crediti cosiddetti Target2 del sistema interno di pagamenti della Bce fossero un semplice aggiustamento di carattere tecnico, senza rischi significativi”.

Ma Bini Smaghi sottolinea che, nel caso di default di un paese membro dell’Eurozona, la banca centrale del paese non riuscirebbe ripagare le passività accumulate in relazione ad altri membri dell’Eurozona, passività registrate nel sistema interno di pagamenti dell’Unione (noti appunto come Target2).

“L’insolvenza provocherebbe perdite notevoli per le controparti in altri paesi dell’Eurozona, inclusi stati e banche centrali”.

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